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Ogni pianta ha il suo pidocchio

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Maggio è il mese delle rose e dei pidocchi. Questi afidi non hanno nulla da spartire con quelli che a volte abbiamo ritrovato in testa ai nostri ragazzi durante la scuola.
Ma tutti e due sono dei parassiti, campano sulla pelle degli altri e questo non è bello anche se hanno dei nomi altisonanti. Per esempio il pidocchio nero della fava si chiama Aphis fabae.

E ogni pianta ha il suo pidocchio: c’è quello del cavolo, delle carote, delle orchidee (anche i nobili hanno i pidocchi!), delle rose, del pesco, del susino, del melo, del pioppo. A seconda della pianta, sono dei seguenti colori: bianco, bianco farinoso, bianco lattiginoso, bianco lanoso, verde e nero. Ma non verde pisello oppure verde baccello, perché questi ultimi due i pidocchi ce li hanno neri.

Hanno grandi bocche con le quali succhiano la linfa che è concentrata sui germogli della crescita e quindi le piante deperiscono. Ecco da cosa ce ne accorgiamo, dal fatto che non crescono ed appaiono stente, allora ci si avvicina e si scoprono colonie di migliaia e migliaia di esserini appiccicati gli uni agli altri, tutti attaccati ad un miserissimo gambo.

Cosa fare: per prima cosa cimare le punte dove sicuramente c’è la massima concentrazione, dopodiché correre a preparare un decotto di acqua e cipolla utilizzando 350 grammi di bucce per 10 litri d’acqua. Non diluirlo e spruzzarlo con un getto potente mirando alle colonie abbarbicate.

Getto potente vuol dire: regolare lo spruzzino in modo che non venga fuori nebulizzato perché si farebbero soltanto una doccia alla cipolla. Ripetere fino a quando non saranno scomparsi.

Ci vorrebbero anche le coccinelle, che ne vanno ghiotte. Si tratta di quelle classiche, ormai simbolo del portafortuna. Un giorno le venderanno in gabbiette come in passato si vendevano i grilli alle Cascine di Firenze, e avranno attaccata una targhetta con su scritto: «Coccinella septempuctata predatrice dell’Apis fabae».

C’è un altro predatore dei pidocchi, però meno popolare perché più brutto. È notturno e quando ha paura si mette pure a puzzare: si tratta del Chrysopa perla e non sarà mai commercializzato, perché un piccolo essere chiuso in una gabbia e spedito per il mondo non può che avere paura; e quindi non può che puzzare. E poi non è diventato il simbolo di nulla.

Maggio è anche il mese dei diradamenti e dei sostegni. Se il periodo delle semine a pieno campo va dal 10 aprile (sono 100 giorni dall’inizio dell’anno) a Sant’Anna (il 26 luglio), ora siamo arrivati al punto in cui sono nati in troppi e non c’è posto per crescere: coraggio, vanno diradati e se si tratta di insalate si possono regalare all’amico che ha un orto e se non c’è, possiamo farci una bella insalata.

Ci sono piante che hanno bisogno di un sostegno per poter sorreggere i loro frutti: sono il pomodoro, il cetriolo, il peperone e anche la melanzana. È fin da febbraio che bisogna aver pensato alle canne e alla potatura dei salici per farci i legacci. I contadini, nella loro storia, non sono mai andati avanti a caso. Tutto era calcolato per tempo, tutto aveva un senso.

Le canne vanno appuntite e poi infilate vicino alla pianta, che deve essere piccola così l’apparato radicale non soffrirà, e poi perché piantare un pomodoro invecchiato che si è già piegato vuol dire non recuperarlo più: resterà piegato per sempre.

Ogni zona del nostro Paese costruisce la struttura dei tutori in base ai suoi usi e costumi e in base a quanto è lontana da un fiume, un torrente, uno stagno, dove si trovano, appunto, le canne.

Ho visto orti dove erano state usate le reti elettrosaldate che si usano in edilizia. Belle pesanti, le avevano fatte affondare nel solco, poi legate con del fil di ferro a dei bei pali, sarebbero state a prova di tromba d’aria ed avrebbero potuto sorreggere anche i cocomeri.

Speriamo che alla fine della stagione l’abbiano ripulite dai vecchi tralci per recuperarle per l’anno dopo e l’anno dopo ancora, fino alla fine del mondo…

Articolo tratto da Terra Nuova – Maggio 2009

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