Picchi di particolato fino a 10 volte più alti rispetto a dove l’aria può considerarsi pulita. Punte di biossido di azoto che raggiungono livelli elevati, 4 o 5 volte il livello considerato non nocivo per la salute umana, in prossimità delle navi. E ancora valori di “black carbon” il cosiddetto nero fumo, a loro volta oltre 10 volte più alti di quelli che si riscontrano dove l’aria è pulita. È il risultato delle misurazioni condotte nel porto di Trieste da Cittadini per l’Aria in collaborazione con altre associazioni.
Picchi di
particolato fino a
10 volte più alti rispetto a dove l’aria può considerarsi pulita. Punte di
biossido di azoto che raggiungono livelli elevati,
4 o 5 volte il livello considerato non nocivo per la salute umana, in prossimità delle navi. E ancora valori di “black carbon” il cosiddetto
nero fumo, a loro volta oltre 10 volte più alti di quelli che si riscontrano dove l’aria è pulita. È questo il risultato delle misurazioni condotte nel porto di Trieste dal
30 settembre fino al 3 di ottobre 2023 da Cittadini per l’Aria in collaborazione con
Legambiente,
WWF Trieste,
Gruppo Locale di Trieste di Greenpeace,
XR,
FIAB e
Fridays for Future e il supporto tecnico dell’esperto
Axel Friedrich che collabora con la ONG ambientalista tedesca,
NABU.
“Secondo le stime
pubblicate dai ricercatori in un importante studio pubblicato poche settimane fa sulla rivista Lancet,
a Trieste l’inquinamento navale causa la morte prematura di quasi 80 persone all’anno” osserva Anna Gerometta, presidente di Cittadini per l’aria, associazione che dal 2016 partecipa in coordinamento con numerose ONG europee alla campagna per l’istituzione dell’Area a Controllo delle Emissioni navali nel Mediterraneo. “Un bilancio insopportabile che indica che l’industria navale deve al più presto agire per ridurre il suo carico inquinante sulle città che ospitano le sue navi e sul nostro ambiente e che è fondamentale sostenere con forza il processo verso l’adozione di un’area NECA nel Mediterraneo”.
Il Dr. Axel Friedrich, esperto che ha effettuato le misurazioni, rileva che “l’impatto delle navi da crociera e dei traghetti è largamente sottovalutato. Chiunque può vedere i grandi sfiati che escono dai camini e che contengono grandi quantità di particolato ultrafine e di altri inquinanti come gli ossidi di azoto. Ciò perché non esistono soglie di emissioni per le particelle e i limiti per il biossido di azoto sono estremamente deboli”.
«Durante i monitoraggi l’esperto ha misurato le concentrazioni di
particelle ultrafini (UFP) in uscita dai camini delle navi e prodotte, secondo la letteratura scientifica, in grandissima quantità dai motori delle navi da crociera – spiega il comitato Cittadini per l’Aria – Così come sono state rilevate quelle di
black carbon, un inquinante derivante dalla combustione incompleta dei carburanti e riconosciuto essere un potenziale
cancerogeno per l’uomo, che ha raggiunto livelli di
7.000 ng/m³ (pari a 7 μg/m³). Per quanto riguarda il biossido di azoto
NO2, (biossido di azoto), gas che ha origine prevalentemente dalla combustione di olio pesante e gasolio, le sue concentrazioni sono giunte, seppure per poco tempo grazie al vento che soffiava spazzando via, a
95 μg/m³, un valore quasi quattro volte superiore alla soglia giornaliera indicata a tutela della salute umana dalle Linee Guida dell’OMS sulla qualità dell’aria. Vista la gravità del problema emerso, le associazioni di Trieste coinvolte sentono la necessità di proseguire con un tavolo di lavoro, di prossima costituzione, volto a discutere eventuali proposte pratiche su come approfondire e migliorare la situazione attuale».
«Il monitoraggio è stato eseguito con tre diversi strumenti, un contatore ottico per le particelle, un etilometro per il BC e, infine un monitor per la rilevazione delle sostanze gassose per gli ossidi di azoto (NOx) – prosegue il comitato – Assistiamo oggi a un rischio in più per l’ambiente. In un estremo tentativo di risparmiare evitando di utilizzare carburanti più puliti, le compagnie di trasporto marittimo, per riuscire a rispettare i nuovi limiti sul contenuto di zolfo dei carburanti navali entrati in vigore nel 2020 senza rinunciare all’uso dell’olio pesante, il carburante più economico sul mercato e prodotto con gli scarti della raffinazione, stanno adottando i cosiddetti scrubbers, sistemi che “lavano” i fumi di scarico rilasciando in mare l’acqua, carica di sostanze tossiche e/o contaminate, usata per questi lavaggi. Con l’Unione Europea che chiede al settore del trasporto marittimo di dimezzare le proprie emissioni entro il 2030, e rendersi climaticamente neutro entro il 2050, l’estensione della nascente area Emission Control Area (ECA) alle emissioni di Nox e l’adozione di ulteriori misure da parte degli armatori, come l’utilizzo delle banchine elettrificate in fase di predisposizione a Trieste, di carburanti più puliti e sistemi di abbattimento di particolato e NOx oltre a, ove possibile, la riconversione elettrica delle flotte, sono urgenti».
«Gli inquinanti atmosferici emessi dalle navi come particolato, fuliggine, ossidi di zolfo e di azoto
danneggiano la salute umana, l’ambiente e il clima. L’esposizione della popolazione al particolato e al biossido di azoto è associata a gravi problemi di salute come malattie cardiovascolari e respiratorie, ictus e cancro – conclude la nota del comitato – La Commissione europea stima che ogni anno, in Europa, 50.000 persone muoiano prematuramente per l’inquinamento causato dalle emissioni navali. Uno
studio italiano condotto a Civitavecchia (RM) ha concluso che
vivere in prossimità di un porto incrementa del 31% la probabilità di tumore al polmone e del 51% il rischio di morte prematura ricollegabile a malattie neurologiche».
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