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Bocca e denti sani per una salute globale

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Comprendere lo stato di salute generale di un paziente, dal punto di vista fisico e psichico, facendosene carico con un approccio veramente olistico e completo, consente di affrontare al meglio la cura dei problemi della bocca: ce lo spiega il dottor Giuseppe Massaiu.
Bocca e denti sani per una salute globale
Denti, bocca, postura, salute del corpo e della psiche: tutto è collegato e chi, come l’odontoiatra, è conosciuto nell’immaginario collettivo come «dottore dei denti» oggi può veramente incidere positivamente sulla salute generale dei propri pazienti se abbraccia questa visione che lo porta a vedere la persona e i suoi problemi «a tutto tondo».
Lo sa bene il dottor Giuseppe Massaiu che «pratica» da molti anni questa visione, ogni giorno nel suo studio odontoiatrico, in Sardegna, dopo averla approfondita e averne verificato la fondatezza. Il Dottor Massaiu è l’autore della novità editoriale La cura naturale di denti e bocca (Terra Nuova Edizioni). E, con parole chiare e semplici, ci spiega come aprirsi a una prospettiva più ampia della cura della bocca.
Dottor Massaiu, cosa intende quando sottolinea come sia importante prendersi cura non solo dei denti e della bocca per essere un bravo odontoiatra?

«Ho sempre pensato che la responsabilità del dentista non sia solo quella di curare i denti ma anche di tutelare la salute dell’intera persona. La bocca, infatti, ha un’importantissima correlazione con la salute dell’individuo e ha necessità di essere trattata nel rispetto delle sue forme e funzioni biologiche, con una visione e un approccio globali. Per questo ritengo errata la convinzione che un bravo odontoiatra sia solo un «tappatore di buchi». La nostra cavità orale è spesso soggetta a importanti manipolazioni, se si ha una carie si tappa il buco, se manca un dente si fa una protesi e, talvolta, alcune di queste tecniche non vengono effettuate con perizia e competenza ma soprattutto quasi mai nell’ottica della riabilitazione globale che valuti tutte le funzioni primarie di deglutizione, respirazione e masticazione. Non parliamo poi del problema della tollerabilità del soggetto nei confronti della presenza permanente di metalli e composti chimici in bocca che ancora oggi vengono fin troppo spesso utilizzati per le cure dentali, o non rimossi con le opportune tecniche che proteggono il paziente da ingestioni dannose per la sua salute. A questo aggiungiamo il fatto che oltre l’80% della popolazione dei paesi più industrializzati presenta patologie dell’apparato stomatognatico che richiedono l’intervento del dentista, e avremo davanti un quadro abbastanza preciso e preoccupante dei rischi che il nostro organismo può correre se si ignora la salute della bocca. Il livello più alto (e anche più profittevole) della professione odontoiatrica è l’implantologia, la chirurgia che permette di inserire denti fissi, praticamente identici a quelli naturali perduti e talvolta perfino più belli. Al giorno d’oggi, un giovane odontoiatra uscito da un’università italiana, spagnola o rumena può, so soprattutto se entra nel giro delle cliniche low cost, arrivare a posizionare un alto numero di impianti in pochissimo tempo, ma spesso senza sviluppare un rapporto profondo con il paziente. E capita che una terapia non vada a buon fine o che un impianto salti, e non sia lo stesso dentista che aveva preso in carico il paziente a gestire il problema, per cui il paziente si sente disorientato, confuso e insoddisfatto. Tale processo è una diretta conseguenza dell’esasperazione del modello formativo universitario attuale che vuole tecnici super specializzati e focalizzati alla mera operatività, trascurando invece un approccio più graduale e globale». 

Quali sono i rapporti riflessi tra la bocca e il resto del corpo?
«L’organismo umano è composto di organi e apparati. L’integrazione dei differenti sistemi del corpo umano si realizza principalmente mediante il sistema nervoso, che tutto integra e coordina, tanto che è possibile individuare in ogni parte zone riflessogene utili sia in diagnosi che in terapia. Esistono vere e proprie «mappe cutanee» definite «somatotopie», che sono rappresentazioni a livello cutaneo di varie parti del corpo, compresi i visceri, che si possono localizzare sul palmo e sul dorso della mano e del piede, sul padiglione auricolare, sull’iride e via dicendo. Da qui nascono le discipline della riflessologia plantare e palmare, l’auricoloterapia, la iridologia, la riflessologia facciale. Esistono grandi scuole in ogni parte del mondo che si avvalgono di tali tipi di diagnosi e di terapie efficacissime come stimolatorie del sistema neuro vegetativo. La bocca non sfugge a questa tipicità neurologica, anzi è dotata di una grande importanza riflessogena in quanto, oltre ad avere al suo interno la rappresentazione di molti muscoli posturali e statici, cranici e vertebrali, oltreché di molti visceri, permette anche di studiare le caratteristiche disfunzionali e psico-emozionali di ognuno di noi». 
Quali sono dunque gli elementi di diagnosi e di esame obiettivo che il professionista deve considerare quando ha di fronte per la prima volta un paziente?
«I problemi estetici legati alla bocca sono facilmente individuabili da chiunque. Denti storti, accavallati, scuri o perduti si notano immediatamente. In meno conoscono quanti danni possono essere causati da una scorretta masticazione. Dolori muscolari e cranici, articolari, otalgia e vertigini, problemi di digestione sono solo alcuni tra questi. Si pensi che il meccanismo della deglutizione si attiva in media 1500 volte nell’arco di sole 24 ore. Proviamo a moltiplicare questa cifra per giorni, settimane, mesi o anni. Questo infinito micromovimento, se scorretto, può danneggiare il sistema muscolare e scheletrico del cavo orale prima, e del resto dell’organismo poi. Questo perché si tratta di un lavoro che esige la compartecipazione sincronizzata di tutti i muscoli che muovono la mandibola, le guance, le labbra, la lingua e diversi muscoli del collo, attraverso la mediazione dei nervi cranici. Siccome usiamo la bocca anche per respirare, masticare e parlare, dobbiamo anche coordinare queste tre funzioni in modo che, deglutendo, si sospenda la respirazione al momento giusto, per non farci andare qualcosa di traverso, e masticando non si vada a morsicare la lingua o le guance. Un apparato così complesso e sofisticato come quello stomatognatico presenta molti punti vulnerabili. In particolare, i punti statisticamente più colpiti sono 52, ovvero i 20 denti da latte e i 32 denti permanenti, e le funzioni muscolari in cui i muscoli masseteri, temporali, buccinatori, pterigoidei e linguali interagiscono con loro. Da questo deriva che un dentista che non ha studiato a fondo dinamiche «gnatologiche» può non riuscire a individuare le cause profonde che hanno portato i pazienti a presentare agenesie (assenza dei denti permanenti); denti che non hanno spazio (affollati o inclusi); denti distrutti dalla carie; denti otturati male (troppo alti o bassi); denti riposizionati in modo errato ortodonticamente, protesizzati male o estratti lasciando lo spazio vuoto. In ragione di questa mancanza di conoscenza, egli si focalizza di regola esclusivamente sul problema «dente» e non sulla «persona» a cui sta effettuando la visita. Un approccio simile, però, porta solo a soluzioni sul breve periodo, per il semplice principio che, se non si interviene sulla causa profonda che ha generato il problema, questo si presenterà di nuovo in futuro. Faccio un esempio per spiegarmi meglio. Abbiamo Maria, una bella ragazzina in piena adolescenza. Purtroppo, non sorride molto in quanto ha i denti accavallati, cosa che le porta imbarazzo e timore nel mostrarsi agli altri. Un dentista non gnatologo ricorre all’ortodonzia e magari, per velocizzare il tutto e creare spazio in bocca, suggerisce di estrarre due o anche quattro denti sani tra le due arcate. In tal modo la terapia dovrebbe portare a denti dritti e allineati in un anno e mezzo circa, secondo i suoi calcoli. Il problema, però, è che per qualche oscura ragione i denti non tendono a rispettare quella tabella di marcia. Gli anni passeranno a due, poi a tre, ma i denti, seppur orientati meglio di prima, non saranno mai del tutto a posto. L’ho visto accadere dozzine di volte in casi di pazienti ortodontici che sono venuti da me dopo anche cinque anni di terapia inconcludente. Questo perché il problema profondo del paziente non era il dente storto o accavallato (quella era solo la manifestazione più evidente) ma un’abitudine scorretta, una funzione alterata, uno stile di vita scorretto, un atteggiamento emotivo negativo o altro ancora, che non era stato indagato correttamente dal dentista precedente. E questo non per negligenza, ma per ignoranza del problema. Un’alterazione egualmente frequente e anche più grave, perché più difficile da compensare, è costituita dalle disfunzioni linguali: la lingua, infatti, durante la deglutizione si deve appoggiare sul palato sino a stimolare il forame naso palatino, quello che contiene il nervo omonimo, che secondo gli studi di Garliner, che ha sviluppato la Terapia MioFunzionale, porta informazioni e stimolazioni positive al nervo trigemino, generando un input benefico a tutte le funzioni neurovegetative del corpo. Ancora, la lingua in occlusione deve lavorare senza trovare spazi vuoti, dovuti a denti mancanti oppure a incongruenze fra i denti superiori e quelli inferiori. Se questa situazione non viene corretta, la lingua andrà pian piano a de formarsi per chiudere gli spazi vuoti, determinando anomalie posturali specifiche. È importante ricordare che in qualsiasi parte del corpo, quando si modifica la biomeccanica, si modifica la neurologia, ed è per questa legge fondamentale che se si innesca un meccanismo disfunzionale primario, attraverso una catena di eventi riflessi e incontrollabili, si attivano altri meccanismi patologici conseguenti, che inizialmente cercano di compensare i comportamenti scorretti. Col passare del tempo e persistendo la causa disfunzionale primaria con le relative compensazioni, si arriverà a causare modifiche morfologiche che a loro volta diventeranno noxae primarie inducenti altri meccanismi reattivi compensatori e così via in un circolo vizioso sempre più complicato da diagnosticare e da trattare, con conseguente scompenso dell’organismo in toto. In questo schema patologico è ricompresa la comparsa di sintomi nella regione cranica e in parti del corpo lontane dalla bocca, che a prima vista sembrerebbero non avere alcun collegamento con i denti, mentre invece sono a questi strettamente correlati. Grazie al fatto che conosciamo le connessioni delle funzioni orali a quelle del nostro corpo, finalmente capiamo come queste siano responsabili del nostro benessere o del nostro malessere. Quindi lo studio della bocca e della cosiddetta malocclusione racconta la storia, il carattere e le emozioni della persona che abbiamo di fronte».
Cosa è importante che guardino i genitori nei loro figli per capire se i processi di crescita avvengono al meglio?
«Oggi si conosce l’epigenetica e si sa che le reazioni biochimiche generate dalla relazione con l’ambiente sono in grado di modificare i messaggi con cui il Dna comunica alle cellule cosa fare, come e quando farlo, fino a cambiare in maniera stabile ma reversibile ciò che il Dna trasmette, quindi il comportamento delle cellule e quindi di organi e apparati. Un bambino che sin da piccolo ha difficoltà nella respirazione dal naso avrà avuto stimolazioni epigenetiche diverse dallo stesso bimbo che invece poteva respirare bene dal naso. Ad esempio, sappiamo che la respirazione buccale genera uno stato di «agitazione» del sistema neurovegetativo detta simpaticotonia, che genera a sua volta la produzione di tanti ormoni dello stress. Il fattore epigenetico produrrà reazioni biochimiche che con il tempo avranno portato a modificare l’informazione che dal Dna arriva alla cellula e gli dice cosa fare. Tutto ciò fino a generare un cambiamento stabile ma ancora reversibile del comportamento, ad esempio, delle cellule della muscolatura che sono in grado di «guidare» lo sviluppo delle strutture ossee del cranio e della mandibola, creando o meno malocclusione o alterazioni posturali. Osservare il proprio bambino e la sua modalità di respirare sono fattori molto importanti per il corretto sviluppo delle strutture del suo corpo. Quando si vede che un bambino non respira dal naso, ma lo fa dalla bocca sarà compito del logopedista, aiutato dall’odontoiatra che aumenta i volumi interni della bocca, favorire il recupero nel più breve tempo possibile per evitare che questo generi nel medio e lungo periodo problematiche ortodontiche e posturali importanti e sempre più strutturate». 
Qualche esempio particolarmente significativo tratto dalle sue esperienze di cura dei pazienti?
«Mi ricordo Maria Grazia, una giovane di quasi venticinque anni, che si era presentata da me per un quadro di malocclusione accompagnato da un quadro clinico dove il sintomo più importante era «avere la testa fra le nuvole » oltre alla classica triade cefalea, dolori cervicali e russamento notturno. Era accompagnata dalla madre, che la anticipava in ogni momento, finiva ogni sua frase, puntualizzava quanto diceva e facilmente la zittiva per raccontare lei il malessere della figlia. Maria Grazia aveva i denti anteriori diastemati, segno di una disfunzione linguale molto grave, e una mancanza di contatti corretti su entrambi i lati, quasi che i denti non facessero parte di quella bocca. Il lavoro fu lungo e impegnativo in quanto al corretto ristabilimento della occlusione fu associato un minuzioso lavoro nel ripristino del controllo delle funzioni muscolari. Questo fu l’elemento cardine nella terapia, perché più Maria Grazia riprendeva coscienza dell’essere lei la proprietaria delle funzioni del proprio corpo, tanto più si rendeva conto di come queste le fossero state negli anni condizionate dalla presenza di una madre fin troppo presente e predominante. I lati strutturale e psico-emotivo si modificarono insieme e portarono alla creazione in bocca di una struttura stabile nei rapporti di forma e funzione, e nella sua vita a un rapporto più sano e bilanciato con la mamma. Capiamo dunque come quello dell’odontoiatra sia un lavoro complesso che, se fatto con competenza e amore, porta a grandi soddisfazioni per il terapeuta e per il paziente».
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L’intervista è stata pubblicata sul numero di ottobre della rivista Terra Nuova 

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