La Corte europea dei diritti umani (Cedu) ha condannato per la prima volta uno Stato, la Svizzera, per inazione nei confronti della crisi climatica, accogliendo il ricorso di un’associazione di donne anziane. La co-presidente dell’associazione Rosmarie Wydler-Wälti, ha commentato: «Questa sentenza è una vittoria per tutte le generazioni». Dichiarato inammissibile invece il ricorso presentato da sei giovani portoghesi.
La Corte europea dei diritti umani (Cedu) ha condannato per la prima volta uno Stato, la Svizzera, per inazione nei confronti della crisi climatica, accogliendo il ricorso di un’associazione di donne anziane. La co-presidente dell’associazione Rosmarie Wydler-Wälti, ha commentato: «Questa sentenza non è solo una vittoria per la nostra associazione. È una vittoria per tutte le generazioni».
I giudici hanno deciso, con una maggioranza di sedici voti a uno, che è stato violato l’articolo 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare) e, all’unanimità, che è stato violato l’articolo 6, relativo all’accesso a un tribunale.
«È un momento indescrivibile. Questa decisione sarà di grande importanza per ulteriori cause sul clima contro Stati e aziende in tutto il mondo e aumenterà le loro possibilità di successo», ha spiegato Cordelia Bähr, a capo del team legale delle Anziane per il clima. «Questa sentenza mostra ai cittadini, ai giudici e ai governi di tutta Europa cosa è necessario fare in termini di protezione del clima per rispettare i diritti umani».
Per la prima volta, un tribunale transnazionale specializzato in diritti umani sostiene esplicitamente il diritto alla protezione del clima. Nella sua sentenza, la CEDU stabilisce i requisiti specifici che gli Stati membri devono soddisfare per rispettare i loro obblighi in materia di diritti umani. Nell’ambito di questo procedimento, come terza parte anche l’Italia, tramite l’Avvocatura generale dello Stato,
aveva presentato una propria memoria, per supportare la posizione della Svizzera.
«La sentenza rappresenta una pietra miliare per le controversie sul clima a livello globale – spiegano da Greenpeace – Tutti gli Stati del Consiglio d’Europa potrebbero essere invitati dai loro cittadini a rivedere e, se necessario, rafforzare la loro politica climatica sulla base dei principi sviluppati dalla CEDU per salvaguardare i diritti umani. Ne beneficerebbero tutte le persone, al di là della generazione a cui appartengono».
«Quanto accaduto non si ferma a Strasburgo. Le storie delle KlimaSeniorinnen sono anche all’attenzione della Corte internazionale di giustizia, dove all’inizio del prossimo anno si terranno delle udienze sugli obblighi di giustizia climatica di tutti i governi», ha dichiarato la consulente legale di Greenpeace International Louise Fournier, che ha supportato il team legale delle Anziane per il clima.
Non è stato invece positivo l’esito della causa Duarte Agostinho e altri V. Portogallo e 32 altri paesi, presentato da 6 giovani portoghesi. I giudici di Strasburgo hanno infatti dichiarato inammissibile il ricorso: «per quanto riguarda la giurisdizione extraterritoriale degli Stati convenuti diversi dal Portogallo, la Corte ha ritenuto che non vi fossero motivi nella Convenzione per estendere, tramite interpretazione giudiziaria, la loro giurisdizione extraterritoriale nel modo richiesto dai ricorrenti. Considerato che i ricorrenti non avevano intrapreso alcuna via legale in Portogallo in merito alle loro denunce, il ricorso dei ricorrenti contro il Portogallo è risultato irricevibile anche per mancato esaurimento delle vie di ricorso interne». La dichiarazione di inammissibilità va dunque interpretata come una devoluzione alle giurisdizioni nazionali delle cause in materia.
«In altre parole – ha commentato Lucie Greyl dell’organizzazione A Sud e co-coordinatrice della Campagna Giudizio Universale – la CEDU ha rimandato ai giudici nazionali il compito di pronunciarsi sull’adeguatezza delle politiche climatiche e sugli impatti che la mancata azione ha sui diritti umani. Una ragione in più per impugnare la sentenza con cui il Tribunale ha dichiarato inammissibile la nostra causa».
È di un mese fa infatti la sentenza del Tribunale Civile di Roma che ha rigettato la causa intentata da 203 ricorrenti contro lo Stato Italiano per “difetto assoluto di giurisdizione”. «Eppure, il contenzioso sul clima contro lo Stato italiano (A Sud et. al. contro Italia) si basa proprio sulla minaccia ai diritti fondamentali causata dall’inadeguatezza delle politiche climatiche e affronta la mancanza di un quadro normativo sul clima e l’assenza di politiche basate sulla scienza – spiegano da A Sud – L’altra novità importante è che il legame inscindibile tra azioni di contrasto ai cambiamenti climatici e tutela dei diritti da oggi ha nella pronuncia della CEDU un riconoscimento fondamentale per le nostre battaglie per la giustizia climatica».
A commentare le sentenze anche il team legale di Giudizio Universale: «Prendiamo atto con favore della sentenza della Corte europea sul caso Klimaseniorinnen. Il riconoscimento da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo che lo Stato svizzero ha commesso una violazione collegata all’assenza di un calcolo del proprio bilancio di carbonio e alla mancanza di un quadro giuridico sufficientemente efficace per contrastare il cambiamento climatico è un precedente importante per la giustizia europea e per il nostro caso nazionale. La sentenza ricorderà ai tribunali e al governo italiani che, al contrario, la richiesta da parte della società civile di protezione dei diritti fondamentali minacciati dall’emergenza climatica provocata dalle politiche climatiche insufficienti è giustiziabile. Per quanto riguarda il caso Duarte, registriamo una contraddizione riguardo al principio espresso dalla Corte Europea di irricevibilità del ricorso per mancato esaurimento delle vie di ricorso interne: non tutti i tribunali nazionali sono ricettivi alle controversie sul clima e i processi sono molto lunghi, mentre l’emergenza climatica ci impone azioni rapide. Il caso italiano ne costituisce un esempio, in quanto sono state attivate le vie di ricorso a livello nazionale in Italia, ma il tribunale domestico dopo quasi tre anni ha deciso che le richieste di tutela dei diritti fondamentali legate al cambiamento climatico non sono giustiziabili in Italia».
Respinto infine il caso Carême c. Francia, riguardante il ricorso presentato da un ex abitante e sindaco del comune di Grande-Synthe: secondo la Corte “il ricorrente non aveva lo status di vittima ai sensi dell’art. 34 della Convenzione”.
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LETTURE UTILI
Il cambiamento climatico, l’esaurimento del petrolio, lo sconvolgimento economico e l’estinzione di massa rappresentano oramai un’emergenza planetaria di proporzioni schiaccianti.
Speranza attiva ci mostra come affrontare la crisi ambientale, economica, ma anche esistenziale che stiamo vivendo e come riscoprire nel nostro profondo una resilienza inaspettata e un potere creativo.
Attingendo alla loro lunga esperienza di attivisti e alle loro conoscenze scientifiche, gli autori ci guidano attraverso un processo di consapevolezza e trasformazione personale in grado di fornirci gli strumenti per affrontare il disordine in cui ci troviamo e svolgere il nostro ruolo nella transizione collettiva, verso una società finalmente in grado di sostenere la vita.
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