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Slow Food Italia: «Davos: crisi ambientale è dramma sociale, mettere interessi economici al centro crea ancora più ingiustizia»

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«Anche i ricchi e i potenti non lo nascondono più: la crisi climatica fa paura. Al summit di Davos è suonato l’ennesimo campanello d’allarme sugli effetti del clima che cambia. Ma non può e non deve essere soltanto la salvaguardia di interessi economici la bussola per invertire la rotta»: lo afferma Barbara Nappini presidente di Slow Food Italia.
Slow Food Italia: «Davos: crisi ambientale è dramma sociale, mettere interessi economici al centro crea ancora più ingiustizia»
«Anche i ricchi e i potenti non lo nascondono più: la crisi climatica fa paura. A Davos, durante la cinque giorni del World Economic Forum dove si è dato appuntamento il gotha mondiale della politica, dell’economia e della finanza, è suonato l’ennesimo campanello d’allarme sugli effetti del clima che cambia. Dagli studi presentati emergono due dati: si stimano 14,5 milioni di morti da qua al 2050, mentre per l’economia si temono perdite per 12 mila miliardi e mezzo di dollari (12,5 trillion) nello stesso lasso di tempo» spiegano da Slow Food. 
«È un bene che si diffonda la consapevolezza che la crisi climatica avrà conseguenze dirompenti dal punto di vista economico, perché potrebbe essere la molla che spingerà definitivamente la politica ad agire in modo rapido e incisivo – dichiara Barbara Nappini, presidente di Slow Food Italia – O almeno ce lo auguriamo. Ma pensare di affrontare il dramma ambientale che stiamo attraversando con il solo obiettivo di scampare al collasso economico-finanziario significherebbe commettere un errore che non ci possiamo permettere».
«Non può e non deve essere soltanto la salvaguardia di interessi economici la bussola per invertire la rotta. Altrimenti – conclude Nappini – il rischio è di alimentare meccanismi ancora più distorti di quelli a cui assistiamo oggi, perdendo l’ennesima preziosa occasione per ripensare il nostro rapporto col prossimo e col vivente tutto. Riscopriamo un briciolo della saggezza millenaria di chi ci ha preceduto: l’unica ricchezza alla quale non possiamo rinunciare, e non esiste titolo finanziario altrettanto prezioso,  è quella propria del pianeta che ci dà da vivere. La biodiversità animale e vegetale, la fertilità del suolo, il bene comune delle risorse a cui attingere in modo responsabile. L’unica, vera, garanzia per la sopravvivenza della specie umana e delle altre forme di vita sulla Terra» 
«Infine, ricordiamoci che non vi è progresso senza equità sociale e giustizia ambientale». Da una parte della scala sociale c’è chi ha poco o nulla, mentre «dall’altra parte della scala sociale c’è chi ha tutto: ed è, con ogni probabilità, proprio chi oggi lancia l’allarme perché teme di vedere sfumare i propri privilegi» conclude Slow Food. 
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