Coltivare non è arare, è molto di più

In biodinamica da tempo è stata abbandonata l’aratura e la fresatura e quando si lavora il terreno l’intento è di risanare la patologia indotta dalle coltivazioni. Abbiamo un ciclo di corsi e di consulenze gratuiti per aiutare gli agricoltori anche in questo. Non lavorare il suolo, come tutte le azioni semplici, richiede una complessità di approcci e una grande competenza. Non lavorare potrebbe significare non raccogliere. Ma il contenimento delle lavorazioni deve porsi degli obiettivi chiari. Conservare il suolo com’è, nonostante la coltivazione? In tempi di disastro ambientale e desertificazione pare un buon obiettivo, ma non basta. I terreni oggi vanno rigenerati. Così insegniamo come aiutare il suolo ad evolversi, raccolto dopo raccolto. Purtroppo nell’immaginario collettivo coltivare è arare. Eppure dobbiamo riconsiderare questo nesso. Quello che oggi si chiama aratro è un’invenzione del primo Ottocento con cui per la prima volta si rivoltava il terreno. Fino ad allora l’aratro tracciava sottili solchi per la semina, mentre il rinnovo avveniva a braccia con la vanga. Lo scopo principale delle lavorazioni oggi è il controllo delle piante spontanee che fanno concorrenza al raccolto, tanto che a volte l’agricoltura senza lavorazioni, su sodo, viene adottata proprio da chi fa largo uso di erbicidi. Invece dobbiamo considerare l’evoluzione del suolo e la lavorazione non come una routine, ma come un atto terapeutico, un intervento misurato e mirato sapientemente a guarire alcune patologie e danni. Così con l’Associazione Biodinamica insegniamo la gestione dei suoli viventi perché assuma una raffinatezza persino artistica.

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