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L’agricoltura biologica non teme confronti

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Un recentissimo studio scientifico, pubblicato su Nature, è stato usato dai media per sostenere la necessità di abbandonare il biologico. Si continua ad investire soldi negli ogm e non nell’unica via possibile per sfamare tutte le popolazioni e salvare la terra
L’agricoltura biologica può sfamare il mondo o no? A livello scientifico si susseguono gli studi che spesso vengono riportati solo parzialmente dai media, se non addirittura completamente travisati per finalità oscure. Assobio Italia ha voluto esaminare più attentamente lo studio della McGill University e della University of Minnesota, pubblicato sulla rivista Nature, che recentemente ha comparato il metodo di produzione biologica con quello convenzionale.
Ciò che si è letto sui giornali è che le rese di alcuni prodotti con l’agricoltura biologica sono inferiori e che quindi, a loro avviso, per produrre tutti gli alimenti necessari al pianeta servirebbero anche altre tecniche. Se il primo punto può essere vero, per alcune specie coltivate, la seconda considerazione risulta quantomeno dubbia.
In realtà, i ricercatori hanno rilevato che per alcune coltivazioni, la produzione biologica produce almeno quanto quella convenzionale (frutta, leguminose, semi proteici), anche se le quantità di grano e mais prodotte con fertilizzanti e pesticidi rimane ancora superiore.
Lo studio non avrebbe dunque messo in dubbio il ruolo dell’agricoltura biologica come metodo per nutrire il mondo. Secondo Assobio la meta analisi pubblicata su Nature confermerebbe “che l’agricoltura biologica non è una pratica da nostalgici o da figli dei fiori, ma un serissimo metodo di produzione che a tutti gli effetti può essere messo a confronto con l’agricoltura industrializzata, grande consumatrice di energia fossile (sempre più scarsa e costosa) e di sostanze chimiche di sintesi che hanno un impatto sull’ambiente sempre maggiore e negativo”.
Il lavoro ha preso in esame 66 studi già pubblicati a livello internazionale che comparano la quantità di raccolto di 34 coltivazioni in agricoltura convenzionale e biologica e conclude che “l’agricoltura senza l’uso di fertilizzanti chimici di sintesi e pesticidi può fornire raccolti sufficienti in alcune circostanze”.
E’ invece significativo che lo studio riconosca che già ora, pur nell’assenza di sostegno pubblico alla ricerca in agricoltura biologica, per alcune coltivazioni (compresa la colza e la stessa soia, per la quale in convenzionale si fa gran uso di diserbanti e che in buona parte è OGM), questa è già in grado di dare le stesse quantità di raccolto.
“Immaginiamo quali potrebbero essere i risultati se a favore della ricerca nel biologico fosse stanziato anche soltanto il 10% di quanto è speso per sviluppare nuovi pesticidi e OGM” è l’amaro commento di Assobio.
Se poi oltre alla resa agricola si prende in considerazione l’impatto ambientale, la biodiversità e le qualità nutrizionali dei prodotti è chiaro che l’ago della bilancia si sposterebbe tutto verso i fautori del bio.
Secondo i dati ufficiali dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale del ministero per l’Ambiente, in Italia si trovano ben 118 pesticidi diversi (erbicidi, fungicidi e insetticidi) nel 47.9% delle acque superficiali e nel 27% di quelle profonde, da dove pescano gli acquedotti. In oltre il 30% delle acque superficiali il contenuto supera i limiti ammessi per le acque potabili.
Il diserbante Glifosate è presente in oltre l’80% delle acque superficiali della Lombardia, quasi sempre con concentrazioni sopra i limiti di legge. Che senso ha ottenere raccolti maggiori per alcune piante grazie all’uso di fertilizzanti, diserbanti, insetticidi e anticrittogamici, se l’effetto è quello di peggiorare a questo livello la qualità e la sicurezza dell’acqua che beviamo?
La considerazione finale di Assobio riassume una posizione che da tanti anni anche noi continuiamo a sostenere: la produzione mondiale di alimenti è già più che sufficiente per sfamare l’umanità: quello che manca è un’equa distribuzione delle risorse. Dove sta la scarsità, se un terzo dei bambini italiani è obeso e se, contemporaneamente, ogni anno una famiglia italiana butta in pattumiera una media di 500 euro di prodotti alimentari?

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