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Il nuovo mondo della facilitazione

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Scopriamo insieme come mantenere o ripristinare il delicato equilibrio tra bisogni individuali e collettivi: è la scommessa del vivere comunitario e della facilitazione dei gruppi.

Il nuovo mondo della facilitazione

  di Simona Gigliotti, antropologa e counselor professionista

Negli ultimi anni la vita comunitaria e gli ecovillaggi hanno destato l’interesse di molti, affermandosi come alternative sociali innovative e sostenibili. La vita collettiva in questi contesti è fondata sulla cooperazione tra i membri e sulla condivisione profonda di valori e obiettivi comuni. Vivere in comunità, però, è piuttosto complesso: richiede un delicato equilibrio tra bisogni individuali e collettivi e una gestione attenta alle dinamiche di gruppo. Molti progetti comunitari, infatti, nascono con nobili intenti e grandi ideali, per poi naufragare dopo breve tempo a causa di conflitti interpersonali non correttamente affrontati. L’obiettivo della convivenza in ecovillaggio è senz’altro la creazione di un continuum tra la dimensione personale e collettiva, finalizzata a creare un contesto di libertà dove interessi individuali e di gruppo si realizzino e si rafforzino mutualmente. È però vero che raggiungere tale sintesi implica un percorso costellato da criticità, difficoltà e anche insuccessi.

A sostegno di un processo tanto complesso esiste una serie di strumenti che vengono forniti da professionisti formati ed esperti chiamati facilitatori. Quella del facilitatore è una figura relativamente nuova, diffusasi in particolare nell’ultimo decennio proporzionalmente all’aumento e sviluppo di realtà collettive residenziali e non. 

L’importanza della facilitazione

«La facilitazione è un mezzo innovativo per generare un nuovo paradigma culturale e sociale, che restituisca valore alle persone e al loro benessere, al collettivo e alle relazioni», spiega Giorgia Lattuca, facilitatrice e formatrice del metodo Clips. «Possiamo immaginarla come un insieme di metodi e tecniche atte a condurre un gruppo verso i propri obiettivi, con il minor spreco di energie e di risorse, promuovendo il contributo attivo di ciascun partecipante e un ambiente piacevole e creativo. Questa triplice attenzione sintetizza bene l’essenza della facilitazione: l’attenzione agli obiettivi che il gruppo si prefigge, alle modalità attraverso cui li raggiunge e alle persone che sono coinvolte nel processo».

Riccardo Clemente, facilitatore e formatore Clips aggiunge: «La facilitazione permette a tutte le voci di essere ascoltate, osserva e si prende cura dei dislivelli di rango e potere, facendo sì che le decisioni siano prese in modo consensuale. Questa pratica da la possibilità ai gruppi di favorire il raggiungimento dei propri obiettivi con un’adeguata attenzione ai processi e alle relazioni tra i membri del gruppo». 

La facilitazione si prende cura del progetto, del gruppo e dei suoi componenti, occupandosi in particolare di quatto macro aspetti, come spiega Francesca Guidottila coesione e celebrazioneovvero che cosa spinge il gruppo a stare insieme; la governance, cioè la struttura organizzativa che il gruppo si dà e come si prendono le decisioni; l’indagine collettiva, quali spazi e tempi il gruppo si prende per ragionare su se stesso; la gestione emozionale e del conflittoovvero come il gruppo si occupa delle emozioni dei suoi componenti e come gestisce i conflitti.

L’attenzione alla gestione dei conflitti

L’attenzione al conflitto come risorsa è, infatti, uno degli aspetti innovativi della facilitazione: «Possiamo immaginare il conflitto come un accumulo di energia, un processo che potrebbe attivare dinamiche di grande trasformazione per il gruppo se vissuto come un’opportunità di crescita e non come una minaccia. Esso è un segnale, sottopone all’attenzione temi e dinamiche che richiedono spazio e tempo per emergere e portare guarigione» spiega Giorgia. «La facilitazione è innovativa perché considera il gruppo in modo olistico, tenendo sempre presenti i vari livelli di cui è composto: fisico, emotivo, intellettuale e ideale. Pone l’attenzione non tanto al risultato quanto al processo e, lavorando sull’orizzontalità, permette di dare voce e chi fatica ad esprimerla», aggiunge Francesca, facilitatrice e formatrice di Facilitarte. «Inoltre – specifica Riccardo – non si avvale solo della parola, ma utilizza il corpo, le emozioni, le informazioni del campo e molto altro, riuscendo a dare concretezza alle idee, alle riflessioni di ognuno per raggiungere una decisione collettiva».

«La comunità è una bellissima sfida e come tale prevede un lavoro costante su noi stessi e sul gruppo. Se pensiamo che basti avere un luogo e una visione per far fiorire un progetto comunitario siamo davvero lontani dalla realtà – sostiene Giorgia – è un lavoro di tessitura, di continua mediazione tra l’io e il noi, di comunicazione e di presenza. Avvalersi di un accompagnamento neutrale e disinteressato, che faccia emergere ciò che, per paura o per quieto vivere, si cerca in ogni modo di nascondere, è una grande opportunità».

Chiarezza di visione e missione

«Nella fase iniziale del progetto i vantaggi di un percorso di facilitazione sono innumerevoli – prosegue Riccardo – esso permette una maggior chiarezza sulla visione e missione del progetto. Aiuta a definire gli obiettivi, gli accordi del buon vivere insieme e a identificare una struttura organizzativa, i ruoli dei partecipanti, diritti e doveri e tanto altro. Nelle fasi successive, il facilitatore è utile sia per prevenire momenti di crisi, sia per affrontarli. Aiuta nella risoluzione di conflitti, ma anche nel pianificare i prossimi passi e a rivedere gli accordi qualora fosse necessario».

Sono numerose, oggi, le scuole che formano a questa professione ormai sempre più richiesta grazie a un passaparola che ne elogia l’utilità. Facilitarte, ad esempio, è un progetto fondato da Efstathios Mavridis Delfino e Francesca Guidotti, con l’intento di diffondere la facilitazione e i suoi strumenti a sostegno di gruppi formali e informali per aiutarli a raggiungere obiettivi e stabilità, ponendo particolare attenzione ai processi che si mettono in atto per conseguire la propria missione. E poi CLIPS – Community Learning Programme for Sustainability, di cui Giorgia e Riccardo sono tra i principali formatori, proprio con l’intento di diffondere la cultura della facilitazione presso gli ecovillaggi, a partire dalle sfide che le comunità più longeve si sono trovate ad affrontare e dall’osservazione del fallimento di molti progetti nei primi anni di vita. Questo programma, nato su scala europea nell’ambito del Global Ecovillage Network e della Rete Italiana dei Villaggi Ecologici, ha favorito l’imprinting e la crescita di molte realtà collettive sul territorio nazionale, permettendo ai gruppi coinvolti di costruire delle solide basi comuni fin dai primissimi passi, evitando la formazione e la cristallizzazione di modelli tossici. Beatrice Briggs, facilitatrice statunitense tra i più conosciuti esponenti del metodo, ha redatto una guida (che trovate QUI) molto utile per comprendere l’importanza di questo ruolo nelle comunità fornendo alcuni strumenti di base utili in diversi contesti. 

«La facilitazione, dovrebbe diventare una professione strategica in moltissimi ambiti. Viene già praticata nelle aziende e comincia ad essere utilizzata dalla pubblica amministrazione, ma credo che cittadinanza attiva, associazionismo, cooperative e comunità ne dovrebbero fare regolarmente uso. Il mio sogno è quello di diffonderla alla politica, dove avrebbe la potenzialità di portare un radicale cambio nella società» dice Riccardo. «In un sistema in cui l’individualismo prende sempre più piede, mettere al centro il noi, lavorare per fare emergere la leadership collettiva, può essere un gesto non soltanto innovativo, bensì rivoluzionario» conclude Giorgia.

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LETTURE UTILI

ECOVILLAGGI E COHOUSING. Dove sono, chi li anima, come farne parte o realizzarne di nuovi 

Si diffonde la scelta di andare a vivere in un cohousing o in un ecovillaggio, dettata non solo da motivi economici (vivere insieme costa meno), ma anche dal crescente bisogno di uno stile di vita sobrio e a basso impatto ambientale, basato su relazioni autentiche e di solidarietà. Il panorama delle esperienze comunitarie, in Italia e all’estero, è ricco e variegato. L’autrice racconta la storia e soprattutto il presente di ecovillaggi e cohousing già attivi in Italia, dei numerosi progetti in via di realizzazione e aperti a nuove adesioni, e delle esperienze internazionali più significative. Quella che emerge è una mappa completa e variegata, utile per chi vuole approfondire una tematica ancora poco conosciuta oppure per chi ha già avviato una riflessione e un percorso, e che nel libro può trovare suggestioni, stimoli e contatti per proseguire il proprio cammino.

Sfoglia qui l’anteprima

Ecovillaggi e cohousing: come vivere in una comunità

                                                                                            

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