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Suolo: in Italia se ne perdono due metri quadri al secondo

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«Il Rapporto ISPRA 2022 sul consumo del suolo evidenzia come in Italia continuiamo a perdere 2 metri quadri di suolo al secondo. Nel 2021 la media è stata di 19 ettari di suolo persi al giorno, vale a dire il valore più alto degli ultimi 10 anni»: così il WWF nella Giornata mondiale del suolo. Terra Nuova dedicherà al suolo uno speciale approfondimento sul numero di gennaio della rivista.
Suolo: in Italia se ne perdono due metri quadri al secondo
«Il Rapporto ISPRA 2022 sul consumo del suolo evidenzia come in Italia continuiamo a perdere 2 metri quadri di suolo al secondo. Nel 2021 la media è stata di 19 ettari di suolo persi al giorno, vale a dire il valore più alto degli ultimi 10 anni»: così il WWF nella Giornata mondiale del suolo. Terra Nuova dedicherà al suolo uno speciale approfondimento sul numero di gennaio della rivista (che trovate in edicola, nei punti vendita del naturale, su abbonamento e sul nostro shop online.
Il WWF Italia lancia l’allarme: «ad oggi 21.500 km quadrati di suolo italiano sono cementificati e solo gli edifici occupano 5.400 km quadrati, una superficie pari alla Liguria. Dalle produzioni agricole a quella del legname, dallo stoccaggio di carbonio al controllo dell’erosione, dall’impollinazione alla regolazione del microclima, dalla rimozione di particolato e ozono alla disponibilità e purificazione dell’acqua fino alla regolazione del ciclo idrologico, sono molteplici i servizi offerto dallo strato superficiale del pianeta. Nonostante queste funzioni importantissime, il suolo continua ad essere invaso, impermeabilizzato e cementificato a livelli impressionanti, tanto che il suo consumo viene considerato uno dei fenomeni più preoccupanti dei paesi sviluppati e, in particolare, del nostro».
«Come evidenziato nel Rapporto, il suolo perso in Italia dal 2012 ad oggi avrebbe garantito l’infiltrazione di oltre 360 milioni di metri cubi di acqua piovana che, restando sulle superfici impermeabilizzate da asfalto e cemento, non sono più disponibili per la ricarica delle falde, aggravando anche la pericolosità idraulica dei nostri territori che dal 2000 al 2019 ha causato 438 morti in Italia (Fonte CNR-Irpi)” scrive il WWF.
«La distruzione dei suoli ha un impatto diretto sulla biodiversità. Ma non solo: il consumo di suolo comporta la distruzione e la frammentazione degli habitat naturali, con effetti significativi anche sulle specie. Mentre la distruzione degli habitat causata dal consumo di suolo ha un effetto diretto e immediatamente visibile, la frammentazione è meno evidente, ma non per questo meno grave, con effetti che possono manifestarsi in un tempo mediamente più lungo – prosegue il WWF – Sempre secondo il Rapporto ISPRA del 2022, quasi il 45% del territorio nazionale risulta classificato in zone a elevata o molto elevata frammentazione. Tale processo contribuisce a rendere elevato il tasso di estinzione a scala globale, tanto che la frammentazione degli ambienti naturali è ritenuta tra le principali minacce alla diversità biologica. Riduce infatti la mobilità delle specie e lo scambio genetico, intaccando nel medio-lungo termine la vitalità delle popolazioni naturali e rendendole più suscettibili agli effetti negativi dei fenomeni locali. Il tutto, peraltro, in un momento storico in cui il riscaldamento globale porta le specie a spostarsi per cercare condizioni fisico-chimiche migliori: spostamenti che però, in presenza della frammentazione, diventano più difficili, se non impossibili».
«Contestualmente, l’elevata frammentazione indotta dal consumo di suolo amplifica la superficie di contatto tra ambienti naturali e opere di natura antropica: la fittissima rete infrastrutturale fatta di strade, autostrade e ferrovie ad esempio, si traduce nell’aumento significativo della mortalità della fauna causata dagli impatti con i veicoli, che a volte provocano gravi danni anche alle persone – scrive ancora l’associazione – Il consumo di suolo e la frammentazione che ne consegue, inoltre, vanno a indebolire anche l’efficacia del principale strumento di tutela della natura di cui le società moderne si sono dotate: le aree protette. Se ridotte a isole immerse in un mare di infrastrutture di natura antropica, i parchi non sono in grado nel lungo periodo di svolgere il ruolo per cui sono state designate: preservare la biodiversità. La frammentazione deve essere ridotta sia attraverso un’integrazione degli strumenti di pianificazione urbanistica e infrastrutturale con le reti ecologiche, sia con interventi di ripristino della naturalità di tanti ambienti che appaiono oggi degradati, in modo che, una volta inclusi all’interno di un sistema di connessione, possano svolgere il loro ruolo in modo efficace».
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