Come gli scalatori: la satira di Arianna Porcelli Safonov
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«Ultimamente, una delle operazioni più complicate è riuscire a sparire. Per me, è vero erotismo: starmene un giorno intero sentendo solo i rumori prodotti dalla mia persona stanca che si appoggia alla spalliera del letto, dalle posate che accarezzano le ciotole mentre mi preparo un pranzo leggero…»: la satira di Arianna Porcelli Safonov sul numero di ottobre della rivista Terra Nuova.
L’INTERVENTO DI ARIANNA PORCELLI SAFONOV SUL NUMERO DI OTTOBRE DELLA RIVISTA TERRA NUOVA
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Ultimamente, una delle operazioni più complicate è riuscire a sparire. Per me, è vero erotismo: starmene un giorno intero sentendo solo i rumori prodotti dalla mia persona stanca che si appoggia alla spalliera del letto, dalle posate che accarezzano le ciotole mentre mi preparo un pranzo leggero, dalla musica classica che protegge le mura che custodiscono la mia quiete, come i petali di una magnolia, ma senza quel fastidioso profumo di centro estetico.
Non che latitare sia cosa bella ma, a volte, se ne sente l’esigenza, perché siamo comunque un popolo latino che, si sa, ama non farsi trovare per genetica. Passare del tempo da soli, in un posto dove nessuno potrà trovarci, riuscire a skippare impegni professionali e familiari per rifugiarsi in quel piccolo mondo perfetto che è il nostro prepotente volercene star per i cazzi nostri è l’unico, vero elisir di bellezza che le tecniche di meditazione cercano di replicare, facendoci restare in compagnia del respiro, quando basterebbe lasciarci liberi di dedicare un giorno della settimana all’eremitaggio, una domenica riservata alla cura silenziosa della nostra persona, lontana dai luoghi di aggregazione, dagli sport di gruppo, dai pranzi in famiglia, dalle stories.
Riuscire a far perdere le tracce di noi è uno dei lussi più inaccessibili della pensione a cinquant’anni, di un lavoro retribuito a vent’anni, di una crema di bellezza che funzioni per davvero.
Non incontrare nessuno che possa dire ai poliziotti di averci visti, non postare nulla sui social che possa far intuire le nostre intenzioni, non avere addosso dispositivi che ci geolocalizzino mentre siamo impegnati a trovare un posto per starcene un po’ da soli: questo è il vero narcotraffico, l’operazione più illegale e in controtendenza che si possa mettere in pratica, anche senza far parte di associazioni a delinquere.
Riuscire a far perdere le tracce di noi è uno dei lussi più inaccessibili della pensione a cinquant’anni, di un lavoro retribuito a vent’anni, di una crema di bellezza che funzioni per davvero.
Non incontrare nessuno che possa dire ai poliziotti di averci visti, non postare nulla sui social che possa far intuire le nostre intenzioni, non avere addosso dispositivi che ci geolocalizzino mentre siamo impegnati a trovare un posto per starcene un po’ da soli: questo è il vero narcotraffico, l’operazione più illegale e in controtendenza che si possa mettere in pratica, anche senza far parte di associazioni a delinquere.
Non ci riescono neanche più gli scalatori: un tempo li vedevamo partire da soli e li ritrovavamo in conferenza stampa che raccontavano la spedizione con materiale fotografico approssimativo, non coi selfie fatti coi bastoni, a novemila metri di altezza, vestiti dai marchi montanari di alta moda.
Oggi scaliamo i monti con venti sherpa e sessanta droni che sorvolano il cielo per controllare che sia tutto a posto, tutto affrontabile dalla nostra personcina depilata e levigata, ma l’unica cosa che appare veramente impossibile da affrontare è la possibilità di starcene con la nostra pelle, in perfetta, criminale modalità irrintracciabile: pronti a delinquere?
Arianna Porcelli Safonov, nata a Roma e laureata in Storia del costume, ha scritto due libri umoristici, Fottuta Campagna e Storie di matti (Fazi Editore), ed è performer di monologhi di satira e critica al costume sociale. Dal 2018, collabora con l’Università di Pavia, con una docenza legata alle tecniche di improvvisazione applicate agli ambiti manageriali.
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