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Attac: «Pandemia, gestione subordinata a logiche di profitto e rischi per tenuta democratica del paese»

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Arriva dall’associazione Attac un durissimo attacco alla gestione della pandemia e del post-pandemia in Italia: «I confini tra democrazia e autoritarismo sono incerti, in una logica sempre alimentata da rinnovati e successivi allarmi emergenziali che rimuovono la “normalità democratica”».
Attac: «Pandemia, gestione subordinata a logiche di profitto e rischi per tenuta democratica del paese»
La durissima analisi critica arriva da Attac-Roma, che parte stigmatizzando le parole di Draghi, quando ha affermato che “gran parte dei problemi che abbiamo oggi dipende dal fatto che ci sono delle persone non vaccinate”.
«La pubblica dichiarazione di Draghi indica uno strumentale “nemico-bersaglio” (non vaccinati-circa 10% popolazione) su cui distogliere l’attenzione pubblica; svela nel contempo l’uso politico della crisi sanitaria per consolidare il paradigma economico neo-liberale, alimentando le consuete logiche di divisione del corpo sociale: l’immigrato, il povero… il non vaccinato… fino al dissenziente per qualsivoglia tematica» si legge nell’intervento pubblicato sul sito di Attac Italia.
«La gestione globale della pandemia risponde alle dinamiche del profitto, costituisce leva di concentrazione economico-finanziaria e di consolidamento delle pratiche di governo neo-liberista» si legge nella nota. «Le multinazionali, in particolare i colossi tecnologici, farmaceutici e del commercio online conseguono in pandemia super-profitti (…) e hanno inoltre trasformato l’evasione fiscale in un modello di business; distribuito ingenti dividendi ai propri azionisti, arricchendo chi è già ricco, a discapito dello sviluppo dei livelli occupazionali e retributivi dei dipendenti e di ogni generale interesse economico-sociale».
Attac parla del «permanere nel tempo di crisi pandemiche cui fare l’abitudine, con il sotteso invito a sviluppare “resilienza” ovvero silenziosa rassegnazione impotente» e in riferimento al Covid denuncia «enormi interessi economici, commerciali e finanziari che vedono la Commissione europea, il nostro e gli altri governi, acquiescenti agli interessi di Big Pharma e corresponsabili dell’“apartheid vaccinale”». E ancora: «Con il loro monopolio le imprese farmaceutiche hanno fatto pagare agli Stati fino a 24 volte il costo di produzione».
L’associazione sottolinea poi come si sia puntato tutto solo sul vaccino senza nessun altro investimento: «A due anni dall’impatto della pandemia, i governi non hanno finanziato aspetti essenziali per il contrasto al Covid, né il potenziamento del servizio sanitario pubblico in rapporto alle complessive esigenze di salute; nessun investimento per: tracciamento della catena di trasmissione del virus; disponibilità gratuita di tamponi e mascherine; terapie efficaci e tempestiva assistenza domiciliare oltre “la vigile attesa”; sorveglianza attiva, protratta nel tempo, sugli effetti avversi dei vaccini (…); interventi nel sistema scolastico per eliminare il sovraffollamento delle classi e potenziare l’organico con assunzioni stabili, risanare gli edifici scolastici e dotare le strutture di sistemi di areazione e sanificazione delle aule; potenziamento e messa in sicurezza sanitaria del trasporto pubblico urbano ed interurbano; piani sanitari e di generale sicurezza dei luoghi di lavoro pubblici e privati».
Attac prende anche in esame l’imposizione del green pass, con i suoi diversi “livelli”: «A ogni livello corrisponde la minore o maggiore estensione delle attività sociali ed economiche consentite, secondo una dettagliata elencazione di luoghi accessibili» scrive l’associazione.
«Ogni certificazione è soggetta a scadenze diversificate, rinnovi, revoche, ripristini, a seconda delle temporanee situazioni soggettive, in forza di procedimenti burocratizzati non esenti da rilevanti criticità nei rapporti con il cittadino. Sono subordinate alle certificazioni autorizzative anche le attività lavorative nel pubblico e nel privato, l’accesso ai mezzi di trasporto pubblico è ora consentito solo a fronte di super green pass. Un imponente e farraginoso corpo normativo e dispositivo, soggetto a continue modifiche e contraddizioni frutto di mediazioni politiche, incide forzatamente sui molteplici aspetti della vita delle persone, con paventati sviluppi sanzionatori nei casi di trasgressione. Il sistema green pass non muove tanto da ragioni di prevenzione del contagio, quanto dall’intenzione dichiarata di persuadere indirettamente alla vaccinazione, in assenza di obbligo generalizzato. Infatti, sotto il profilo strettamente sanitario ne resta opaca la portata, poiché la trasmissibilità del virus concerne anche i soggetti vaccinati.  Il provvedimento della “certificazione sanitaria” poggia sul vuoto di attività dei governi in settori determinanti per la prevenzione e cura del contagio sul piano del sistema sanitario, scolastico, della mobilità, della sicurezza sui luoghi di lavoro. Lo strumento riveste quindi prevalente aspetto politico soprattutto per gli effetti di disciplinamento sociale».
E ancora: «L’impianto iper-burocratico e sanzionatorio del sistema di autorizzazione: realizza una scorciatoia per non investire sulla sanità pubblica e su tutte le misure di prevenzione e cura, comprese le altre patologie in grave difficoltà di accesso alle terapie; apporta un’ulteriore divisione nel corpo sociale, con conseguenze politiche e ricadute generali in termini di disciplinamento del conflitto; opera una divisione mirata nel corpo dei lavoratori dipendenti, procurando ulteriore frammentazione del mondo del lavoro e nuova condizionalità/negazione del diritto al lavoro; l’obbligo connesso con la sospensione dal lavoro e l’azzeramento del reddito (fino al licenziamento per le categorie precarie) apre contraddizioni gravi con i diritti dei lavoratori e con le norme in materia di sicurezza sul lavoro (il green pass non garantisce la sicurezza dei luoghi di lavoro); scarica in via generale sulle singole persone il costo della “ripresa”, lasciate sole nel vortice pandemico in assenza di un sistema di assistenza e cura rispondente alle necessità della vita; contrasta con il Regolamento UE 953/2021, che stabilisce come sia“necessario evitare la discriminazione diretta o indiretta di persone che non sono state vaccinate per diversi motivi o che hanno scelto di non essere vaccinate”».
Riferendosi allo stato attuale di quella che definisce «democrazia emergenziale», connotata dai «processi di personalizzazione della politica, decretazione di urgenza ed ordinanze/decreti extra-ordinem», Attac afferma come «nella ormai lunga storia emergenziale del paese la pandemia Covid segna un passo più marcato, strutturato e pervasivo nell’alterazione dell’assetto democratico; l’emergenza sanitaria conduce all’emergenza democratica, al distanziamento della democrazia sociale e partecipata. Situazione tanto più erosiva dell’ordinamento, proprio in considerazione che la Costituzione italiana non prevede lo “stato di emergenza” e quindi la temporanea sospensione, regolamentata, delle normali procedure».
«Da due anni il sistema democratico è di conseguenza strutturalmente sbilanciato verso l’autorità esecutiva che, oltre lo specifico ambito della pandemia, permea ogni contesto istituzionale, derubrica le ordinarie procedure legislative e politiche» scrive ancora Attac. «Assume prevalente rilievo nel discorso pubblico la competenza tecnica schermata dalla politica, che non risponderebbe alle esigenze del Paese. I processi di erosione democratica sono modellizzati e introitati nei rapporti tra Stato e cittadini».
Si legge ancora nella nota di Attac: «La gestione della crisi pandemica è improntata alle linee guida della “ripresa” incentrate sulla “difesa del PIL” quale unica ragione sociale, contando sui percorsi sempre più speditivi del crepuscolo democratico. Già sono di nuovo all’opera in Europa i sacerdoti dell’austerità, dello spread, del gas e del nucleare da includere nella tassonomia verde».
«Pertanto, anche nel contesto politico-economico di lungo corso del paese, nessuna soluzione di continuità fra il prima e il dopo pandemia. Come prima più di prima:
  • nel prima, il Servizio Sanitario Nazionale è stato travolto dalla pandemia per le responsabilità delle politiche governative dell’ultimo ventennio: riduzione degli investimenti a favore della sanità pubblica, chiusura degli ospedali e riduzione di posti letto e personale, finanziamenti e convenzioni con il privato, smantellamento della medicina territoriale, assenza del Piano Pandemico; il regime di austerità con la riduzione degli investimenti pubblici ha prodotto povertà e precarietà, crescita insostenibile delle diseguaglianze economiche e sociali;
  • nel dopo, l’impiego delle risorse ora stanziate nella legge di Bilancio 2022 (30 miliardi) continua a non dare risposte alla questione sociale ed anzi aumenta le diseguaglianze: l’ulteriore “deforma” fiscale trascura i redditi più bassi per premiare quelli più alti; sono introdotti elementi regressivi e punitivi per il reddito di cittadinanza e la riduzione dell’indennità alle persone con disabilità; nessun dispositivo è introdotto per arginare la precarietà e strutturare un sistema universalistico di ammortizzatori sociali;
Nonostante persista la pandemia, per la sanità l’aumento previsto in bilancio (2 miliardi) è appena del 1,6% rispetto all’anno precedente (123 miliardi), mentre la spesa militare lievita alla cifra record di 26 miliardi: saranno comprate nuove armi per ben 8 miliardi.
A seguire, il Governo Draghi prevede una riduzione di fatto della spesa sanitaria dal 7,5% del Pil del 2020 al 6,1% nel 2024, ad un livello addirittura inferiore al 2019 (6,5 %): un livello fra i più bassi tra i paesi OCSE, sotto la soglia che l’OMS considera appena sufficiente per il funzionamento di un sistema sanitario. Da ultimo, la legge delega di riforma fiscale prevede la soppressione dell’IRAP, principale tributo di finanziamento della spesa sanitaria;
  • nel contempo, il ddl concorrenza 2021 rimuove ulteriormente gli ostacoli all’apertura dei mercati… con un inquietante salto di qualità: la privatizzazione dei servizi pubblici locali e lo snaturamento del ruolo dei comuni;
  • la partita dell’autonomia differenziata, blindata al confronto pubblico, è in fase di silenziosa realizzazione, quale disegno di legge collegato al NADEF: materie essenziali – scuola, salute, istruzione, ambiente e lavoro – rischiano di essere completamente sottratte alla potestà legislativa statale con prevalenza della sola legislazione regionale, aumentando esponenzialmente le diseguaglianze».

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