Prepariamo con attenzione il nostro prossimo passo di pace. L’editoriale di Nicholas Bawtree, direttore di Terra Nuova.
All’inizio del 2003, quando incombeva la guerra in Iraq, nel mio paesino un signore anziano appese al balcone del condominio una bandiera della pace. Al bar gli amici lo prendevano in giro: «Pensi davvero che la tua bella bandiera colorata possa fermare Bush?». La sua risposta li colse di sprovvista: «Ma cosa avete capito? Io l’ho appesa perché nel mio condominio non fanno altro che litigare!».
Una delle frasi più note del compianto monaco buddhista Thich Nhat Hanh è: «La pace è ogni passo».
Un concetto che lui tradusse in azione durante la guerra del Vietnam lavorando per la pace su entrambi i fronti, motivo per cui fu espulso dal proprio paese natale per trentanove anni.
In questi giorni in cui l’umanità sta affrontando l’ennesimo sanguinoso conflitto, ho riflettuto sul fatto che in fondo anche «la guerra è ogni passo». E che se vogliamo davvero fare dei passi di pace, dobbiamo per forza fare i conti con la nostra propensione alla guerra, con il nostro lato più oscuro.
Lavorare per la pace non significa tanto pronunciare degli slogan, ma confrontarsi ogni giorno con quel campo minato che è la nostra dimensione collettiva per assumere il ruolo delicato e pericoloso degli artificieri: osservare e ascoltare con attenzione, dosare le parole e i gesti, se necessario scavare lentamente attorno a una situazione esplosiva e… disinnescare, passo dopo passo.
Il mondo stesso è un campo minato, e la pace un’oasi che possiamo costruire insieme solo con pazienza, coraggio e una fiducia profonda nell’umanità.
La guerra che vediamo in tv è solo la punta dell’iceberg di una realtà quotidiana e diffusa, che va dai conflitti armati sparsi in tutto il globo alle violenze domestiche nelle nostre case, dalla guerra dichiarata agli animali negli allevamenti intensivi alle bombe chimiche sganciate sulle piante che coltiviamo nei nostri campi. Ognuna di queste guerre finisce inevitabilmente col ritorcersi contro di noi.
Se oggi davanti alle immani violenze innescate dai potenti della Terra ci sentiamo inermi, possiamo provare a non replicare i loro stessi meccanismi, imbracciare il nostro sensore, chinarci sul terreno davanti a noi e preparare con attenzione il nostro prossimo passo di pace.
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