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“Cereali resilienti”, la biodiversità preservata dal seme alla tavola

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“Cereali resilienti” è il progetto che è stato coordinato dalla Rete Semi Rurali in Toscana per la valorizzazione e la diffusione della popolazione evolutiva di frumento “Solibam Tenero Floriddia”  
“Cereali resilienti”,  la biodiversità preservata dal seme alla tavola
Il progetto è stato condotto nell’ambito del Piano di Sviluppo Rurale (PSR) della Regione Toscana, coordinato dalla Rete Semi Rurali e che si è concluso ad aprile 2022. Ha visto come partner tre aziende agricole: Az. Rosario Floriddia di Peccioli, SAS Progetto Sterpaia di Piombino, Az. Sara Passerini di Torrita di Siena. Partner di ricerca le Università di Firenze e Pisa assieme alla Fondazione Italiana per la Ricerca in Agricoltura Biologica e Biodinamica (FIRAB) affiancati dal Molino Angeli di Pietrasanta.
«Uno degli obiettivi del progetto è stato il collaudo dell’innovazione della popolazione tenero Floriddia attraverso il mantenimento della fonte e della sua diversità e la produzione di semente – spiega Bettina Bussi, genetista responsabile della Casa delle Sementi di Rete Semi Rurali – La popolazione in questione è frutto della miscelazione di centinaia di incroci fra varietà diverse: una operazione volta a creare una cospicua “banca” di germoplasma in continua e rapida evoluzione. L’azienda Floriddia è una delle aziende che hanno ricevuto questo materiale nel 2010 dall’Istituto Icarda di Aleppo attraverso il progetto SOLIBAM e lo ha moltiplicato negli anni verificandone i vantaggi».
«Al fine di favorire l’evoluzione e l’adattamento a differenti ambienti di coltivazione e ai cambiamenti climatici in corso la semente prodotta è stata distribuita in quattro macroaree dal clima omogeneo: collina, pianura, costa e montagna. In ogni macroarea è stata individuata una “azienda madre” affiancata da quattro “aziende figlie” in modo da garantire una distribuzione della semente disponibile per favorire l’incremento della diversità coltivata (adattamento secondario) – prosegue Bussi –  Sono stati inizialmente distribuiti venti quintali di semente, uno per ogni azienda individuata. Il compito delle aziende, ed in particolar modo delle “madri” è stato quello di selezionare e mantenere le popolazioni di frumento in modo da conseguire stabilità di resa e produttiva. È stata eseguita l’analisi degli aspetti socio-economici dell’innovazione nelle singole macroaree attraverso lo studio delle relazioni nelle filiere/comunità locali. Ultimo obiettivo ma sicuramente non il meno importante era il miglioramento della qualità̀ delle farine e degli alimenti che ha portato a un approfondito studio delle farine e alla valutazione dei prodotti».
«Un aspetto affascinante del progetto Cereali Resilienti, per noi che l’abbiamo vissuto dall’interno, è stata l’evoluzione dell’immaginario e del linguaggio che ci ha condotto in un percorso di trasformazione del tutto inaspettato: avevamo puntato molto sul trovare conferma alle sperimentazioni condotte a partire dal 2010 sulla popolazione evolutiva di grano tenero andando ad affinarne le potenzialità adattative sul territorio regionale per offrire ad un numero crescente di agricoltori l’opportunità di trarre beneficio da filiere locali basate su una semente gestita dalla comunità di riferimento» prosegue Rosario Floriddia, agricoltore titolare della omonima azienda a Peccioli.
«Per impostare il progetto abbiamo studiato l’evoluzione prevista degli areali climatici regionali, scoprendo dai calcoli statistici che nei prossimi trent’anni il clima della costa maremmana andrà sempre più ad assomigliare a quello siciliano trasferendo le sue attuali caratteristiche alle zone collinari la cui identità climatica si trasferirà ad oriente. Abbiamo quindi pensato di fondare una “ditta sementiera” per ogni areale ma ci siamo resi conto che qualcosa non andava: non nella ditta di per sé ma nella rigidità dell’immaginario evocato. È nato così il disegno dei sistemi sementieri diffusi che ci hanno condotto a proporre alle singole comunità alternative diverse per la realizzazione della produzione e controllo qualitativo della semente – prosegue Floriddia – Da questo passaggio è nata l’etichetta che attualmente accompagna i sacchi della semente: è una etichetta interamente basata sul concetto “open source” e quindi del tutto priva di valore legale, basando la sua innovazione sul rilancio del patto di fiducia fra gli aderenti. Niente impedisce a chi acquista la semente di contravvenire alle regole riportate in etichetta: è un atto attraverso cui diventa esplicito il chiamarsi fuori dalla comunità che ha contribuito al patrimonio comune identificato nella semente e in tutto ciò che ci sta intorno. Il processo di identificazione delle regole è stato messo a punto attraverso l’incontro con le comunità che adottavano la semente: leggerne le singolarità psicologico-relazionali, la diversità nelle attitudini ha fatto sì che si costruisse una regolamentazione leggibile e riconoscibile alle varie latitudini, in grado di generare appartenenza ma al contempo in grado di soddisfare le necessità di interpretazione di territori diversi non solo dal punto di vista climatico. L’evoluzione della semente non è quindi solamente dipendente dai fattori climatici o agronomici ma anche dal nascere e crescere di nuove relazioni socioeconomiche e culturali».
Ma c’è chi si chiederà perché il nome “cereali resilienti” del progetto.«La resilienza è un concetto fino a pochi anni fa quasi del tutto sconosciuto ai più: ne è cresciuto rapidamente l’uso tanto da trasformarsi presto in abuso ed oggi ci ispira diffidenza quando ne leggiamo o ne ascoltiamo la ridondante citazione nei TG o negli spot pubblicitari. A suo tempo ci ha ispirati e convinti – spiega Claudio Pozzi, animatore del territorio, coordinatore di Rete Semi Rurali – L’idea di base che avevamo delle popolazioni evolutive era proprio la capacità di sapersi affermare in un’epoca di grandi turbolenze climatiche grazie alla incommensurabile diversità del patrimonio genetico che le contraddistingue. Quando abbiamo avuto l’opportunità di costruire intorno alle popolazioni un progetto innovativo ci è sembrato un titolo coerente e lungimirante».
«Siamo convinti che la dinamica vincente per nuovi scenari pacifici oltre che sostenibili e, perché no, resilienti sia da trovare nella equità ambientale ed economica di filiere locali che siano rispettose della qualità della vita delle comunità che ne diventano protagoniste – prosegue Pozzi – E’ nel piccolo e locale che si rispetta il pensiero globale, la consapevolezza di essere tutti cittadini del globo, inseriti in un processo di appartenenza all’organismo Gaia in alternativa alla incivile e brutale colonizzazione del sistema capitalista ormai obsoleto». Il progetto ora, sebbene chiuso nella sua formalità istituzionale, resta del tutto in divenire sui territori coinvolti e nei numerosi altri che si stanno affacciando.
«Da sottolineare come le pratiche attivate in Cereali Resilienti, prima fra tutte la produzione e vendita di sementi eterogenee, abbiano facilitato l’innovazione del Regolamento Europeo sulla produzione e vendita delle sementi biologiche – spiega ancora Rosario Floriddia – Per la nostra famiglia è stato un viaggio importante quello verso l’implementazione aziendale della produzione di sementi: un investimento in termini di competenza ma anche in termini di responsabilità. Il ritorno non sta tanto nella utile differenziazione delle attività imprenditoriali quanto nella crescita della qualità delle relazioni con chi aderisce al progetto alla ricerca di autodeterminazione e resilienza del proprio intraprendere e del proprio territorio. Metteremo a frutto tutto ciò e il tanto altro che non ci è stato possibile citare continuando a scommettere sulle relazioni reticolari che si stanno dimostrando capaci di rigenerare e rilanciare energie da tempo sopite nei meandri dell’industrializzazione dell’agricoltura e della deresponsabilizzazione dell’utente consumatore».
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Le sementi e le pratiche agricole per la nostra salute e quella del Pianeta.

All’origine di ogni cibo, c’è un seme. Il chicco di grano è l’inizio del nostro pane, il seme del foraggio mangiato dalla mucca è l’origine del nostro formaggio e un seme d’uva è la radice dei nostri vitigni e del nostro vino.
Questo libro invita a una nuova collaborazione tra agricoltori biologici e cittadini, tra coloro che coltivano la terra in modo sostenibile e coloro che con le loro scelte di consumo possono condizionare il mercato e le scelte economiche più ampie.
Solo questa alleanza può garantire lo sviluppo di sementi e varietà prodotte e adattate in un’ottica di sostenibilità e di salute del cibo che portiamo in tavola, per far rivivere la biodiversità.
GLI AUTORI
Véronique Chable è agronoma e si occupa di biodiversità, agroecologia e gestione del paesaggio. Guida progetti di ricerca che mirano a incrementare l’agricoltura bio e la conservazione e sviluppo di sementi locali e sostenibili.
Gauthier Chapelle è agronomo e biologo. È stato uno dei pionieri della biomimetica in Europa e dal 2015 promuove la biomimetica “low-tech” anche nell’agricoltura. È coautore di Une autre fin du monde est possible, pubblicato in Italia da Treccani.

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