Psicosofia: non un vero e proprio neologismo, ma sicuramente un’accezione completamente nuova di intendere ciò che significa cura della psiche, un approccio che, come dicono gli ideatori, getta un ponte tra psicologia e spiritualità. E al termine “psicosofia” si aggiunge l’aggettivo “sinergetica”, termine che sposa insieme sinergia ed etica, con l’obiettivo dichiarato di aiutare le persone a comprendere il senso della propria esistenza accompagnando l’anima in questo suo viaggio, laddove sinergia è da intendersi come “cooperazione di più elementi per il raggiungimento di un risultato comune” ed etica come “riflessione filosofica sui principi comportamentali di un individuo o di una società”.
E alcuni psicologi, oggi “psicosofi”, di diverse provenienze hanno fondato di recente in Italia un gruppo che ha deciso di applicare, nella pratica di aiuto alle persone, proprio gli elementi della psicosofia sinergetica.
Come si può tratteggiare la psicosofia nelle sue caratteristiche salienti?
Benedetto Tangocci (BT): «Psicosofia, come detto, non è un neologismo, e anche per questo abbiamo scelto di affiancargli l’aggettivo “sinergetica” per riferirci a quella che riteniamo essere una nuova disciplina, sebbene sia figlia della sapienza antica e delle moderne conoscenze che vi confluiscono. Anche nel nostro libro ripercorriamo i significati precedentemente associati al termine psicosofia, precisando comunque che per noi esso deriva direttamente dall’unione di psyché e sofia, ovvero: sapienza dell’anima».
Monica Forghieri (MF): «La prima fondamentale caratteristica della psicosofia sinergetica è di rivolgersi all’anima umana, piuttosto che limitarsi a parlare alla mente delle persone. A tal fine non possono bastare la logica, l’analisi, la razionalità, il lógos e, pur non rinnegandone certo l’utilità, come guida nella relazione con l’altro sentiamo di dover soprattutto ascoltare quella che ci piace definire “intuizione creativa”. Si tratta di stare nella presenza e da essa guardare con lo sguardo della coscienza più che con quello limitato dell’intelletto, invitando in tal modo l’altra persona a fare altrettanto».
In cosa si differenzia dunque la psicosofia dalla più nota psicologia? E in cosa dunque si differenzia l’opera dello psicosofo sinergetico rispetto al lavoro dello psicologo?
MF: «Per quanto esistano (e soprattutto siano esistiti) psicologi e orientamenti psicologici che attribuiscono importanza ad aspetti spirituali, parlando di psicologia in generale si può certamente affermare che la dimensione spirituale è per lo più esclusa dalla disciplina, o quantomeno che spesso le viene riconosciuto un ruolo molto marginale. Per noi invece si tratta di una dimensione assolutamente centrale, tanto da poterla definire come la “grande cornice” all’interno della quale ogni evento assume il suo significato. Da questa prospettiva le difficoltà che si incontrano nella vita non possono più essere viste in una logica di vittima e se ne diventa semmai responsabili, nella sua primaria accezione di essere colui, o colei, che solamente può e deve rispondere».
BT: «È chiaro quindi che, poiché lo specifico senso spirituale attribuito alla propria vita non può essere incasellato in categorie, diversamente dalla psicologia la psicosofia non prevede né una diagnosi clinica, né protocolli di intervento. Ciò anche perché, date le premesse, non avrebbe alcun senso pensare di standardizzare il metodo o la valutazione dei risultati con esso ottenuto. Ma soprattutto perché, diversamente dalla psicoterapia, o meglio da ciò di cui si occupa gran parte di essa, la psicosofia non si propone di curare disturbi o patologie. Lo stesso termine “cura” trova spazio in psicosofia solo se, privato da ogni sua accezione sanitaria, diviene “prendersi cura” della specifica persona che si rivolge a noi per essere accompagnata nel suo viaggio, parola che ci piace utilizzare, esistenziale e spirituale».
Nel sottotitolo del libro di cui siete curatori si legge: un ponte tra psicologia e spiritualità. In cosa consiste questo “ponte” e come arrivano a essere collegate le due “rive”?
BT: «Per cominciare va esplicitato che tutti gli psicosofi hanno, e devono avere, una laurea in psicologia e/o una specializzazione in psicoterapia, il che rappresenta la prima “sponda del fiume”. Io ho peraltro scelto di mantenere, almeno per adesso, anche la professionalità di psicoterapeuta e di diversificare il mio lavoro in psicoterapia con chi questo mi richiede e psicosofia con chi invece mi contatta a tal fine, pur naturalmente aiutando tutti a comprendere quale sia il percorso più indicato per ognuno. Per quanto invece concerne la “sponda di arrivo” del viaggio psicosofico, nessuno di noi riveste chiaramente un ruolo religioso (e la stessa dimensione religiosa può essere o meno presente nella nostra vita), eppure tutti noi consideriamo prioritaria la ricerca spirituale. Si potrebbe così anche dire che, più che la psicosofia in generale, è lo psicosofo a rappresentare il ponte che unisce le due rive».
MF: «Se si mantiene l’immagine della psicosofia come ponte tra le due rive, va allora detto che ogni psicosofo si colloca su un punto diverso di esso, chi più vicino a una sponda, chi all’altra, pur condividendo tutti il medesimo intento di congiungerle. Io ho ad esempio deciso di interrompere il mio lavoro di psicoterapeuta e di dedicarmi interamente alla mia nuova professione di psicosofa. Coerentemente con tale scelta oggi non faccio mai né diagnosi psicologica, né terapia, né somministrazione di test psicologici, o altro che è di pertinenza della professionalità psicologica. Mi sono distanziata dalla professione psicologica ma rimango grata alla formazione, che mi ha offerto una vasta conoscenza sulla mente umana e sui condizionamenti a cui è soggetta, anche se oggi preferisco chiamarli “incantesimi”. Una conoscenza che risulta a volte carente a figure come counselor, spiritual coach o simili. Per questo abbiamo voluto che la formazione psicologica fosse uno dei requisiti necessari per diventare psicosofi».
Cosa vi ha portato a ritenere necessario dare impulso a questa sorta di “nuova professione e professionalità” in aiuto alle persone che vivono malesseri e situazioni difficili?
BT: «Chiarirei innanzitutto che non ci limitiamo ad aiutare persone che vivono malesseri e difficoltà, bensì ci rivolgiamo a tutti: sia a chi sta attraversando delle situazioni difficili e vuole esplorarne il significato spirituale, sia a chi, pur sentendosi benissimo, sente il desiderio di essere accompagnato nella ricerca del senso della sua stessa vita. Ciò detto, il nostro percorso insieme è iniziato dal confronto con i colleghi di “Sinergetica, Movimento di Libera Psicologia”, con alcuni dei quali abbiamo sentito che i tempi fossero maturi per un nuovo paradigma».
MF: «Ancor prima ci siamo riconosciuti nel cosiddetto “ComunicatoPsi”(1), che per primo ha allertato sui rischi, derivanti da alcuni aspetti della gestione pandemica, per la salute psicologica della cittadinanza. Poi, riflettendo insieme sul valore psicologico della libertà di scelta individuale, sull’autodeterminazione, sul desiderio di una psicologia che non si considerasse sanitaria, e che più che ambire a essere scientifica si fregiasse di essere umanistica, abbiamo scorto dietro a tutto ciò la visione spirituale che ci accomuna. Infine abbiamo voluto rendere esplicita la comune matrice spirituale nella psicosofia sinergetica».
Cosa è importante che sappiano coloro che vogliono avvicinarsi alla psicosofia sinergetica come operatori e come clienti?
MF: «Agli operatori tengo a chiarire che non si tratta di una via per evitarsi gli oneri o gli obblighi previsti per le professioni sanitarie e per quella psicologica in particolare. Lo abbiamo già detto, ma è bene ripetere che si tratta di due professionalità distinte: distinti sono gli obiettivi e distinti sono i metodi. Poi chiaramente, oltre ad avere la già menzionata formazione psicologica, è indispensabile sentire dentro di sé un forte anelito nei confronti della dimensione spirituale».
BT: «A chi desidera intraprendere un viaggio psicosofico, vorrei innanzitutto dire che è un’esplorazione che si fa insieme, non può esserci delega al professionista che esoneri dall’impegno in prima persona. Consiglio di pensare a noi psicosofi come a compagni di viaggio, solo un po’ più esperti nel percorrere alcune “tratte” e forse più preparati alla traversata di quei “valichi” impervi che non si vorrebbe attraversare da soli. Noi non possiamo fare il viaggio al posto di altri ma, probabilmente, per quei sentieri che conosciamo avendoli già percorsi in passato, possiamo offrire un valido aiuto».
Come si diventa psicosofi sinergetici?
BT: «Per prima cosa è necessario diventare membri di Sinergetica, poiché la Psicosofia Sinergetica nasce al suo interno e, anche se non tutti i sinergetici sono psicosofi, tutti gli psicosofi sinergetici devono essere membri di Sinergetica. Per informazioni a riguardo rimando al sito https://sinergeticapsi.org. Successivamente saranno i colleghi che se ne occupano a indirizzare la persona interessata agli specifici percorsi di “autoformazione” pensati per fare emergere la professionalità psicosofica».
MF: «La psicosofia non si impara sui libri, neppure sul nostro, il cui intento è presentarla nei suoi tratti salienti, né frequentando una scuola o ascoltando conferenze. Si potrebbe semmai dire che il percorso che porta a diventare psicosofi è di tipo alchemico, parte dal conoscere se stessi, dal riconoscere le proprie modalità difensive e dall’accogliere le proprie ombre».
Come si approccia lo psicosofo sinergetico alla persona che chiede aiuto? Quale lo sguardo e quale la prospettiva?
MF: «Lo sguardo psicosofico si basa su un diverso paradigma, nel quale anche le consuete coordinate di causa e effetto, o di spazio e tempo, sono reinterpretate in coerenza con la dimensione spirituale. Coerenza è una parola chiave: coerenza del cuore, coerenza tra gli emisferi e, soprattutto, coerenza con se stessi. Coerenza a cui nel corso dei colloqui siamo innanzitutto chiamati noi per primi, così da poterla mostrare e stimolare in chi si rivolge a noi».
BT: «In tal modo il colloquio diventa uno spazio di grande libertà, nel quale può emergere, venire ascoltata e soprattutto accolta la specificità di ogni singolo individuo. Solo così si può cogliere il senso del suo viaggio spirituale e accompagnarne la realizzazione».
Quanti sono attualmente gli psicosofi sinergetici in Italia? Come è possibile contattarli?
MF: «Al momento siamo all’incirca una ventina e più o meno altrettanti stanno terminando il percorso di autoformazione che li porterà a breve a diventarlo. Altri ci auguriamo che vorranno presto unirsi a noi».
BT: «Nel libro sono riportati i contatti degli autori che hanno contribuito alla sua realizzazione e a cui è possibile rivolgersi, individuando il più adatto sia sulla base dell’affinità percepita che su quella geografica, poiché ove possibile il contatto in presenza è certamente da preferirsi. Nei prossimi mesi il sito di Sinergetica sarà aggiornato con l’elenco di tutti gli psicosofi sinergetici in un’apposita sezione che è attualmente in costruzione».
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Leggi il numero di dicembre della rivista Terra Nuova da cui è tratto l’articolo
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