«Se l’immaginario di molti di noi non fosse colonizzato da bucoliche mucche al pascolo, contadini sorridenti e fornai di Hollywood, sicuramente scenderemmo in piazza a protestare in massa. Non potrebbe essere altrimenti se un numero sufficiente di persone si rendesse conto che miliardi di euro delle nostre tasse, sottratte da una busta paga tra le più basse d’Europa, vanno a sostegno di un’industria alimentare che uccide la fertilità, la biodiversità, la giustizia sociale e infine anche noi, generando lungo il proprio cammino una miriade di altri costi pubblici – sanità, dissesto idrogeologico, emissioni climalteranti.
Invece assistiamo a un grande paradosso: l’agricoltura biologica e biodinamica, nata per coltivare un cibo senza veleni e ingiustizie, abbattere la CO2, tutelare la nostra salute e quella del suolo, vengono additate come il vero ostacolo alla sovranità alimentare e come un lusso per le élite (leggetevi le voci Wikipedia «agricoltura biologica» e «agricoltura biodinamica» per rendervi conto di fin dove arriva questa propaganda).
Certo, il prezzo al dettaglio del bio è solitamente più alto rispetto al convenzionale, ma il vero motivo è che quest’ultimo può contare su generose sovvenzioni, braccianti sottopagati e una manciata
di multinazionali che fa cartello per proteggere un sistema che controlla il mercato degli ingredienti e i mercati di sbocco. Insomma costa meno, perché sono altri a pagare, la popolazione in primis.
Il problema è sistemico, e va affrontato come tale, al di là della retorica del consumatore consapevole: siamo arrivati al punto in cui se al cibo fosse applicato il suo costo reale – più o meno il doppio di quello di adesso – si manderebbe all’aria l’intera società, ma non applicandolo la stiamo mandando all’aria ugualmente.
Per raggiungere l’obiettivo di un cibo sano per tutti, l’obiettivo più importante che possiamo porci oggi date le sue ampie ricadute sulla società e sul Pianeta, occorre innanzitutto andare al di là del ruolo di consumatori e riscoprire quello di cittadini, mettendo in pratica non solo tutte le azioni possibili dal basso – consumo critico, autoproduzione, orti collettivi, gruppi d’acquisto, comunità di sostegno all’agricoltura, solidarietà tra agricoltori, distributori e rivenditori – ma anche e soprattutto esercitando, a livello individuale e collettivo, pressioni a livello politico.
E in tutto questo una delle battaglie più importanti resta quella dell’informazione: è in questo campo che avvengono le più gravi mistificazioni della realtà volte a impedire un reale cambiamento. Addirittura siamo arrivati ad associare al bio la parola «stregoneria», quando la vera stregoneria è quella messa in atto dai poteri forti dell’agroindustria attraverso le pubblicità che vediamo in tv, le ricerche truccate sui pesticidi, l’azione di lobby a livello politico e mediatico.
Il primo passo verso un cibo sano come diritto inalienabile, in effetti, passa proprio dall’ecologia della mente che ogni mese, in queste pagine, cerchiamo di praticare insieme a voi».
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