La megatruffa scoperta dalla Guardia di Finanza lo scorso dicembre ha causato un grosso danno d’immagine al settore del biologico.
I fatti sono questi: 7 persone senza scrupoli, attraverso un vortice di fatture e documenti di certificazione falsi, hanno trasformato magicamente in prodotti biologici favino, soia e mais convenzionali, destinati ai mangimi per animali, e minori quantità di frumento. Con l’occasione numerose aziende ed associazioni si sono smarcate, rivendicando la trasparenza e l’onestà di tutti gli agricoltori italiani che fanno il loro lavoro con profonda convinzione e responsabilità.
Per tranquillizzare i consumatori il presidente dell’Aiab, Alessandro Triantafyllidis, consiglia agli italiani che consumano bio di acquistare prodotti biologici a filiera corta, italiani e provenienti da circuiti di trasformazione locali. Le indagini della Guardia di Finanza e della Procura della Repubblica di Verona, infatti, al momento non riguardano le aziende agricole biologiche, ma al contrario si concentrano su importatori e trader. Il problema, dunque, è legato all’import, alla burocratizzazione del sistema di certificazione, ai canali distributivi di filiera lunga e agli appetiti speculativi di imprenditori senza scrupoli e della criminalità, che vedono nel bio un’occasione per fare guadagni facili.
A difesa delle imprese certificate non bisogna tuttavia dimenticare che il bio è il settore più controllato e verificato dell’agroalimentare italiano. In aggiunta al controllo specifico dell’organismo autorizzato dal Ministero, tutte le aziende biologiche sono soggette ai controlli delle diverse autorità, ovvero NAS, ASL, Agecontrol, Corpo Forestale.
Il paragone con l’agricoltura convenzionale non lascia spazio ad equivoci: i 47 mila operatori biologici italiani subiscono ogni anno il controllo di oltre 60 mila visite ispettive e oltre 6 mila campionamenti. Mentre le oltre 700 mila aziende che fanno agricoltura convenzionale hanno ricevuto poco meno di 40 mila visite ispettive dai Nas. Di fronte a questa evidenza, lasciamo i luoghi comuni ai disinformati e alle chiacchiere da bar.