Il 5 giugno del 1999 un gruppo di contadini entra nel Centro per la cooperazione internazionale in ricerca agronomica per lo sviluppo(Cirad) a La Valette, vicino a Montpellier. Il drappello, guidato dall’agricoltore e sindacalista José Bové, si dirige verso una serra dove degli scienziati stanno lavorando a un progetto di ricerca europeo sul riso geneticamente modificato e distrugge tutto. È il primo atto del neonato movimento dei Faucheurs volontaires, i «mietitori volontari».
La mobilitazione dei Faucheurs dura diversi anni, aggregando migliaia di persone contrarie alla coltivazione degli OGM. Diffuso specialmente in Francia, il movimento vede nascere degli epigoni in Germania, Portogallo e Gran Bretagna. Non molti lo ricordano oggi, eppure il ruolo dei «mietitori», attivi fino al 2007 con i loro blitz per tagliare i campi sperimentali di colza e mais transgenici, è stato importante nel sensibilizzare il pubblico. Fortemente contrari alla coltivazione e commercializzazione degli OGM, agricoltori, attivisti e consumatori europei hanno costituito un blocco di opinione che ha reso quasi impossibile coltivare piante geneticamente manipolate sui nostri terreni.
Tra pochi mesi tutto questo potrebbe cambiare in modo potenzialmente irreversibile: senza una opposizione ai livelli di quel periodo, i prodotti di una serie di nuove biotecnologie affermatesi negli ultimi quindici anni entreranno nei nostri campi, nei supermercati e nei piatti. Una nuova proposta avanzata dalla Commissione europea, al vaglio dell’Europarlamento e degli Stati membri, intende infatti alleggerire le disposizioni attuali, rendendo impossibile ad agricoltori e consumatori evitare gli OGM di nuova generazione. Il governo italiano, che negli anni ha provato invano a superare l’opposizione del pubblico, è oggi tra quelli che tirano la volata alla deregulation. Con l’avallo del Parlamento, ha decretato una riduzione nei controlli per la sperimentazione in campo dei nuovi OGM fino alla fine del 2024.
Un passo alla volta, si sta allentando l’approccio precauzionale alla manipolazione genetica, che oltre vent’anni fa ha spinto le istituzioni nazionali e comunitarie a darsi regole rigide per la produzione e la vendita di organismi geneticamente modificati. Queste norme obbligano, ancora oggi, chi vuole commercializzare in Ue un prodotto che contenga OGM alla previa valutazione del rischio, alla tracciabilità e all’etichettatura. Inoltre, occorre rendere note e identificabili le manipolazioni effettuate in laboratorio per far sì che siano rintracciabili. Ogni Stato membro ha poi facoltà di vietare la produzione di OGM sul proprio territorio. L’Italia, che non coltivava gli organismi geneticamente modificati nemmeno prima, ha adottato questo divieto esplicito dal 2015.
La normativa prudenziale ha fortemente limitato la diffusione di colture OGM in Europa. Piccole quantità di mais Monsanto sono coltivate in Spagna, Portogallo, Slovacchia, Romania e Polonia. Prima delle prossime elezioni europee, tuttavia, il quadro potrebbe cambiare totalmente. Sono diversi e forti gli attori determinati a sovvertire lo status quo: la maggioranza dei governi Ue, l’industria sementiera, le multinazionali agrochimiche, i principali organismi di rappresentanza dell’agricoltura industriale e alcuni centri di ricerca pubblici e privati. Il governo spagnolo, che detiene per questo semestre la presidenza dell’Unione, sta lavorando da luglio per indurre i paesi membri ancora dubbiosi o contrari ad ammorbidire le loro posizioni.
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