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Crocco: «Piano di riarmo europeo, sbagliato e inutile»

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Raffaele Crocco, direttore dell’Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo (giunto alla sua tredicesima edizione), critica duramente il piano ReArm Europe, il piano di riarmo europeo approvato dall’europarlamento.

Crocco: «Piano di riarmo europeo, sbagliato e inutile»

L’Europarlamento ha votato a maggioranza il suo appoggio al piano ReArm Europe, voluto dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen e che prevede investimenti per 800 miliardi di euro nei prossimi quattro anni per la difesa. 

«Il Piano è stato approvato e quello che rimane sul tavolo è la sensazione di inadeguatezza di chi rappresenta i cittadini in un contesto teoricamente ancora democratico – afferma Raffaele Crocco, direttore dell’Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo (giunto alla sua tredicesima edizione) – L’Unione Europea si riarma, seguendo le indicazioni di Ursula von der Leyen e i piani teorici esposti qualche mese fa da Mario Draghi. Non manca, ricordiamolo, l’assenso di forze politiche che si dichiarano “progressiste e democratiche”. Come dire: quello che accade non è imputabile a partiti di destra, fascisti. Il quadro è decisamente più complesso».

«Il risultato è che l’Unione corre alle armi. Lo fa, ricordiamolo, mettendo sul tavolo 800 miliardi di euro. Una cifra enorme. Impiegata in modo diverso, avrebbe probabilmente risolto molti dei crescenti problemi di stato sociale e di distribuzione della ricchezza del Vecchio Continente. Detta in parole povere: la scelta fatta dai parlamentari europei, spinti dalla von der Leyen, renderà inevitabilmente i cittadini europei più poveri, facendo per altro diventare più ricco chi già lo è. Questa banale considerazione economica, dalla quale voglio partire, mettendo nell’angolo per un attimo le questioni morali, politiche, filosofiche, dovrebbe ampiamente dimostrare come la scelta del “riarmo per contrastare il nemico”, che poi sarebbe la Russia, non altri, sia sbagliata e inutile. L’Unione Europea, oggi, è una piccola potenza politico-militare. Lo sarà in ogni caso, anche nei prossimi trent’anni, perché il riarmo non fa dell’Unione una realtà politica vera, solida, pesante e pensante sullo scenario mondiale. Non ci sarà alcuna riforma per avere, ad esempio, una politica estera comune o un sistema fiscale unitario. Il riamo creerà solo una serie di società nazionali più militarizzate di prima, con tanti piccoli eserciti pseudo potenti, ma totalmente scoordinati dal punto di vista strategico e, soprattutto, delle scelte politiche».

«Anche perché la partita si gioca contro teorici avversari che hanno l’asso nella manica: l’arsenale atomico. In Europa solo la Francia ha un arsenale nucleare e peraltro su questo tema sono già scoppiate polemiche. Da Parigi, il presidente Macron ha spiegato di volere “un dibattito strategico sulla protezione del nostro deterrente nucleare, allargato agli alleati europei. Per non dipendere più dalla deterrenza americana”. Posizione scarsamente condivisa dai partner europei, che storcono il naso alla prospettiva di un “comando strategico” in mano alla Francia. Sono le vecchie rivalità, i vecchi nazionalismi europei che covano sotto la cenere, che riemergono appena possibile. Quegli 800 miliardi, quindi, genereranno solo nuovi miti militaristi, nuove illusioni che “la pace si costruisce attraverso la forza”, come ha dichiarato von der Leyen. Manca la visione reale della potenza dell’Unione Europea, che è ancora grandissima potenza economica grazie alla propria capacità di “essere mercato”. Siamo il più importante mercato mondiale e questo ci rende forti. La cosa incredibile è che l’attuale vertice di potere europeo (ma il problema è in ogni singolo Stato “democratico” dell’Unione) dimentica che questa forza nasce non dalle invidiabili capacità produttive, per quello viene prima l’Asia, o dalla potenza finanziaria, lì dominano gli Stati Uniti, o dalle risorse naturali, per quello deprediamo l’Africa. No, la nostra forza viene dalla migliore distribuzione mondiale della ricchezza. In qualche modo, per decenni (ora la tendenza sta cambiando) abbiamo avuto la minor differenza fra i più poveri e i più ricchi. La forbice era poco aperta e questo grazie, soprattutto, ai diritti sul lavoro e allo stato sociale, che ridistribuivano appunto risorse e possibilità. Tradotto: è stato il miglior livello di democrazia e di attuazione dei diritti individuali e collettivi a fare dell’Unione Europea una potenza economica. Gli 800 miliardi per il riarmo verranno tolti allo stato sociale, ai progetti di trasformazione ecologica dei nostri sistemi produttivi e di vita, ai progetti culturali e sociali. Questo renderà peggiore la vita di ogni cittadina e cittadino europeo».

«Il riarmo avrà, poi, un pesante corollario: l’inevitabile lavoro culturale necessario per giustificarlo, per renderlo accettabile. Così, avremo per la strada tanti soldati ben armati, che reclameranno sempre più ruolo nelle scelte politiche, che vorranno inevitabilmente contare di più. Gli spazi democratici (gli eserciti non sono mai democratici) si restringeranno, le Forze Armate reclameranno un’estensione della “extraterritorialità democratica” di cui già godono oggi. Alla fine del percorso, diventeranno loro gli alfieri del “senso d’identità europeo”. Si creeranno nuovi miti sulla forza, sull’indispensabilità della guerra. E tutti noi, ci ritroveremo a vivere in una immensa caserma, aspettando una ragione qualsiasi per attaccare il nemico».

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