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Ogni cosa (non) è illuminata

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I primi guru della rivoluzione digitale furono dei sognatori. All’inizio degli anni ’90, prima che fossero spodestati dai giganti del web e dai governi centrali, credevano che Internet fosse quel mondo utopico dove tutto diventava accessibile, trasparente e persino gratuito, senza intrusioni del potere. A distanza di trent’anni ci confrontiamo con le macerie di quel sogno.
Ogni cosa (non) è illuminata
I primi guru della rivoluzione digitale furono dei sognatori. All’inizio degli anni ’90, prima che fossero spodestati dai giganti del web e dai governi centrali, credettero di trovarsi di fronte a una svolta epocale dell’umanità. Internet era quel mondo utopico dove tutto diventava accessibile, trasparente e persino gratuito, senza intrusioni del potere. Un mondo che avrebbe spazzato via la burocrazia, semplificato il lavoro, accorciato le distanze tra le persone, regalando nuovi spazi di libertà agli esseri umani.
A distanza di trent’anni ci confrontiamo con le macerie di quel sogno. I rapporti di potere non sono cambiati, mentre la digitalizzazione prosegue inarrestabile, come un treno in corsa, senza un vero conducente. Sarà anche un mondo più veloce, efficiente e illuminato, ma i nostri spazi di libertà sembrano ridursi. Molti di noi si sentono già sorvegliati, temono il controllo e future restrizioni. Personalmente credo che il più grande rischio sia la mutilazione dell’anima. In un mondo governato dagli algoritmi, dove tutto funziona perfettamente, rischiamo di perdere ogni giorno un po’ della nostra natura umana. Anche il nostro modo di pensare e rapportarci agli altri ormai emula quello dei computer: la velocità lascia poco tempo per riflettere e le nostre opinioni sono sempre più polarizzate. Ma cosa c’entrano gli opposti 0 e 1, ossatura del sistema binario, con le sottili sfumature del nostro mondo interiore?
Quella del digitale è una delle ennesime utopie che rischiano di finire male. Liberare gli esseri umani dall’oppressione, dal pregiudizio e dalla schiavitù: era questo il principio che guidò l’Illuminismo, sfociato nei moti della Rivoluzione Francese del 1789. Dopo appena cinque anni quel «fare luce» si rovesciò nel buio totale, con la politica autoritaria del Terrore e il refrain della ghigliottina.
La digitalizzazione oggi porta con sé la stessa illusione del «tutto e subito»; come se con pochi click si potesse cancellare l’errore, trovare l’intru- so, capire chi ha ragione e chi ha torto, sostituire il vecchio con il nuovo, il buio con la luce. Molti di noi ormai l’hanno imparato: il mondo virtuale non è un luogo tanto sicuro. Meglio stare all’aria aperta, quest’estate, sotto le fronde di un tiglio per ripararsi dal sole. Coltivare i propri dubbi e le proprie certezze. Rimanere nell’ombra. E, nel buio della notte, immaginarsi un’utopia migliore.
di Gabriele Bindi, giornalista, musicista e camminatore. Per Terra Nuova ha scritto  Grani antichi (2016), Il cibo ribelle (2020),  Blackout: come affrontare la crisi energetica (2022). Fa parte del consiglio di redazione della rivista.
L’intervento è tratto dalla rubrica “Spunti di vista” ed è stato pubblicato sul numero di luglio della rivista Terra Nuova.

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