Un saluto commosso ad Alberto Grosoli, contadino d’avanguardia, una vita nel mondo dell’agroecologia, testimone degli esordi di Terra Nuova.
Il mondo contadino ha perso una sua stella. Se ne è andato a 63 anni esatti Alberto Grosoli, coltivatore pioniere, bioregionalista, una vita a contatto con la permacultura, la biodinamica, le sperimentazioni negli ecovillaggi. Chi ha incontrato questo amabile ragazzone dall’accento emiliano non si scorderà tanto facilmente il suo carattere forte, la brillantezza del suo pensiero e quella incoercibile voglia di ricondurre ogni aspetto della vita alle radici contadine. Alberto aveva voluto fare della terra delle origini, a San Damaso alla periferia di Modena, la sua ragione di vita. È qui che era tornato dopo le esperienze nelle avanguardie ecologiche, con una permanenza di più anni in Germania all’ecovillaggio di Sieben Linden, dove aveva messo su famiglia. Era tornato ad accudire la madre a coltivare ortaggi e frutti antichi, allevando bovini di razza bianca modenese.
Una mente aperta, un tipo internazionale, che anche se poteva apparire sempre un po’ fuori posto, sapeva dire la sua in ogni contesto. Oltre all’inglese, e a un po’ tedesco, dava sempre del suo meglio esprimendosi in un perfetto dialetto modenese. Scriveva di storia locale ed era un ottimo conoscitore della cultura classica, con particolare riferimento ai vecchi testi di agraria di Columella e di Varrone. “Humus in latino vuol dire terra, a significare che l’uomo è fatto di terra e che la sua umile condizione è quella di ritornare inumato alla terra” ci aveva scritto in un articolo poi comparso su Terra Nuova con il titolo Lode allo sterco di vacca.
La notte del 9 gennaio, giorno del suo compleanno, anche lui è tornato nel grembo della terra e voglio ricordarlo con un pensiero di affetto e riconoscenza. Alberto possedeva la memoria storica di quelle che furono le origini del biologico italiano e la coscienza di quello che ancora oggi dovrebbe essere il senso di questo movimento. Mi raccontò i sussulti dell’epoca e gli esordi di Terra Nuova con i tutti i vividi retroscena del caso. A me che alla fine degli anni ’70 ero appena un bambino, e che conobbi Terra nuova solo diversi anni dopo, i suoi racconti apparvero sempre fantastici e fondamentali. Alberto aveva partecipato ai primi raduni di tutti i visionari in cerca di un nuovo modello di vita. E dette il suo contributo alla nascita di altre realtà sperimentali, dalla spiritualità laica alla costruzione di nuovi modelli di comunità. Di ritorno dalla Germania collaborò con noi alla nascita del Festival Natura Bio in Emilia, che nacque nel 2009 come prosecuzione della Festa della Natura, prima a Rio Saliceto (Re) e poi a Correggio (Re).
Alberto amava riflettere e confrontarsi in modo aperto. Parlava tanto, è vero, ma i suoi discorsi non erano in nessun caso banali. Aveva spirito arguto, e un’anarchia di fondo che non gli permise mai di mettere radici in nessun altro luogo, se non in quello che gli diede i natali.
Studioso di agronomia, storia, filosofia rurale, ha fatto della sua azienda agricola sulle sponde del fiume Panaro un modello di ecosistema coltivato ad agricoltura permanente. Credeva in un biologico autentico, lontano dalle logiche dominanti del mercato che lo getta come merce qualsiasi sugli scaffali della grande distribuzione. Potevi incontrarlo in città, al mercatino della Pomposa di Modena, che trasformava in un occasione di scambio conviviale. Il vero biologico secondo Alberto doveva seguire la logica del vivente: mantenimento della biodiversità, circolarità delle risorse, valorizzazione delle relazioni.
Pur rimanendo un vero visionario era sempre pronto a polemizzare con i parolai e gli ecologisti dell’ultim’ora. Conosceva bene la vita del contadino, le sue gioie e i suoi sacrifici. E per questo era assai critico rispetto a una certa interpretazione dell’agricoltura del non fare modello Fukuoka. Non credeva alle versioni ipersemplificate della vita rurale: la natura va messa in condizione di rispondere al meglio, ma ciò non significa restarsene con le mani in mano! E gli animali, in particolare le mucche, rimanevano per lui il cuore dell’organismo agricolo. Alberto aveva la massima considerazione del letame, e vinse pure la prima edizione del Festival del Letame di Serramazzoni (Mo). È con questo pensiero di circolarità che ti ricordiamo e ti ringraziamo, Alberto: “Dai diamanti non nasce niente. Dal letame nascono i fior…”.
Mancherai soprattutto a quelli come noi, che credono in un mondo più sano, vitale e pacifico, e che preferirebbero sempre parlarne con quelli come te, davanti a una bottiglia di Lambrusco.