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Alce Nero: «Filiera sicura e sostenibile per un cibo buono per l’ambiente, per chi lo produce e chi lo assume»

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È sempre più evidente come una visione agroecologia della produzione del cibo e della cura della terra sia una delle principali chiavi di lettura per uscire dalla crisi ambientale in cui ci troviamo.  Ed è quanto gli autori sottolineano nella novità editoriale di Terra Nuova, “Verso un cibo senza veleni”.
Alce Nero: «Filiera sicura e sostenibile per un cibo buono per l’ambiente, per chi lo produce e chi lo assume»
La visione agroecologica appare sempre più come la direzione da imboccare per garantire un futuro alle nuove generazioni. E la scelta dell’agricoltura biologica permette di evitare tutta una serie di sostanze chimiche di sintesi il cui impatto è ormai insostenibile. 
Alce Nero, tra i pionieri nella produzione del biologico in Italia, mostra la fondamentale attenzione per l’agricoltura rispettosa dell’ambiente e per il cibo sostenibile e sano e ha sostenuto la pubblicazione del saggio di attualità “Verso un cibo senza veleni”, curato da ISDE Associazione Medici per l’Ambiente (Terra Nuova Edizioni).
Abbiamo intervistato in proposito Erika Marrone, Direttrice Qualità, Ricerca & Sviluppo, Filiere Alce Nero S.p.A. 
Uno dei valori importanti da recuperare è quello della filiera sicura, attenta e sostenibile, che rende il cibo buono per l’ambiente, per chi lo produce e per chi lo assume. Quali sono gli elementi dai quali non si può prescindere per fare in modo di andare in questa direzione?

«Il caso della sostenibilità di Alce Nero è, per certi versi, “da manuale”. La scelta pionieristica e totalizzante del biologico, fatta più di 40 anni fa, assieme a una continua valorizzazione dell’identità del territorio e dei suoi produttori, unita a una crescita economica costante negli ultimi 10 anni e alla solidità finanziaria che ha sempre contraddistinto il nostro modello, ci hanno consentito di posizionarci sul mercato con un ampio assortimento di prodotti che contribuiscono a generare impatti positivi per l’intero ecosistema di riferimento, inclusi i consumatori e l’ambiente. A questo si affianca anche l’attenzione alla dimensione sociale che, nel caso di Alce Nero, va dall’adesione allo standard Fairtrade – nel caso di prodotti provenienti da Paesi del Sud del mondo (zucchero, caffè, cacao ad esempio) – al costante consolidamento di un modello di filiera integrato che prevede legami stabili e duraturi con i nostri produttori attraverso la condivisione di accordi di filiera pluriennali e il riconoscimento di una giusta remunerazione». 

Quali ricadute positive potrebbe avere sull’ambiente, sulla crisi climatica e sulla salute l’adozione del metodo biologico e naturale come metodo base e comune di produzione del cibo?

«Gli impatti positivi del biologico sono ampiamente documentati e riguardano diverse aree di ricaduta strettamente connesse con la qualità del cibo e con la qualità dell’ambiente. Infatti, in caso di gestione dell’azienda agricola con metodo biologico, è possibile rilevare una migliore qualità del suolo (in termini di carbonio organico, nutrienti e acidità ad esempio) e una maggiore biodiversità che produce, tra gli effetti indiretti, accrescimento e diversificazione delle popolazioni di uccelli, insetti e microorganismi terricoli utili. In ottica di consumo, è evidente che i prodotti biologici beneficiano dell’assenza di residui di fitofarmaci e, in tal senso, riducono il rischio di assunzione di sostanze chimiche potenzialmente dannose per l’organismo». 

Non è infrequente sentire l’affermazione secondo cui il biologico non sarebbe mai in grado di soddisfare la richiesta attuale di cibo, mentre invece l’agricoltura convenzionale sì. Cosa ne pensa?
«Credo che quando si fanno tali affermazioni sia molto importante parlare con dati e numeri alla mano. Secondo la rivista Nature, i cali di resa vanno, in media, da un 8 a un 25% e le asserzioni allarmiste si collocano evidentemente al di fuori di dati medi. Inoltre, ritengo che la vera dimensione da considerare non sia tanto quella quantitativa nel breve periodo (nei Paesi industrializzati basterebbe mangiassimo tutti un po’ meno e sprecassimo meno per compensare quella minore produzione) quanto la reale sostenibilità nel tempo di pratiche depauperanti della qualità del suolo che quindi, nel medio-lungo periodo, avrebbero impatti irreversibili in termini sia di qualità che di quantità».
In cosa consiste la vostra idea di sostenibilità e di benessere, per l’ambiente e le persone?
«La sostenibilità per Alce Nero è prima di tutto un impegno alla responsabilità dell’intera filiera nei confronti dell’ambiente, che mette a disposizione le materie prime, e nei confronti di coloro che scelgono i prodotti biologici del marchio. Alce Nero è una Società per Azioni che ha conservato e valorizzato aspetti di norma centrali nelle società Cooperative: i soci sono agricoltori e trasformatori che hanno creduto – investendo per affermare una marca, condividendone produzione e sviluppo strategico, ponendola al centro della propria visione imprenditoriale – nel biologico come mezzo, come l’unico metodo possibile per produrre un cibo che faccia bene alla terra, a chi la coltiva e a chi si nutre dei suoi prodotti. La nostra strategia di sostenibilità ruota attorno al modello di business del Gruppo: Alce Nero con le sue persone si configura al centro di una rete di partner agricoli, industriali e commerciali. In tal senso agisce come un direttore d’orchestra con lo scopo ultimo di generare un giusto profitto mettendo a valore il reciproco saper fare della rete e fornendo al fruitore finale un cibo di elevata qualità».
Il cibo viene visto ormai come una “commodity”, cioè un bene indifferenziato e standardizzato, immagazzinabile e conservabile nel tempo, con un prezzo deciso dalle dinamiche di mercato e meccanismi speculativi. Qual è invece la vostra idea di cibo, e soprattutto di cibo sano? E quali i passi che potrebbero essere utili per riaffermare una cultura del cibo che prenda le distanze dal cibo come “commodity”?
«Il modello agro-industriale di Alce Nero ha come obiettivo, tra gli altri, quello di contrastare il fenomeno di commodizzazione, per ridare identità ai produttori, dignità all’agricoltura e il giusto valore al cibo di qualità attraverso l’applicazione di elementi chiave della sostenibilità: stabilità della propria supply chaingovernancedelle politiche di sviluppo per le economie locali di riferimento, applicazione di pratiche commerciali eque, approvvigionamento  di materie prime di origine certa e definita con requisiti specifici. Attraverso l’attività di ricerca e sviluppo, la relazione continua con i produttori la ricerca di areali specifici e delle colture più vocate intendiamo restituire al cibo il proprio valore sociale ed economico». 

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