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No Fly Zone. La ribellione dei sorvolati

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I comitati dei cittadini che vivono vicino agli aeroporti, in tutta Italia, denunciano situazioni intollerabili: consumo di suolo, inquinamento acustico, smog, incidenti, irregolarità. Ma gli aeroporti continuano ad ampliarsi e i voli ad aumentare.
No Fly Zone. La ribellione dei sorvolati
Aerei a bassa quota, ad ogni ora del giorno e della notte, rumore, luci, inquinamento, cemento che avanza, rischio di incidenti, abusi: questa è la vita dei «sorvolati» d’Italia, i dannati del traffico aereo. Siamo il paese europeo con più aeroporti (40, secondo i dati Enac), per lo più concentrati nel Nord. E mentre l’Ipcc (il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico) dice chiaramente che per ridurre le emissioni di gas climalteranti il trasporto aereo dovrà essere ridotto drasticamente, ed altri paesi prendono in considerazione di usare solo il treno per viaggi a corto raggio, in Italia continuano i progetti di ampliamento. Dopo la «tregua pandemica» del 2020, la ripresa dei voli è ormai tornata quasi a pieno regime.
«Per noi comitati è un’impresa ardua ottenere i documenti, c’è poca trasparenza, a causa della privatizzazione del settore. Tanti aeroporti mancano di mappe di vincolo, di Valutazione impatto ambientale, o operano con delle irregolarità. Anche per questo ci siamo uniti nel Coordinamento No Fly Zone Italia, per scambiarci informazioni e strategie di lotta» sottolinea Stefania Cappiello, coordinatrice della rete. Dagli anni ’60 vive sotto l’aeroporto Napoli Capodichino: «Negli anni il traffico è cresciuto in modo esponenziale, gli aerei sorvolano case, palazzi, siti Unesco, come il museo di Capodimonte».
Oltre che climalterante, il kerosene (esente da accise) è anche molto inquinante, più della benzina, e viene consumato maggiormente durante le fasi di decollo e atterraggio, spargendo il suo carico nocivo sopra le teste degli abitanti (idrocarburi incombusti, particolato, nano particolato, ossidi di azoto).

Rischi enormi per la sicurezza

Ad ottobre 2021, dopo l’ennesimo incidente vicino l’aeroporto di Linate, che ha causato otto morti, il Comitato locale ha ribadito quanto sia «indispensabile fissare un numero massimo di voli sia giornalieri che annuo, un limite rapportato alla presenza di scuole, ospedali, aziende a rischio incidente rilevante».
«Il nostro aeroporto si trova stretto in un fazzoletto di terra tra il comune di Quinto e il Parco Naturale del fiume Sile, ma in questi anni ha continuato ad aumentare i voli, senza avere la Via (Valutazione impatto ambientale)» racconta Dante Faraoni del Comitato per la riduzione dell’impatto ambientale aeroporto Treviso. «Ogni volta che veniva negata, loro ne ripresentavano una nuova. A inizio 2021, il ministro Cingolani ha dato parere positivo, con blande prescrizioni. È assurdo, abbiamo fatto ricorso». L’associazione di Treviso chiede la chiusura dell’areoporto, perché superfluo e in perdita. «Il paradosso è che le compagnie aeree vengono pagate per utilizzare l’aeroporto. Più voli ci sono, più le azioni dell’aeroporto salgono: le società aeroportuali ormai tengono di più al guadagno in borsa che a quello reale».

I soldi viaggiano alti, i danni restano a terra

«Hanno dovuto spostare una scuola elementare perché era sulla linea di rotta, ovviamente tutto a spese del comune di Quinto, e ora devono anche spostare un asilo nido. Ormai è provato scientificamente che l’esposizione a livelli elevati di rumore può pregiudicare lo sviluppo cognitivo dei bambini. Solo una volta il comune di Quinto ha provato a fare una misera multa (appena 2 mila euro) per superamento del limite del rumore, ma la società aeroportuale si è opposta e non ha pagato» conclude amaramente Faraoni.
Una immensa colata di cemento si prospetta invece intorno all’aeroporto di Venezia, se andrà in porto il progetto del raddoppio, con annessa costruzione della cittadella aeroportuale. I comitati Criavv e No Raddoppio Aeroporto sono furiosi. «Hanno già abbattuto tutti gli alberi che formavano un cordone verde attorno all’aeroporto per far posto ai parcheggi, ora vogliono cementificare i campi agricoli con una gigantesca mossa di speculazione edilizia» dicono.

Spostandoci a Malpensa, la disperazione dei cittadini dei comuni piemontesi a ridosso dell’aeroporto è bruciante. «Un aeroporto che non chiude mai, 24 ore su 24, mai un momento di silenzio, neanche la notte. Siamo a ridosso del Parco Naturale del Ticino, è un disastro incommensurabile anche per la natura. Ora vogliono aumentare i voli cargo, con un piano che prevederà la distruzione di altri 300 mila metri quadrati di brughiera e bosco. Prometteranno compensazioni, ma noi stiamo ancora aspettando le compensazoni del primo ampliamento di 20 anni fa» commentano.

A Bergamo, un comitato si batte per salvaguardare il quartiere Colognola, che subisce le più pesanti ricadute dello sviluppo esponenziale dei voli low-cost Ryanair. «Come è possibile che in assenza di zonizzazione acustica aeroportuale e in at- tesa di Vas (Valutazione ambientale strategica) e Via, l’aeroporto abbia ugualmente continuato il suo sviluppo e abbia avviato opere di ampliamento per 450 milioni di euro?» chiede il comitato. Ma le domande restano «inevase».
Anche l’Emilia Romagna è terra densa di aeroporti: in 217 km ci sono 4 aeroporti (Parma, Bologna, Forlì, Rimini), circa uno ogni 50 km, mentre l’Europa consiglia una distanza minima di 200 km e tante nazioni stanno abolendo tragitti di medio raggio.
L’ampliamento dell’aeroporto di Parma, che verrà trasformato in aeroporto cargo, lo renderà, se possibile, ancora più inquinante. I No Cargo Parma denunciano anche la cementificazione selvaggia per la costruzione dei poli logistici che utilizzeranno l’aeroporto. Finita la «tregua pandemica» tornano i voli anche sopra le teste di 40 mila residenti dei quartieri a ridosso dell’aereoporto Marconi di Bologna. Il comitato Cocompae di Bologna denuncia una situazione pesantissima, anche a causa di una legge nazionale antirumore vecchia e obsoleta.
Per non farsi mancare nulla, in terra romagnola, risorge dalle ceneri il piccolo (e inutile) aeroporto di Forlì, circondato da tre scuole, chiuso nel 2013, per la gioia dei residenti e perché incapace di sostenersi economicamente. «È stato riaperto da poco a carico di privati» spiegano i Sorvolati di Forlì. «Non ci risultano mappe di vincolo né un piano di rischio aggiornato, eppure stanno arrivando 3 milioni di euro di soldi pubblici. Ci chiediamo come sia possibile».

Le difficoltà della via legale

Le battaglie legali in Italia sono costose ed estenuanti, combattute ad armi impari tra piccoli comitati e grandi compagnie. Lo sa bene il comitato di Ciampino che dopo aver ottenuto la riduzione dei voli RyanAir da parte del Consiglio di Stato, si è poi visto annullare l’attuazione pratica da parte del Tar (organo inferiore!) per un nuovo ricorso della RyanAir. «Non capiamo come sia possibile che in Italia la legge non sia uguale per tutti» dichiara il portavoce del comitato, Roberto Barcaroli.
Talvolta, però, i comitati vincono. A Fiumicino e a Siena, grazie ad una grande mobilitazione di massa, negli anni passati è stato sventato l’ampliamento dei rispettivi aeroporti.
Anche a Firenze gli attivisti riuscirono a bloccare l’ampliamento, letteralmente occupando le terre che sarebbero state destinate alla pista. Sventato l’ampliamento, restano ora le problematiche connesse all’aereoporto esistente, in una zona densamente popolata. «Questo aeroporto non ha mai rispettato le prescrizioni del 2003» denunciano gli attivisti dei comitati, che chiedono di ridurre il traffico delle linee a corto raggio, potenziando invece il collegamento ferroviario.
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Articolo tratto dal mensile Terra Nuova Febbraio 2022

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