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Atlante delle guerre e dei conflitti del mondo IIª Edizione 2011

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Pensato come un vero e proprio atlante, il libro vuole essere un annuario aggiornato dei conflitti in atto sul Pianeta per avere un’informazione completa e approfondita. L’intento è quello di spiegare le ragioni di tutte le guerre in corso, far capire perché si combatte e chi sono gli attori.

Atlante delle guerre e dei conflitti del mondo IIª Edizione 

a cura di Associazione Culturale 46° Parallelo
cod. EA075 – pp. 208 – € 20,00
(per gli abbonati € 18,00)

Terra Nuova Edizioni presenta il nuovo Atlante delle guerre e dei conflitti del mondo IIª Edizione, l’annuario aggiornato degli scontri in atto sul Pianeta a cura dell’Associazione Culturale 46° Parallelo, composta da numerosi giornalisti e corrispondenti di guerra, professionisti dell’informazione.

Istruzioni per l’uso: Piccola guida alla lettura di questo Atlante

Queste poche righe sono il “libretto di istruzioni” per la lettura di questo Atlante. Le avevamo scritte nella precedente edizione, qui le ripetiamo, aggiungendo dove serve qualcosa, dato che tutto cambia e questa pubblicazione non è da meno. In un libro che parla di guerra, infatti, le parole possono avere più significati, possono essere interpretate, piegate, rielaborate per giustificare, spiegare, convincere. Anche le scelte grafiche, la collocazione di pezzi e articoli possono lasciar spazio a dubbi, domande, possono indicare propensioni politiche o di parte. Per evitare tutto questo, queste righe sono essenziali. Cominciamo. L’elemento principale, in questo libro, è proprio la forma grafica, la scelta di essere Atlante. Come vedrete, ogni guerra ha esattamente lo stesso spazio, il medesimo numero di pagine. Questo per evitare di dare ad una maggiore importanza rispetto alle altre. È una scelta “politica”, che vuole mettere tutte le guerre allo stesso livello.

Così, le schede conflitto sono tutte di 4 pagine, divise rigorosamente per continente, come in un Atlante, appunto. Quest’anno, al termine di ogni continente è inserita la scheda Inoltre: lì troverete le situazioni “limite”, quelle che magari non sono ancora sfociate in guerra aperta o che sono in sonno, ma vanno monitorate, controllate costantemente. L’obiettivo è dare una informazione quanto più completa e cercare di limitare eventuali danni che derivano dall’aver scelto di quali guerre o conflitti parlare. Arriviamo, allora, al cuore del problema, cioè quello che intendiamo parlando di Guerre o Conflitti,  in questo volume. Intendiamo, per dare una definizione quasi da dizionario: “situazioni di scontro armato fra stati o popoli, ovvero a confronti armati fra fazioni rivali all’interno di un medesimo Paese. Includiamo in questo elenco i Paesi o i luoghi in cui esiste un latente conflitto, bloccato da una tregua garantita da forze di interposizione internazionali”. Questo è il criterio che abbiamo adottato per stabilire l’elenco alle guerre e dei conflitti in atto. Come sempre, in questi casi, c’è chi lo potrà trovare discutibile, ma un anno di riflessione collettiva ci ha portati ad individuare questo modo di procedere e a questo ci siamo rigorosamente attenuti.

Nel volume abbiamo cercato come sempre di utilizzare in modo uniforme e preciso alcune parole di difficile o ambiguo uso. Abbiamo definito Terroristi coloro che usano armi o mettono in atto attentati contro popolazioni inermi, colpendo obiettivi civili deliberatamente. In questo libro, questa è la definizione di terrorista, a prescindere dalle ragioni che lo muovono. Definiamo, invece, Resistenti gruppi o singoli che si oppongono, armati o disarmati, all’occupazione del proprio territorio da parte di forze straniere, colpendo nella loro azione obiettivi prevalentemente militari. Anche in questo caso diamo questa definizione senza entrare nel merito delle ragioni. Ne deriva che in questo volume viene definito Attentato Terroristico ogni attacco compiuto con fini distruttivi o di morte nei confronti di una popolazione inerme e civile al puro scopo di seminare terrore, paura o per esercitare pressioni politiche.

Ovvero ogni attacco compiuto contro obiettivi militari, ma che consapevolmente coinvolge anche popolazioni inermi e civili. Gli attacchi di gruppi di resistenti a forze armate regolari in questo libro vengono definite Operazioni di Resistenza o Militari. Da tutto questo nascono alcune altre considerazioni. In questo Atlante, definiamo Forze di Occupazione ogni Forza Armata straniera che occupa, al di là della ragione per cui avviene, un altro Paese per un qualsiasi lasso di tempo. Le Forze di Interposizione Internazionali sono invece Forze Armate, create su mandato dell’Onu o di altre organizzazioni multinazionali e rappresentative, che in presenza di precise regole di ingaggio e combattimento che ne limitano l’uso, si collocano lungo la linea di combattimento per impedire il confronto armato fra due o più contendenti. Questi i punti fondamentali, i criteri per poter affrontare la lettura sapendo le ragioni delle scelte. Altre istruzioni: le foto che trovate in questo Atlante sono in massima parte tratte da video di reporter sparsi in tutto il mondo. Sono quelli che tecnicamente si chiamano “frame”, cioè fermi immagine di un filmato. Per questo, a volte, possono sembrare di qualità strana, magari mosse o sgranate. Le abbiamo volute e scelte per la loro efficacia, per la capacità di raccontare tutto in una sola immagine.

 

E adesso c’è una nuova guerra
Una ragione in più per “salvare” l’Onu

Le schede dei conflitti, quest’anno, sono 35 in questo Atlante della Guerra e dei Conflitti del Mondo. L’anno scorso ne avevamo una in meno. La fine delle guerre resta una idea astratta, come astratto sembra più il ruolo delle Nazioni Unite, strette fra contraddizioni e mancanze che non danno risposte. Pensateci un attimo: dei quasi 200 Paesi che formano l’Assemblea, un altissimo numero ha governi non democratici a guidarli. Significa che chi siede al Palazzo di Vetro per conto di questi stati, è nominato da chi con diritti umani, democrazia, libertà, rispetto delle leggi e delle norme internazionali ha poco a che fare. Una contraddizione stridente per un organismo che dovrebbe garantire giustizia. Altro pensiero: anche chi siede per conto di governi democraticamente eletti, non viene nominato per volontà popolare, insomma, attraverso un voto. No, va a rappresentare interessi, legittimi ovvio, ma non sempre condivisi.

Tutto questo fa capire quanto poca democrazia vi sia nei meccanismi dell’Onu e quanto difficile sia – pur con tutta la buona volontà che spesso c’è – trovare strumenti e logiche di intervento. E questo si traduce in una tragedia per le popolazioni che proprio dai Caschi Blu, dai soldati dell’Onu, dovrebbero essere protette. Troppo spesso, dalla Bosnia, alla Somalia, alle recenti operazioni in Africa, abbiamo saputo che i Caschi Blu dell’Onu sono rimasti fermi, inerti, davanti a massacri e violenze. Le regole d’ingaggio, cioè gli ordini che avevano ricevuto, gli impedivano di intervenire “per evitare di prendere posizione a favore di qualcuno”. Una assurdità dettata dalle convenienze, ogni volta diverse di ogni volta diversi Paesi, che non volevano disturbare alleati, amici, conniventi.

Contraddizioni stridenti, lo ripetiamo, eppure è all’Onu che si giocano buona parte dei destini dei cittadini del mondo. Sono le Nazioni Unite che dobbiamo salvaguardare, rilanciare, tenere saldo, per continuare ad avere delle speranze. Perché alla base, a tenerlo vivo, c’è la carta indispensabile per la vita giusta dei popoli: la Dichiarazione dei Diritti Umani. La guerra prospera dove mancano i diritti elementari. Trova nutrimento, fan, istigatori. Trova ragioni per esistere. Tentare di salvaguardare la Dichiarazione e l’Onu significa rendere meno facile la vita a chi pensa alla guerra come uno strumento utile per governare, fare soldi, passare alla storia.

Per questo, anche quest’anno, parliamo a lungo dei conflitti che vedono l’Onu impegnata in qualche modo, con tutti i limiti, ad arginare i massacri, a fermare il sangue. Raccontiamo le missioni, pesandole, misurandole in termini di costi e di sacrifici e anche di inutilità. Perché dobbiamo capire e conoscere quello che accade per rifondarlo. Perché dobbiamo credere che sia possibile che gli Stati del Mondo si mettano assieme per fermare la guerra.

Il Direttore
Raffaele Crocco

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