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L’anima in giardino: psicosofia sinergetica e coltivazione di sé

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Francesca Grassi, co-autrice del libro “Psicosofia, un ponte tra psicologia e spiritualità”, ci accompagna in questo suggestivo “viaggio” nel giardino come metafora dell’anima, spiegandoci come ciò si collega alla psicosofia sinergetica.
L’anima in giardino: psicosofia sinergetica e coltivazione di sé
Francesca Grassi, co-autrice del libro  “Psicosofia, un ponte tra psicologia e spiritualità”, ci accompagna in questo suggestivo “viaggio” nel giardino come metafora dell’anima, spiegandoci come ciò si collega alla psicosofia sinergetica.

«Qual è il ponte che collega il giardino e l’anima nella visione della psicosofia sinergetica? Il giardino è metafora della nostra anima e la psicosofia sinergetica è lo spazio in cui fare pratica di giardinaggio animico. Avere un giardino, o delle fioriere sul terrazzo, o anche un solo vaso sul davanzale della finestra, ci dimostra ogni giorno che le piante, per vivere e crescere, hanno bisogno di essere accudite, così anche il nostro giardino interiore ha bisogno di acqua, di nutrimento, di luce e di aria. Ha bisogno che ce ne prendiamo cura – scrive la dottoressa Grassi – Possiamo prendendoci cura del terreno della nostra anima in molti modi, a seconda delle necessità del momento di vita: liberandola dalle erbe “vagabonde” che hanno conquistato i nostri terreni interni abbandonati, smuovendo le nostre zolle inaridite dalla mancanza di nutrimento, consolidando i bordi ceduti del nostro spazio, preparando con pazienza il nostro terreno per la semina o la piantagione, concimando e fertilizzando con il materiale di scarto maturato, annaffiando con delicatezza i nuovi germogli, sorreggendo con i tutori le nuove e delicate piantine, potando i rami ormai secchi e poi infine potendosi sedere ad ammirare la bellezza della vita in tutte le sue manifestazioni». 

«Quando accolgo una persona nella mia stanza di lavoro, è come addentrarsi insieme in un giardino segreto in cui l’anima può “nascondersi, perdersi e ritrovarsi”. Il mio intento come psicosofa è offrire un “giardino” dove l’anima possa trovare dimora, dove sia possibile praticare la coltivazione di sé, germogliare nella propria intenzionalità e sbocciare alle possibilità. Uno spazio e un tempo dove prendersi cura della propria natura – spiega ancora la dottoressa Grassi – In un giardino segreto c’è, quasi sempre, un ingresso da varcare, un cancello da socchiudere, una siepe che protegge i confini, una fontana per rinfrescare, una panchina su cui riposare, grotte e anfratti da esplorare, alberi sotto cui distendersi, fiori da ammirare e cogliere, terreno incolto da lavorare e terreno lavorato da seminare. E tutte le volte la sorpresa e la meraviglia di avere accesso a tale fertile espressione della natura umana, mi induce a aspettare con paziente fiducia che si manifesti il genius loci, lo spirito del luogo, che mi guiderà nell’esplorazione».

«Lo psicosofo come il giardiniere è facilitatore di processi vitali nel rispetto dei ritmi della natura perché in giardino si è a contatto con la vita e si collabora con essa. Il suo compito è quello di facilitare, accompagnare, aiutare i semi a germogliare e a diventare ciò che già sono nella loro essenza. La profonda connessione con la natura permette al giardiniere-maieuta di condurre fuori, ciò che è già presente in natura, perché ogni seme ha un’intenzionalità presente e profonda da accogliere e facilitare nella sua espressione – prosegue Grassi – Utilizzare la metafora del giardino è un modo per riflettere sulla condizione umana perché le parole cultura e coltura sfumano una nell’altra, e la coltivazione di sé e dell’anima sgorgano dal medesimo verbo, che può valere per l’atto di coltivare la terra o l’anima. L’impulso a prendersi cura del giardino manifesta la volontà di creare dentro e fuori di noi un rapporto con la natura, che non sia di controllo e sorveglianza, ma di custodia e cura. Fare “giardinaggio animico” è un modo di allearsi con la bellezza, un’alleanza che è un piacere, ma anche un bisogno perché il giardino è un modo colto e sapiente di proteggere la vita e custodirla».
«In giardino impariamo a seguire il ritmo delle stagioni, e che ognuna di esse è bella e necessaria. Sappiamo che anche nel silenzio e nel freddo dell’inverno la natura non muore; sotto la terra scura i semi che abbiamo piantato in autunno attendono e in primavera sbocceranno. Nel giardino dell’anima possiamo imparare ad apprezzare il ciclo delle stagioni della nostra vita. Coltivare i nostri giardini interni ci regalerà colori, profumi, sensazioni, emozioni, ma anche quiete, riposo, tranquillità, consapevolezza in ogni momento della nostra stagione della vita – conclude Grassi – Una delle lezioni più istruttive insite nel giardinaggio è che il giardino non è mai finito, mai completo, non c’è risoluzione, perché un’entità organica che continua a divenire, anche quando un giardino giace addormentato in inverno, sta raccogliendo risorse nel mondo sotterraneo, per riemergere ancora una volta in primavera. Nel ciclo vitale di una pianta possiamo vedere l’interazione tra passato, presente, futuro e osservare un giardino da questa prospettiva insegna la costanza del cambiamento e fornisce una visione di come si possa mantenere l’equilibrio attraverso le transizioni della vita. Nel giardino e in noi». 

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