Vai al contenuto della pagina

Agricoltura biodinamica. Demeter: «La scienza spiega il legame tra corno e letame»

homepage h2

Dopo il lungo iter di revisioni è stato pubblicato su  «Environment,Development and Sustainability» un articolo accademico basato su un lavoro di ricerca durato circa quattro anni e coordinato dall’associazione culturale Professione Biodinamica. L’articolo spiega il legame tra corno e letame, che costituiscono una preparazione usata in agricoltura biodinamica, come spiega Demeter. 
Agricoltura biodinamica. Demeter: «La scienza spiega il legame tra corno e letame»
Dopo il lungo iter di revisioni è stato pubblicato su  «Environment,Development and Sustainability» un articolo accademico basato su un lavoro di ricerca durato circa quattro anni e coordinato dall’associazione culturale Professione Biodinamica. L’articolo spiega il legame tra corno e letame, che costituiscono una preparazione usata in agricoltura biodinamica.
L’articolo si intitola «Metabarcoding analysis of the bacterial and fungal communities during the maturation of preparation 500, used in biodynamic agriculture, suggests a rational link between horn and manure»[1], che tradotto significa: «L’analisi del metabarcoding delle comunità batteriche e fungine durante la maturazione del preparato 500, utilizzato in agricoltura biodinamica, suggerisce un legame razionale tra corno e letame», dove il metabarcoding è un tipo di mappatura del DNA che consente di identificare contemporaneamente tutte le specie presenti in un campione. 
Gli autori sono: Marina Zanardo, Matteo Giannattasio, Gaurav Sablok, Massimo Pindo, Nicola La Porta, Michele Lorenzetti, Carlo Noro, Piergiorgio Stevanato, Giuseppe Concheri, Andrea Squartini. 
Cinzia Scaffidi, dell’ente di certificazione Demeter, ha intervistato Michele Lorenzetti, consulente enologo biodinamico e titolare dell’azienda Terre di Giotto (Vicchio del Mugello, in provincia di Firenze) che ha ospitato parte dell’attività in campo necessaria alla ricerca. Riportiamo di seguito l’intervista.
Proviamo a riassumere i risultati di questa ricerca?
«La domanda base che ha avviato il lavoro è stata: come evolve il letame all’interno del corno? E la risposta a questa domanda ha due versanti: da un lato quello microbiologico, che ci dice cosa cambia nella composizione del letame durante i sei mesi in cui resta nel corno e sottoterra. Su questo già c’era letteratura scientifica, c’erano i lavori di Piccolo, Spaccini, Giannattasio, Squartini, solo per citarne alcuni, pubblicati nel 2012 e 2013 [2], che avevano analizzato il letame prima e dopo e avevano già osservato delle differenze sostanziali nella composizione. Ma l’altro versante, quello che si chiede come mai la composizione cambia, cosa succede, quali sono i meccanismi evolutivi di questa sostanza, e cioè perché bisogna proprio utilizzare un corno, che ruolo ha il corno nell’evoluzione del letame, ecco, questa parte rappresenta la novità di questa ricerca. Il percorso è iniziato con il prelievo della fatta, ovvero del letame fresco, appena depositato da un animale che ha vissuto per almeno 7-10 giorni esclusivamente al pascolo su prato polifita. Vuol dire che questo animale non ha avuto null’altro da mangiare, non aveva una stalla dove trovare razioni proteiche o altre integrazioni di cibo».
Perché dopo 7-10 giorni di vita al pascolo?
«Perché i primi giorni in cui un bovino passa dalla stalla al solo pascolo, il letame è più liquido, l’intestino deve ancora smaltire i residui dell’alimentazione da stalla. Dopo almeno una settimana invece è della consistenza giusta».
Quali sono le caratteristiche microbiologiche del letame fresco?
«Da qui parte il ragionamento. Perché il letame fresco ha caratteristiche completamente diverse rispetto al cornoletame, cioè al contenuto del corno dopo 6 mesi di interramento. Il letame appena prelevato dal prato ha un’alta presenza di funghi e pochi batteri, mentre il cornoletame presenta una situazione opposta: molti batteri e pochi funghi. Il fungo più importante di tutta questa storia si chiama Chrysosporium vallenarense ed appartiene all’ordine degli Onygenales».
Non me lo ricorderò mai…
«Non importa, basta che ricordiamo il nome dell’ordine, Onygenales, perché onyx in greco significa unghia. Le unghie, gli artigli, i peli, i capelli e le corna hanno una caratteristica in comune: sono costituiti prevalentemente da cheratina. La cheratina è anche presente nella struttura di una parte dello stomaco dei bovini, il rumine, che sminuzza, attraverso movimenti peristaltici, le fibre vegetali.  Visto che la cheratina si consuma in questi movimenti digestivi (e poi si rigenera come tutti i tessuti), i funghi trovano nello stomaco dei bovini un habitat ideale perché si nutrono delle esfoliazioni di cheratina provocate dalla peristalsi».
Sicché questo fungo è presente nel rumine del bovino e viene espulso insieme al letame?
«Esattamente, una parte di questi funghi rimangono nel letame fresco, che ancora contiene parti cheratiniche di cui possono continuare a nutrirsi. La cheratina presente nel rumine giustifica la presenza del fungo, perché i funghi di questo tipo, Onygenales, hanno la capacità di idrolizzare la cheratina: questo significa che sono in grado di rompere la molecola della cheratina. Facendo questo liberano delle frazioni di proteine che sono chiamate peptidi, quelle più grandi o amminoacidi, quelle più piccole. In natura esistono una ventina di tipi di amminoacidi, ma sono pochi quelli ricchi di zolfo come quelli liberati da questo processo, che contengono infatti triptofano e cisteina. I peptidi, detti anche “peptidi segnale” hanno una funzione biostimolante per i microrganismi presenti nel terreno, e quindi promuovono la crescita e la fertilità».
Ma gli amminoacidi e i peptidi liberati dai funghi che scompongono la cheratina che ruolo hanno nell’organismo del bovino?
«Nessuno. Il fungo per metabolizzare la cheratina la deve scomporre, ma il risultato della scomposizione non serve nel rumine, serve solo quando il letame va nel terreno».
O nel corno.
«Certo, e quindi torniamo ai risultati della ricerca. Perché dato che il corno è fatto di cheratina, questi funghi, quando il letame viene messo nel corno trovano una specie di banchetto pronto. Continuano quindi a “mangiare” cheratina provocando la liberazione dei peptidi segnale e degli amminoacidi ricchi in zolfo, entrambi forti biostimolanti. L’elemento chiave sta nel fatto che tutto questo avviene sotto terra, perché il corno pieno di letame viene interrato dall’agricoltore biodinamico. E quindi tutto quel ben di dio in termini di biostimolanti attira nel corno i batteri che stanno nel terreno, intorno al corno, e che entrano a colonizzare quel letame riproducendosi e trovando anche loro il loro posto a tavola».
Sono batteri specifici?
«Lo studio ha dimostrato che, a differenza di quanto rilevato nel letame fresco, in cui come ho ricordato prima ci sono più funghi che batteri, quando il corno viene dissotterrato e si analizza il contenuto microbiologico del cornoletame si rilevano vari ordini di batteri, che hanno funzioni molto specifiche: ci sono quelli che partecipano al ciclo della sostanza organica, che poi raggiunge una struttura più stabile ed evoluta quando diventa humus; ci sono quelli che promuovono il ciclo delle sostanze nutritive e dunque fosforo, potassio e azoto; ci sono quelli che risanano i terreni perché sono in grado di metabolizzare alcune sostanze “estranee”, come gli idrocarburi o alcuni elementi di sintesi».
Quindi il cornoletame può essere utile anche su terreni inquinati?
«Sì, perché la natura si specializza in determinate nicchie trofiche e cerca di adattarsi per lavorare con quel che trova. Quindi questi ultimi batteri hanno una funzione per così dire riparatrice».
E il fungo nel cornoletame non c’è più?
«Si ritrova in basse quantità, proprio perché prevalgono i batteri. Il corno, nel giro di 5 o 6 anni esaurisce la sua cheratina e quindi non funziona più, perché se non c’è nulla “da mangiare” i funghi pionieri non lavorano e quindi non producono le sostanze che attirano i batteri».
Ma al terreno servono i batteri, non i funghi Onygenales.
«Non dimentichiamo che nel corno letame senza i funghi non avremmo i batteri. In ogni caso sì, poi le funzioni principali nel terreno sono svolte dai batteri che vengono distribuiti con il preparato 500.  Sono funzioni di due tipi: da un lato quella probiotica, perché porta nel terreno nuovi microrganismi appartenenti a circa 1600 diverse specie (tutte ritrovate nel corno dopo i sei mesi di interramento); dall’altro lato ha una funzione prebiotica, perché stimola quel che nel terreno c’è già, lo rivitalizza. Anche in un terreno asfittico, inaridito, i batteri ci sono, ma sono inerti, perché non trovano più nutrimento. Il preparato 500 li rivitalizza, li riporta ad uno stato di attività più intenso. Quel che cambia tra un terreno in salute e un terreno indebolito non è la presenza o l’assenza dei microrganismi, ma il loro stato di attività. Poi se ne aggiungi anche, è meglio, ma quelli che ci sono si possono riprendere».
Veniamo al preparato 500. Hai scritto che questo studio toglie finalmente dall’imbarazzo chi deve spiegare perché funziona.
«È vero. Finora entrare nel dettaglio dei meccanismi chimici e microbiologici del preparato 500 era un po’ difficile. Noi sapevamo, come lo hanno saputo generazioni di contadini biodinamici durante gli ultimi 100 anni, che il 500 funzionava e funzionava proprio con quelle modalità di preparazione e quelle modalità di utilizzo, dosi incluse. Ma ci mancava ciò che lo studio ci ha fornito, ovvero il “legame razionale” tra corno e letame. Oggi abbiamo quello e abbiamo anche una spiegazione del perché basta da uno a due etti di corno letame per ettaro: un inoculo di questo tipo fornisce ai primi 20 cm di suolo più o meno la proporzione di batteri che si ritrovano in natura in un terreno fertile e mai coltivato».[3]
Rudolf Steiner aveva già detto tutto questo?
«Ovviamente non in questi termini. Ma aveva evidentemente sperimentato e intuito le cose con una precisione che oggi, alla luce delle conferme che arrivano dalla ricerca, appare straordinaria. Sulle dosi, ad esempio, lui dice di usare il contenuto di un corno diluito in mezzo secchio d’acqua per concimare un campo di 1200mq circa, e grossomodo è quel che si fa oggi. Considera che il metodo biodinamico, anche a livello di disciplinari non dà formule universali, ma indicazioni di massima, poi ognuno deve capire, sul suo terreno, come regolarsi. La pratica e l’osservazione sono centrali nel metodo biodinamico. E soprattutto è centrale l’avere consapevolezza dello strumento che stai usando. Non è come comprare il fertilizzante di sintesi e leggere le istruzioni sul pacchetto. Restano però illuminanti le cose che Steiner disse nelle conferenze: «Interrando il corno di mucca pieno di letame noi conserviamo con il corno le forze che esso esercitava quando era nell’organismo dell’animale, vale a dire la capacità di riflettere forze vitali e astrali. Siccome il corno è ora circondato da terra, tutte le forze connesse con l’eterizzazione e l’astralizzazione irradiano nella cavità interna; il contenuto del corno viene perciò vivificato con le forze che attraggono dal terreno circostante ciò che vi è di vivente e di eterico; il corno va lasciato sotterrato tutto l’inverno, quando il terreno ha la sua massima vitalità»[4]Lui le chiamava forze, noi oggi sappiamo che sono batteri, ma quel che Steiner diceva nella sostanza era vero: il corno attrae qualcosa, stando sotterrato, che modifica la sostanza del suo contenuto e la rende altamente vitale: «Il contenuto del corno raggiunge in tal modo una forza concimante di estrema vitalità»[5].
Pensi che cambierà qualcosa, grazie a questo studio, nella considerazione che la società e in particolare la politica ha dell’agricoltura biodinamica?
«Non me lo aspetto, soprattutto perché c’è ancora troppo silenzio in generale intorno all’agricoltura biodinamica e in particolare riguardo questo studio, che a marzo è stato pubblicato, ma nella versione pre-print è in giro dal 2019 e finora in pochissimi in Italia ne hanno parlato. All’estero invece abbiamo avuto più riscontri: in particolare in Germania, Francia e Inghilterra».
Speriamo allora di innescare un’ondata di visibilità… E invece per gli agricoltori cosa cambia, ora che ci sono questi dati a disposizione?
«Intanto cambia il fatto che possono dare una risposta scientificamente fondata a chi chiede loro informazioni sul preparato 500. Ma soprattutto a questo punto non è più indispensabile che i preparati vengano fatti in ogni singola azienda. I microrganismi del suolo sono gli stessi dappertutto nel mondo, quelli che servono allo sviluppo delle piante, e questa è la ragione per cui la stessa pianta può crescere egregiamente anche molto lontano dalla propria zona di origine, se le condizioni pedo-climatiche lo consentono. L’importante è che il cornoletame, che è uno degli elementi distintivi del metodo biodinamico rispetto al biologico, sia fatto bene, affinché svolga le sue azioni probiotiche e prebiotiche, perché la qualità del cornoletame si riflette nella salute del terreno e quindi nella qualità del prodotto agricolo».
[1] Zanardo, M., Giannattasio, M., Sablok, G. et al. Metabarcoding analysis of the bacterial and fungal communities during the maturation of preparation 500, used in biodynamic agriculture, suggests a rational link between horn and manure. Environ Dev Sustain (March, 2023).
[2] Spaccini R. et al. Molecular properties of a fermented manure preparation used as field spray in biodynamic agriculture. Environ Sci Pollut Res Int. 2012 Nov;19(9):4214-25; Giannattasio M. et al. Microbiological features and bioactivity of a fermented manure product (preparation 500) used in biodynamic agriculture. J Microbiol Biotechnol. 2013 May;23(5):644-51;
[3] Giannattasio M. et al. (2013), cit.
[4] R. Steiner, Impulsi Scientifico-Spirituali per il progresso dell’agricoltura, Editrice Antroposofica, Milano 2017, p. 97
[5] ibidem
___________________

LETTURE UTILI

Leggi anche

Per eseguire una ricerca inserire almeno 3 caratteri

Il tuo account

Se sei abbonato/a alla rivista Terra Nuova, effettua il log-in con le credenziali del tuo account su www.terranuovalibri.it per accedere ai tuoi contenuti riservati.

Se vuoi creare un account gratuito o sottoscrivere un abbonamento, vai su www.terranuovalibri.it.
Subito per te offerte e vantaggi esclusivi per il tuo sostegno all'informazione indipendente!