Ecco come portare più agrobiodiversità nei campi
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Rivalorizzare l’agrobiodiversità e riportare il controllo dei semi nelle mani degli agricoltori: sono due obiettivi fondamentali che l’agricoltura deve porsi e una delle strade da percorrere può essere il miglioramento evolutivo delle colture (preservando la natura e non ricorrendo a OGM vecchi o nuovi!). Ce ne parlano Salvatore Ceccarelli e Stefania Grando.
Salvatore Ceccarelli e Stefania Grando, ricercatori nel campo dell’agroecologia e della biodiversità con una lunghissima esperienza e una lunga carriera, girano l’Italia, l’Europa e il mondo per parlare delle cosiddette popolazioni evolutive, cioè i miscugli di semi che possono favorire colture resilienti, resistenti e adatte, con caratteristiche peculiari e biodiverse adatte ai diversi territori, garantendo anche l’autoproduzione dei semi da parte degli agricoltori.
Ceccarelli e Grando hanno condensato le informazioni e le indicazioni pratiche in un manuale assolutamente unico e utilissimo, “Miglioramento genetico evolutivo: una guida per gli agricoltori. I vantaggi e i diversi metodi per produrre i propri semi e gestire le popolazioni evolutive”.
L’idea del miglioramento genetico evolutivo risale all’inizio del Ventesimo secolo e oggi è divenuto più che mai attuale a fronte del cambiamento climatico, della scarsità d’acqua, della perdita di biodiversità e di agrobiodiversità, tutti aspetti strettamente interconnessi tra loro; «e noi sosteniamo che sono interconnessi attraverso il seme – spiegano Ceccarelli e Grando – Il seme è collegato al cambiamento climatico perché abbiamo bisogno di colture più adatte al clima che cambia. Il seme è associato al cibo in quanto la maggior parte dei nostri alimenti proviene direttamente o indirettamente dalle piante. E il seme è associato alla malnutrizione: le tre colture da cui ricaviamo circa il 60% delle calorie e il 56% delle proteine di origine vegetale, ovvero mais, riso e frumento, sono molto meno nutrienti di altri cereali come orzo, miglio e sorgo, che hanno bisogno di meno acqua. Infine, i semi sono legati alla biodiversità e all’agrobiodiversità, che a livello di azienda agricola si possono esprimere sotto forma di coltivazione di diverse colture, di diverse varietà all’interno della stessa coltura e di varietà non uniformi».
«Oggi la maggior parte delle varietà moderne è costituita da linee i cui processi riducono drasticamente la diversità genetica – proseguono Ceccarelli e Grando – La maggior parte dei miglioratori vegetali sostiene che, da un punto di vista pratico, il miglioramento genetico dovrebbe mirare a sviluppare varietà che abbiano sia una resa stabile ed elevata che un adattamento ampio. Ma un adattamento ampio vuol dire stabilità tra luoghi diversi, cioè diminuzione dell’agrobiodiversità e questo è solo nell’interesse delle grandi ditte sementiere». Nei secoli i contadini avevano selezione le varietà nel luogo dove dovevano essere coltivate e si adattavano così specificamente alle condizioni locali. Il declino dell’agrobiodiversità ha aumentato la vulnerabilità delle colture perché la loro uniformità genetica le rende incapaci di rispondere ai cambiamenti climatici sia a breve che a lungo termine. Ed è anche aumentata la vulnerabilità nei confronti delle malattie fungine e degli insetti, quindi non c’è da sorprendersi se l’agricoltura industriale, che fa largo uso di poche varietà uniformi di un numero limitato di specie, sia diventata dipendente dall’uso di pesticidi e, nel caso degli animali, di antibiotici».
Ed è stato dimostrato che la diversità delle colture è altamente benefica nel limitare lo sviluppo delle malattie e nel ridurre l’uso di trattamenti chimici di sintesi.
PER APPROFONDIRE
Possiamo aumentare l’agrobiodiversità coltivando più specie, coltivando varietà diverse all’interno di ogni specie, o coltivando varietà non uniformi come i miscugli e le popolazioni evolutive. Così si promuovono i servizi ecosistemici e si riduce l’impatto ambientale mantenendo, e persino aumentando, le rese. Questo libro dimostra che i miscugli e le popolazioni evolutive si adattano al luogo in cui vengono coltivati, evolvono diventando sempre più produttivi, hanno una resa più stabile nel tempo rispetto alle varietà uniformi, diventano sempre più resistenti alle malattie, controllano meglio le erbe infestanti e si adattano ai cambiamenti climatici. Stiamo parlando della soluzione più rapida ed economica per adattare le colture al cambiamento del clima, con l’ulteriore vantaggio di aumentare i redditi degli agricoltori favorendo la creazione e lo sviluppo di filiere locali.
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