Recommon: «L’azionariato critico non si può più fare»
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L’azionariato critico in Italia non si può più fare. Anche quest’anno niente accesso in sala per gli azionisti. È il frutto dell’emendamento all’ultimo Decreto Milleproroghe. Ce lo spiega Luca Manes di Recommon sul numero di aprile della rivista Terra Nuova.
L’azionariato critico in Italia non si può più fare. La pratica diffusasi nel nostro Paese da una dozzina d’anni, grazie a realtà come ReCommon, Amnesty International e Fondazione Finanza Etica, consiste nel comprare poche azioni di società importanti nel campo energetico (per esempio Eni ed Enel), finanziario (Intesa Sanpaolo e UniCredit) e del commercio delle armi (Leonardo) e recarsi all’appuntamento annuale dell’assemblea degli azionisti per chiedere conto alle suddette del loro operato. A porre domande scomode e denunciare fatti “incresciosi” nel corso di questi anni sono stati attivisti e attiviste italiane e di altre parti del mondo dove le multinazionali del Bel Paese svolgono una parte della loro attività.
A causa della pandemia Covid, negli ultimi tre anni le assemblee si sono svolte a porte chiuse, di fatto limitando moltissimo il dibattito democratico. Gli azionisti dovevano delegare un rappresentante unico, con domande solo in maniera scritta.
Ma anche quest’anno niente accesso in sala per gli azionisti. È il frutto dell’emendamento al Decreto Milleproroghe che reitera le disposizioni contenute nel Decreto legge “Cura Italia” del 17 marzo 2020.
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