“Alla semina, cittadini!”: è questo l’emblematico invito che Pablo Servigne rivolge a tutti coloro che vogliono capire veramente come sia necessario cambiare il paradigma attuale di sfruttamento della terra e delle risorse naturali. E lo fa nella prefazione del libro “
Dal seme alla tavola”, che ci accompagna nella comprensione di ciò che abbiamo perso ma che possiamo riconquistare.
«L’agricoltura è un riflesso del nostro rapporto con il mondo. L’agricoltura industriale riflette una relazione di sfruttamento e una visione quantitativa e materialista del vivente. Come se gli esseri umani fossero soli sulla Terra, circondati da oggetti viventi vagamente in movimento. Siccome l’empatia per loro non è affatto sviluppata, diventa facile raccoglierli, radunarli, usarli, ucciderli, lavorarli, mangiarli o venderli grazie a una mega-macchina industriale tecno-economica ben oliata. Beh, quasi… perché, oltre alle questioni etiche che tale comportamento solleva, in particolare sul massacro di massa degli animali o sulla brevettabilità della vita, è ormai risaputo che questa mega-macchina troppo potente non solo è tossica per la biosfera e per il nostro corpo, ma anche terribilmente ingiusta, inefficiente e vulnerabile»: scrive Servigne nella prefazione.
E ancora: «Il libro che avete in mano traccia la storia di questo grande distacco e, di conseguenza, l’immensa perdita di conoscenza e di relazioni intime che noi (umani) avevamo con piante, animali, funghi e microrganismi. E Véronique Chable, Gauthier Chapelle e la loro squadra insistono sul fatto che non è solo una questione di distacco, ma anche e soprattutto della volontà di controllare, “elaborare”, omogeneizzare (linee pure, varietà ibride, meccanizzazione, ecc.). Un mondo globale, freddo e quantitativo. All’esatto opposto, con una visione intima, locale, calda e qualitativa del mondo vivente – chiamiamola “Terrestre” – c’è l’agroecologia, un’etichetta generica che designa tutti questi movimenti multicolori di ispirazione biomimetica: la permacultura, l’agricoltura ecologica, la nuova civiltà contadina, e così via. Ci ispiriamo ai principi del vivente: diversità, cicli, interdipendenza, aiuto reciproco, simbiosi, autonomia, trasparenza, complessità, eterogeneità, lentezza, energie rinnovabili, resilienza, modelli caotici, chimica del carbonio, ecc. Apprendiamo negli ultimi capitoli – molto emozionanti – che questi movimenti “neo-contadini” e “bio” (agricoltori convertiti) sono attivi, creativi e caratterizzati».
«Il risultato è semplice: una sostenibilità radicale. Non è un orizzonte, un’ideologia o un programma politico, è un fatto, un’evidenza e soprattutto una questione di vita o di morte. I semi sono al centro del libro come sono stati al centro di questo processo storico di monopolizzazione della vita. Essi sono una fase vulnerabile del ciclo delle piante, perché sono facilmente controllabili, e quindi logicamente sono l’oggetto di ogni cupidigia industriale. La loro capacità di essere conservati a lungo è stata anche all’origine della creazione degli Stati, della scrittura e della burocrazia, passi indispensabili nella genesi della mega-macchina industriale – prosegue Servigne nella prefazione del libro “Dal seme alla tavola” – Questo bel libro ci prende per mano, ci spiega cosa abbiamo perso in questo lungo processo e quindi cosa dobbiamo riconquistare: modi per uscire da questa barbarie autodistruttiva, per trovare nuove sensibilità».
«Questo libro è uno strumento per le necessarie lotte contadine a venire e per la non meno necessaria creazione di alternative alla mega-macchina industriale. Due percorsi che non possono essere combinati senza un terzo: cambiare il rapporto con il mondo. (…) Alla semina, cittadini!».
_____
Le sementi e le pratiche agricole per la nostra salute e quella del Pianeta.
All’origine di ogni cibo, c’è un seme. Il chicco di grano è l’inizio del nostro pane, il seme del foraggio mangiato dalla mucca è l’origine del nostro formaggio e un seme d’uva è la radice dei nostri vitigni e del nostro vino.
Questo libro invita a una nuova collaborazione tra agricoltori biologici e cittadini, tra coloro che coltivano la terra in modo sostenibile e coloro che con le loro scelte di consumo possono condizionare il mercato e le scelte economiche più ampie. Solo questa alleanza può garantire lo sviluppo di sementi e varietà prodotte e adattate in un’ottica di sostenibilità e di salute del cibo che portiamo in tavola, per far rivivere la biodiversità.
Gli autori
Véronique Chable è agronoma e si occupa di biodiversità, agroecologia e gestione del paesaggio. Guida progetti di ricerca che mirano a incrementare l’agricoltura bio e la conservazione e sviluppo di sementi locali e sostenibili.
Gauthier Chapelle è agronomo e biologo. È stato uno dei pionieri della biomimetica in Europa e dal 2015 promuove la biomimetica “low-tech” anche nell’agricoltura. È coautore di Une autre fin du monde est possible, pubblicato in Italia da Treccani.