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Cop28, manca nell’accordo l’impegno esplicito a eliminare i combustibili fossili

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Non si sono fatte attendere le reazioni critiche all’accordo raggiunto al termine della Cop28 di Dubai, che non ha inserito nel testo l’impegno esplicito all’eliminazione graduale dei combustibili fossili. «Non è l’accordo di cui il mondo aveva bisogno» ha detto Greenpeace. «L’accordo sulla transizione verso la neutralità carbonica è zeppo di scappatoie» ha sottolineato Nappini di Slow Food.
Cop28, manca nell’accordo l’impegno esplicito a eliminare i combustibili fossili
«Più di 100 paesi hanno esercitato forti pressioni per ottenere un linguaggio forte nell’accordo COP28 per “eliminare gradualmente” l’uso di petrolio, gas e carbone, ma si sono scontrati con la forte opposizione dell’OPEC, gruppo di produttori di petrolio guidato dall’Arabia Saudita, che ha affermato che il mondo può ridurre le emissioni senza rinunciare a combustibili specifici» ha riportato l’agenzia di stampa Reuters. «Mercoledì quella battaglia ha costretto il vertice a fare straordinari per un’intera giornata e alcuni osservatori temevano che i negoziati sarebbero finiti in un vicolo cieco – scrive la Reuters – I membri dell’Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio controllano quasi l’80% delle riserve mondiali di petrolio insieme a circa un terzo della produzione mondiale di petrolio, e i loro governi fanno molto affidamento su tali entrate».
Nel testo non si trova «la parola “eliminazione graduale” che, se attuata in modo sostenibile, è quel che invece servirebbe per una giusta transizione che abbandoni i combustibili fossili, in linea con la scienza e con l’obiettivo di limitare l’aumento della temperatura globale entro 1,5°C – scrive Greenpeace –  Solo l’anno scorso l’industria dei combustibili fossili ha realizzato profitti per 4 mila miliardi di dollari e deve iniziare a pagare per i danni e per la distruzione che ha causato e continua a causare. Questo non è l’accordo storico di cui il mondo aveva bisogno: presenta molte lacune e carenze». E l’associazione ambientalista chiede di fermare con urgenza «tutti i piani di espansione fossili che ci stanno spingendo oltre il limite di 1,5°C».
«La scelta paradossale di riunire 195 stati negli Emirati Arabi, uno dei principali paesi produttori di petrolio, e di dare al ministro Sultan Al Jaber, che dirige l’azienda petrolifera statale, la presidenza di una conferenza decisiva per invertire una rotta che sta portando al collasso climatico, fin dall’inizio è stato un pessimo segnale politico» commenta Barbara Nappini, presidente di Slow Food Italia.
«Le aspettative legate alla Dichiarazione degli Emirati sull’agricoltura sostenibile, firmata da oltre 150 Stati, al lavoro di Sharm el-Sheikh sull’agricoltura e la sicurezza alimentare e alla roadmap della Fao, sono state deluse dalla mancanza di obiettivi concreti e vincolanti e dall’influenza dei grandi produttori del settore agricolo, principali responsabili delle emissioni di Co2 – prosegue Slow Food – Dopo lunghi negoziati, per la prima volta sono stati citati nel documento finale i combustibili fossili, ma l’accordo sulla transizione verso la neutralità carbonica è zeppo di scappatoie e permetterà ai Paesi di non muoversi con la velocità necessaria per limitare il riscaldamento globale a 1,5°C».
«La cosa più deludente è che, come ci aspettavamo, l’agroecologia non è emersa come elemento chiave e potenziale soluzione per cambiare il sistema alimentare e combattere il cambiamento climatico. Si è discusso molto di fonti energetiche alternative, ma, ancora una volta, non si è messo in discussione il modello attuale di sviluppo, produzione e consumo» continua Nappini.
«Ancora una volta, la Cop28 ha dimostrato come questi incontri globali non guardino al futuro della nostra vita sul pianeta e della nostra salute, ma siano in balìa degli interessi delle multinazionali. «Fortunatamente, le amministrazioni locali e la società civile stanno compiendo passi più concreti per affrontare le sfide quotidiane legate alla crisi climatica e alla perdita di biodiversità. Il futuro è nelle mani delle comunità e della collaborazione fra chi è realmente interessato alla transizione verso la sostenibilità» conclude Nappini.
«Pessima la menzione dei combustibili per la transizione, una transizione che gli interessi del gas tendono a rendere infinita ed enormemente più dispendiosa, proprio perché consistenti fondi tengono in piedi il sistema fossile – scrive il WWF – Controproducente anche l’inclusione di nucleare e cattura e stoccaggio del carbonio, elencati come tecnologie a zero e a basse emissioni. Il testo finale invita tutti i Paesi a seguire la scienza del clima dell’IPCC e afferma l’obiettivo di limitare il riscaldamento globale a 1,5°C, ma le indicazioni della decisione non sono in linea con questo obiettivo. Per un pianeta vivibile abbiamo bisogno della completa eliminazione di tutti i combustibili fossili e della transizione verso un futuro di energia rinnovabile nonché a un sistema votato a risparmiare energia e risorse e a usarle nel modo più efficiente possibile».
«Nel testo sentiamo ancora gli interessi non solo dei Paesi produttori di idrocarburi, ma soprattutto delle potenti compagnie occidentali, incluse le nostre, che i combustibili fossili li estraggono, gestiscono e vendono, insomma di coloro che cercheranno di farci comprare, a caro prezzo, sino all’ultima goccia di petrolio e molecola di gas naturale» conclude il WWF.
Per Legambiente l’accordo siglato dalla Cop28 presenta «tre talloni d’Achille legati al ricorso alle tecnologie d’abbattimento di emissioni di anidride carbonica e all’utilizzo di fonti fossili come combustibili di transizione per garantire la sicurezza energetica. È inoltre mancato un serio impegno per la finanza climatica indispensabile per aiutare i paesi più poveri e vulnerabili ad accelerare la fuoriuscita dalle fossili».
«Ora i Paesi devono dimostrare azioni decise, senza più tentennamenti o inspiegabili rinvii, perché il tempo incalza e la crisi climatica avanza ad un ritmo sempre più veloce – scrive ancora Legambiente – Ben venga l’impegno a triplicare le rinnovabili e a raddoppiare l’efficienza energetica. Ora l’Italia deve fare la sua parte. Ci aspettiamo un deciso cambio di passo con la definizione di una road map nazionale per la decarbonizzazione che preveda in primis una revisione ambiziosa del PNIEC per ridurre almeno del 65% le emissioni entro il 2030, mentre la versione attuale ci consente solo il 40%. Altro passo importante per l’Italia dovrà essere la rimodulazione e la cancellazione dei sussidi ambientalmente dannosi entro il 2030. Il nostro Paese, sino ad oggi, si è dimostrato pro-fossile e poco rinnovabile. Nel 2022 i sussidi ambientalmente dannosi sono stati più che raddoppiati arrivando a quota 94,8 miliardi con i decreti per l’emergenza bollette causata dalle speculazioni sul gas; mentre le rinnovabili sono ferme sulla carta con 1.400 progetti in valutazione al MASE e in ritardo per le mancate semplificazioni. Solo investendo sulle rinnovabili l’Italia potrà colmare l’attuale ritardo e centrare l’obiettivo climatico del 65%, in coerenza con l’obiettivo di 1.5°C, grazie soprattutto al contributo dell’efficienza energetica e delle rinnovabili».
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