Per coltivare bio è essenziale l’allevamento di animali?
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Fra gli argomenti trattati dal gruppo negli ultimi incontri mensili di approfondimento, la relazione tra biologico e salute e tra biologico e ambiente.
Il dottor Paolo Pigozzi, relatore e ospite (qualche volta anche di Terra Nuova), sottolineava il rapporto tra alimentazione vegetariana, oltre che biologica, e ambiente. Un amico del Gas, agronomo che da molti anni opera nel biologico, sostiene che viene troppo enfatizzata la relazione positiva tra scelta vegetariana e benefici ambientali. Nel ciclo dell’agricoltura biologica è indispensabile l’allevamento animale, sia per il consumo delle foraggiere prodotte dalla rotazione, sia per le concimazioni organiche. Perciò: niente consumo di carne, niente bio!
Quindi chiediamo: se ha ragione, in che percentuale è giustificabile questo? Pochi decenni fa l’agricoltura tradizionale non era ancora industrializzata e quindi era più vicina a quella biologica e il consumo di carne scarso. Noi crediamo che si debba sostenere il biologico sia per tutelare la propria salute che l’ambiente, animali compresi, perciò l’alimentazione biologica e vegetariana sono molto legate. Ovviamente certe convinzioni e scelte ognuno le matura personalmente e le può eventualmente condividere per contribuire alla costruzione di un mondo più felice e pacificato.
Cordiali saluti, Lucia, Serena, Matteo, Maria Teresa e Bruno Formenti
Risponde Francesco Beldì, co-autore del libro Il mio orto biologico (Terra Nuova Edizioni)
Credo che il problema si debba porre in termini energetici e agronomici. È noto che il consumo di alimenti vegetali richiede un minor dispendio di energia rispetto al consumo di prodotti animali. Il motivo è abbastanza semplice: nel primo caso noi utilizziamo per la nostra nutrizione alimenti che provengono direttamente dalla trasformazione dell’energia solare attraverso la fotosintesi, nel secondo utilizziamo alimenti che hanno già subito una trasformazione da parte di altri organismi, riducendo in questo modo l’efficienza nell’utilizzo dell’energia solare. Dal punto di vista energetico, quindi, è sempre più conveniente alimentarsi facendo ricorso ai soli prodotti vegetali con un’alimentazione vegana, più che vegetariana, visto che scontiamo inefficienze energetiche in tutte le produzioni animali e non solo nella produzione di carne.
D’altra parte esistono alcune coltivazioni che non sono adatte a fornire cibo per l’uomo e che non si prestano in nessun modo a essere convertite in altre adatte allo scopo. Basti pensare ai pascoli di montagna. In questi casi solo attraverso l’impiego di animali (e in particolare di ruminanti) è possibile riuscire a utilizzare alcune aree del pianeta per ottenere cibo. Dal punto di vista agronomico bisogna dire che la fertilità dei terreni, cioè la loro capacità di fornire nel tempo produzioni quantitativamente e qualitativamente abbondanti, è strettamente legata al loro contenuto in sostanza organica. Per ripristinare la sostanza organica che viene mineralizzata annualmente è necessario prevedere periodicamente apporti di letame o di compost. Per le aziende agricole, e in particolare per quelle biologiche che non utilizzano i fertilizzanti di sintesi, la possibilità di disporre di letame è quindi di fondamentale importanza.
Non solo, la presenza di un allevamento in azienda permette di realizzare gli avvicendamenti colturali più adatti alla conservazione della fertilità del suolo attraverso l’inserimento delle foraggere poliennali. Non sono il solo a sostenere questa importanza. Prima di me, e in maniera molto più efficace, lo hanno sostenuto Steiner, il fondatore dell’agricoltura biodinamica, che ha individuato negli animali il compito di mettere in circolo le forze vitali e tamponare gli scompensi astrali (ciclo dell’azoto), e Draghetti, professore di agronomia dell’Università di Bologna, che nel suo “Fisiologia dell’azienda agraria” compara l’azienda agricola a un unico organismo all’interno del quale l’allevamento svolge una sua specifica funzione produttiva e «digerente».
L’agricoltura industriale, però, abbandona i pascoli e riduce l’impiego di fieno per sostenere le produzioni animali attraverso mangimi concentrati che si basano sull’impiego di mais e soia. Inoltre gli allevamenti si concentrano e diventano di dimensioni sempre più grandi. In queste condizioni, le critiche mosse all’alimentazione a base di prodotti della zootecnia è indiscutibile: da una parte si utilizzano in modo poco efficiente alimenti altamente energetici, dall’altra la concentrazione degli allevamenti provoca rischi di inquinamento alle falde acquifere per l’eccesso di fertilizzazione nelle zone dove gli allevamenti sono presenti e il depauperamento della sostanza organica nelle zone dove gli allevamenti mancano: questo accade perché le deiezioni utilizzate come fertilizzante sono molto voluminose e quindi difficili e costose da trasportare.
La risposta alla domanda che ponete deve quindi essere articolata. L’impatto sull’ambiente degli alimenti di origine animale ottenuti dall’agricoltura industriale è generalmente molto forte. Le produzioni zootecniche biologiche mitigano in modo significativo questo impatto e contribuiscono al mantenimento della fertilità dei suoli e quindi alla sostenibilità delle produzioni agricole. Per tutti questi motivi ritengo che la scelta vegetariana (o meglio vegana) non trovi totale giustificazione in motivi di carattere ambientale. A mio parere un consumo moderato di alimenti di origine animale ottenuti da aziende biologiche può essere più efficace per la tutela dell’ambiente rispetto a un’alimentazione basata esclusivamente su prodotti vegetali.
Articolo tratto dalla rubrica “Terra Nuova dei Lettori” pubblicata nel numero di Settembre 2011 di Terra Nuova disponibile anche come eBook.
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– Introduzione alla permacultura
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