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Corte Europea: «Ilva, se causa danni gravi a salute e ambiente va sospesa»

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La Corte di Giustizia Europea ha emesso una sentenza che è stata definita storica riguardo all’Ilva e alle violazioni della direttiva sulle emissioni industriali. Ce ne parla l’avvocato Maurizio Rizzo Striano, che ha seguito la causa proposta dall’Associazione Genitori Tarantini.
Corte Europea: «Ilva, se causa danni gravi a salute e ambiente va sospesa»

In caso di danni gravi a salute e ambiente l’attività dell’Ilva va sospesa: lo afferma, tra le altre cose, la sentenza della Corte di Giustizia Europea, creando così un importante precedente. Ora spetterà al Tribunale di Milano prendere una decisione.
«In Italia, proprio nel caso ILVA , è stata adottata una legislazione di natura derogatoria agli obblighi previsti dal diritto comunitario, quale quello di tutelare la salute e l’ambiente, facendo leva sull’esigenza di salvaguardare l’occupazione» spiega l’avvocato Maurizio Rizzo Striano, che ha seguito la causa intentata dall’associazione Genitori Tarantini. «Questa legislazione è stata ritenuta dalla Corte in contrasto con la direttiva IED su tre punti essenziali. Innanzi tutto, è obbligatoria la valutazione preventiva dell’impatto sanitario di un impianto industriale, e ciò costituisce un presupposto per il rilascio dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività. Poi, nell’autorizzazione devono essere prescritti i limiti per tutte le sostanze tossiche emesse dagli impianti e non soltanto per alcune di esse (ad esempio, nel caso ILVA, non sono mai state impartite prescrizioni per le polveri sottili, PM10 e PM 2,5). Infine, non sono ammissibili proroghe dei termini per l’adempimento alle prescrizioni stabiliti dalla direttive comunitarie e se ciò avviene (come nel caso ILVA)  l’attività industriale deve essere sospesa quando vi siano gravi danni per la salute e per l’ambiente».
Siccome, «l’interpretazione del diritto comunitario è attribuita in via esclusiva alla Corte di Giustizia Europea, per renderne uniforme l’applicazione, i principi di diritto enunciati dalla Corte sono vincolanti per tutti gli Stati della UE».
Una sentenza epocale
«La sentenza è stata definita epocale perché si applicherà, oltre all’ILVA, anche a tutti gli impianti soggetti alla direttiva IED che sono 52.000 nell’Unione Europea, di cui 6.000 in Italia – aggiunge l’avvocato Striano – Inoltre, una volta per tutte, viene meno la teoria del bilanciamento fra diritto alla salute e diritti di natura economica. Con buona pace dei suoi sostenitori, fra cui La Corte Costituzionale, il Consiglio di Stato, i presidenti Napolitano e Mattarella, occorre prima tutelare il diritto alla salute».
Una lunga battaglia legale
«La sentenza della Corte è il punto di arrivo di una lunga e solitaria battaglia da me intrapresa nel 2007, quando ero presidente della Commissione ministeriale che doveva rendere il parere obbligatorio in merito al rilascio dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) all’ILVA» prosegue l’avvocato. «Fin da allora, infatti, ero convinto che fosse necessario svolgere gli accertamenti preventivi di natura sanitaria prima di rilasciare l’AIA, ma il governo dell’epoca non si trovò d’accordo e mi venne revocata la presidenza. L’occasione per intraprendere la causa si presentò a distanza di molti anni, nel 2021, quando in Italia entrarono in vigore le azioni collettive, le cosiddette class action, con le quali si affidava al giudice ordinario il potere di fare cessare comportamenti lesivi dei diritti omogenei di una determinata classe di individui».
«Sono riuscito a convincere gli attivisti tarantini a sfruttare lo spiraglio che si presentava e mi hanno dato fiducia dieci aderenti all’associazione dei Genitori Tarantini, più un bimbo figlio di un’associata, nonché il collega avvocato Ascanio Menduni – prosegue Striano – Senza il loro coraggio e la loro collaborazione, il mio impegno e le mie idee, non avrebbero sortito alcun effetto. Così si presentò il ricorso al Tribunale di Milano, competente per territorio, perchè sia ILVA che Acciaierie D’Italia hanno sede a Milano. Abbiamo chiesto la chiusura dell’area a caldo o, quantomeno, il fermo della sua attività fino all’adempimento di tutte le prescrizioni, comprese quelle che si dovevano dare in seguito allo svolgimento delle valutazioni sull’impatto sanitario».
La situazione attuale
«La proprietà degli impianti è tuttora di ILVA in amministrazione straordinaria, il cui capitale è interamente dello Stato – aggiunge ancora l’avvocato Striano – In base a una norma della legislazione cosiddetta “salva ILVA”, la proprietà può essere ceduta a terzi anche in caso di confisca definitiva a opera della giustizia penale. In base a tale norma il Governo attuale ha annunciato che presto bandirà una gara in esito alla quale trasferirà la proprietà all’aggiudicatario. Nella gara dovrebbero essere previste non solo il prezzo dell’acquisto ma anche la ripartizione degli oneri finanziari per le bonifiche, ferme all’anno zero. È bene ricordare che le bonifiche sono obbligatorie e ne rispondono anche gli eventuali acquirenti. A Taranto la situazione è tuttora di una inaudita gravità, non solo per la qualità dell’aria, bensì anche per la compromissione delle altre matrici ambientali e cioè terra e acqua. A tal proposito molti prevedono che gli impianti chiuderanno e le bonifiche resteranno lettera morta. Questa previsione non è campata in aria purtroppo, e l’auspicio è che la popolazione si ribelli a una eventuale decisioni di questo genere».
I prossimi passi
«Ora il prossimo passo compete ai ricorrenti ed è quello di riassumere il giudizio che era stato dichiarato sospeso dal Tribunale di Milano in attesa della pronuncia della Corte di Giustizia Europea – spiega Striano – Il secondo passo spetterà al presidente del Tribunale di Milano che dovrà fissare l’udienza per la discussione finale della causa. Non è possibile formulare previsioni circa i tempi, tuttavia il Tribunale non potrà fare a meno di  ordinare la sospensione dell’attività fino al ripristino di condizioni di tollerabilità dell’inquinamento. L’unico fatto nuovo che potrebbe evitare tale esito è un miracolo e cioè che, improvvisamente, gli impianti cessassero di costituire un pericolo rilevante per la salute e per l’ambiente. Ben venga questo miracolo, ma saremo come San Tommaso, le prove che sia avvenuto dovranno essere indiscutibili».
Stato e gestori di impresa
«In passato lo Stato italiano è stato condannato dalla Corte Europea dei diritti dell’Uomo e il Consiglio per i Diritti umani dell’ONU ha duramente represso la sua condotta con i gestori dell’impresa. Tuttavia i giudici nazionali restavano pur sempre soggetti alle leggi italiane e non potevano ordinare la sospensione dell’attività. Una sentenza della Grande sezione della Corte di Giustizia è invece definitiva, vincolante e immediatamente esecutiva. Nuove leggi che fossero in contrasto con essa verrebbero disapplicate dai giudici, come verranno disapplicate quelle in contrasto già esistenti. Anche il giudice penale potrebbe disapplicare le norme sull’immunità penale perché essa ha come presupposto un’AIA valida, mentre quella attuale non lo è più dopo la pronuncia della Corte di Giustizia. È significativo, al riguardo, che  la Procura di Taranto stia procedendo a svolgere indagini ipotizzando un nuovo disastro ambientale , senza avere sollevato questione di costituzionalità dell’immunità penale».
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La testimonianza dei tarantini che si battono contro l’inquinamento dell’ILVA è raccolta nel libro “Mamme ribelli. Le mille battaglie da nord a sud contro l’inquinamento e per la salute di tutti” di Linda Maggiori.

Mamme ribelli è un libro unico, che dà voce alle donne, ma non solo, che da anni fanno parte della Rete delle Mamme Da Nord A Sud e racconta le loro lotte contro l’inquinamento dei territori e il saccheggio ambientale, per la salute dei loro figli e dei figli di tutti.
Leggerete dell’impegno, delle esperienze, della tenacia e della determinazione delle “Mamme No Pfas” del vicentino, delle “Mamme Volanti” di Brescia, delle donne di Taranto, delle madri che si battono contro le basi militari in Sardegna, delle “Mamme Antismog” nella Pianura Padana, delle mamme di Venafro, di quelle No Tap e di tante altre.
Sono tutte mamme ribelli che lottano indomite per la vita e per la terra, contro la devastazione dell’ambiente e l’omertà istituzionale, forti di una profonda solidarietà intergenerazionale. E quando le madri si muovono, si muovono anche le montagne.
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