Infezioni epidemiche nei grilli: caso inquietante non ancora risolto
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Da un report dell’ istituto di ricerca Seo Amsterdam Economics, commissionato dal Ministero degli esteri olandese nel 2019 per valutare il progetto Flying Food in Kenya e Uganda, è possibile leggere la storia della prima epidemia batterica in un allevamento di insetti, fatto che ha sollevato preoccupazioni sulla sicurezza alimentare di questo business.
Da un report dell’ istituto di ricerca Seo Amsterdam Economics, commissionato dal Ministero degli esteri olandese nel 2019 per valutare il progetto Flying Food in Kenya e Uganda, è possibile leggere la storia della prima epidemia batterica in un allevamento di insetti, fatto che ha sollevato preoccupazioni sulla sicurezza alimentare di questo business.
«Nel settembre 2017» raccontano i revisori inviati da Amsterdam «sono stati segnalati i primi casi di morte sospetta di grilli nel sito del progetto in Uganda. Le foto di questi grilli sono state inviate ai partner olandesi del progetto, che hanno concluso che questi grilli erano malati». Un mese dopo, i grilli sono stati trasportati per ulteriori esami nei Paesi Bassi dall’Università di Wageningen, la quale ha concluso che i grilli non erano infettati da un virus ma, piuttosto, contenevano una grande quantità di batteri. A differenza dei virus, che sono in genere specie-specifici, cioè si sviluppano e trasmettono nell’ambito di una specie (anche se quando mutano possono infettare altri organismi), non sarebbe bastato allevare altre specie di grillo.
Nel novembre 2017, l’infezione si era diffusa in molti allevamenti e ben presto i ricercatori verificarono che tutte le strutture in Uganda e in Kenya erano state contaminate. Furono introdotte una serie di misure igieniche per gli allevatori, le quali però non ebbero un effetto sufficiente. Date le dimensioni ridotte e la novità del settore dell’allevamento di insetti a livello mondiale, si sapeva poco sulle possibili cure per i grilli «infetti». Si optò quindi per il trattamento di tutti i grilli, in Kenya, con antibiotici. «Uccidere l’ intera popolazione di grilli e ricominciare con una nuova popolazione sana era l’altra opzione» spiega la Seo nel suo report «ma il trasformatore locale (Mixa) l’ha sconsigliata perché gli agricoltori si sarebbero scoraggiati e avrebbero abbandonato il progetto. Tuttavia, l’uso di antibiotici comportava diversi rischi: non si sapeva quali antibiotici fossero adatti ai grilli e quale fosse il dosaggio da utilizzare; poiché l’origine dell’ infezione era sconosciuta e anche i grilli selvatici erano infetti, poteva verificarsi una reinfezione; la somministrazione di antibiotici avrebbe potuto portare alla formazione di batteri resistenti agli antibiotici; l’industria degli insetti, relativamente giovane e piccola, aveva ancora l’immagine di essere priva di antibiotici, a differenza di altre forme di allevamento in tutto il mondo».
Durante la loro ultima visita nel novembre 2018, gli esperti provenienti dai Paesi Bassi hanno osservato che la malattia era ancora in corso, che gli antibiotici non erano efficaci o non erano stati applicati correttamente, e che l’epidemia aveva colpito tutti i grilli sia in Kenya che in Uganda.
L’articolo è tratto dal numero di aprile della rivista Terra Nuova che contiene una inchiesta approfondita sulla scelta di portare sulle tavole dei cittadini gli insetti.
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