«Il cibo, in tutta la sua filiera, nelle politiche locali, nel suo ruolo sociale e politico – economico, è uno strumento fondamentale e già attivo per ripensare il rapporto con l’economia, con il denaro, con i consumi»: così Raoul Tiraboschi, vicepresidente di Slow Food Italia, nel suo intervento sul numero di dicembre della rivista Terra Nuova.
Ecco il testo dell’intervento di Raoul Tiraboschi.
«Le sfide che questo ventennio ha posto in capo a tutti noi sono straordinariamente impegnative e complesse; richiedono un discernimento profondo e radicale che parte, a mio parere, innanzitutto dalla consapevolezza del ruolo di ciascuno di noi, delle reti famigliari e affettive, di quelle comunitarie, sino alla ripresa piena del senso della politica attiva e partecipata. Sintomatico che proprio in Italia, negli stessi giorni di fine settembre, siano stati realizzati e grandemente partecipati due eventi internazionali, solo apparentemente distanti: «Terra Madre – Salone del Gusto» organizzato da Slow Food a Torino e l’incontro dei giovani di «Economy of Francesco» con la presenza di Papa Francesco ad Assisi. Terra Madre 2022 ha avuto un grandissimo riscontro di pubblico e partecipanti, sintomo della fortissima necessità di ritornare a stare insieme. Anche moltissime istituzioni (dai Ministeri sino a molte città) sono state presenti in maniera importante con i progetti in corso e le sfide del futuro. Allo stesso modo, la presenza della società civile è stata determinante per condividere testimonianze, spunti, percorsi e progetti, che hanno reso evidente quanto sia necessario porre fiducia verso il futuro. Proprio l’impegno di Economy of Francesco ha posto l’accento sulla necessità di un cambiamento radicale del modello di sviluppo, rimettendo al centro l’economia, anche secondo l’impostazione propriamente italiana di Antonio Genovesi che, per primo in Europa, ricoprì a Napoli nel 1754 una cattedra di Economia. Genovesi riteneva che la persona fosse l’equilibrio di due forze: quelle dell’interesse per sé e della solidarietà sociale, evidenziando che la persona sia costitutivamente fatta per la reciprocità. Il mercato era quindi considerato come «mutua assistenza», che trova la sua base naturale nella fiducia nell’uomo, nelle possibilità, nel cambiamento, nel futuro. Questa fiducia si esprime proprio nella condivisione, nel non trattenere, nel mettere in circolo, nel custodire e rilanciare. Condividere cibo è un grandissimo gesto politico, carico di speranza e fiducia. Questo cibo diventa parte di noi: affidiamo noi stessi a qualcun altro, al cibo che qualcun altro ha prodotto. Questa fiducia è molto significativa e simbolica; va a contrastare quanto nel libro dell’Apocalisse viene detto all’angelo di Laodicèa (città portuale in Siria ancora oggi molto importante), ossia: «Tu dici: “Sono ricco, mi sono arricchito, non ho bisogno di nulla”» (Ap 3,17). Il cibo, in tutta la sua filiera, nelle politiche locali, nel suo ruolo sociale e politico – economico, è uno strumento fondamentale e già attivo per ripensare il rapporto con l’economia, con il denaro, con i consumi».
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