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Insalate: comprare a busta chiusa?

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Ormai da qualche anno gli scaffali dell’ortofrutta si sono riempiti di buste o vaschette contenenti insalate di diverse tipologie (rucola, lattuga, valerianella ecc., anche miste), oltre a spinaci, carote, cavolfiori, fagiolini, ananas, kiwi e perfino minestre e macedonie. È una buona scelta?
Si chiamano tecnicamente prodotti di «IV gamma»: il termine, di origine francese, indica tutti quei vegetali freschi già lavati, confezionati e pronti al consumo: la differenza con la V gamma sta nel fatto che in quest’ultima rientrano solo i vegetali cotti al vapore. I consumatori sembrano apprezzare la IV gamma, che negli ultimi anni si è ritagliata uno spazio considerevole: secondo le stime della Coldiretti, il consumo di vegetali pronti si è triplicato negli ultimi 10 anni. La preferenza va alle insalate (86%). Nel 2010 l’aumento di consumi nel convenzionale ha toccato ben l’8% (quello del bio è più ridotto, ma ritenuto potenzialmente in crescita), in controtendenza con il calo dello 0,6% nel settore agroalimentare. Sempre secondo le analisi della Coldiretti, basate su dati Ismea (Istituto di Servizi per il mercato agricolo alimentare), quasi un italiano su due sceglie questi prodotti, per una spesa complessiva di oltre 700 milioni di euro. I principali fruitori sono i single o le coppie, perché di solito si tratta di confezioni abbastanza ridotte, contenenti mescolanze che richiederebbero un considerevole assortimento da tenere in casa.

Ma possiamo acquistarle a cuor leggero?
Per cominciare, vediamo come nascono. La trasformazione Dopo la raccolta, i vegetali vengono refrigerati e trasportati nell’azienda di trasformazione, sempre tenuti a una temperatura costante di 2-4° C: è essenziale che la catena del freddo non venga mai interrotta per evitare alterazioni del prodotto. Il vegetale viene mondato, selezionato ed eventualmente tagliato. In seguito avvengono il lavaggio, il risciacquo e l’asciugatura, infine l’imballaggio. Per effettuare questi passaggi le grandi aziende si affidano a macchinari spesso molto evoluti, garanzia di un prodotto finale più sicuro.

Ecco un focus su alcune fasi:

– Lavaggio. Viene effettuato con l’acqua potabile. Per fortuna in Italia la legge vieta di trattare i cibi con disinfettanti, perché certamente la tentazione di usare sanitanti, come il cloro, per riutilizzare più volte l’acqua (anche quella costa, e costa pure smaltirla!) sarebbe forte.
– Asciugatura. È fondamentale per garantire l’igienicità del prodotto ed evitare lo sviluppo di muffe.
– Imballaggio. Avviene di solito in atmosfera controllata, cioè diminuendo l’ossigeno e aumentando l’azoto, che è un gas inerte, senza rischi per la salute. L’atmosfera modificata non è usata solo per i prodotti di IV gamma: se in primavera ancora mangiamo mele croccanti e sugose è proprio perché sono state conservate così. Si potrebbe piuttosto discutere sul fatto che venga utilizzata molta plastica, con uno spreco di risorse ambientali. Alcune aziende comunque usano prodotti biodegradabili….

La versione completa dell’articolo è disponibile nel numero cartaceo Luglio-Agosto 2011 di Terra Nuova oppure nella versione eBook.

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