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Quando correre diventa meditazione

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La concentrazione è uno stato mentale importante che aiuta ad eseguire qualsiasi compito. Serve per la meditazione, per la conoscenza di sé, per lo studio e per il lavoro. Ma anche per correre. Un invito a riportare consapevolezza nella nostra vita.
Quando correre diventa meditazione
La pratica spirituale consiste nel rivolgere continuamente e deliberatamente la propria attenzione alle domande fondamentali della vita. Chi sono io? Cos’è la vita? Cos’è la morte? Cos’è la realtà? Cos’è la verità? Nel buddhismo, queste domande vengono affrontate principalmente attraverso la pratica di zazen.
Ma questa idea di pratica possiamo applicarla anche ad altri ambiti della vita.
Praticare un’attività significa svolgerla con un’attenzione rigorosa e un profondo desiderio di essere svegli e coinvolti. È un desiderio di capire cosa sta succedendo, non solo alla superficie delle cose, ma ad un livello fondamentale: il livello della realtà ultima.
Ecco allora che essere svegli significa vedere questa realtà con chiarezza. Significa anche non dare per scontati i pensieri, le idee, le credenze o le azioni. Non dare per scontato di sapere e capire ciò che non abbiamo attentamente studiato e profondamente ponderato. […]
Lo Zen non è qualcosa di astratto. Lo Zen è lo studio della realtà, per vivere questa stessa realtà in modo saggio e compassionevole. Ma per poterci riuscire bisogna prima imparare a vedere le cose non come vorremmo che fossero, non come pensiamo che dovrebbero essere, ma come sono realmente. In questo senso, quindi, la pratica è anche un costante impegno a lasciare andare i pensieri, le supposizioni e le distrazioni che ci impediscono di vedere con chiarezza.
La pratica del corpo consiste invece nell’usare il corpo e la mente per comprendere il corpo e la mente con chiarezza. In definitiva, la pratica non è qualcosa di diverso dalla vita. Ognuno di noi passa le sue giornate impegnato in ogni sorta di attività ordinarie: lavorare, mangiare, camminare, dormire. Fare pratica mentre si compiono queste attività significa dedicarvi un’attenzione ininterrotta, «fare quello che fai mentre lo stai facendo», come diceva uno dei miei insegnanti. Il che permette di vedere la natura dell’azione e di chi la fa.

Corsa e presenza mentale

Per molti corridori, correre è un automatismo. Molti vogliono arrivare fino in fondo alla corsa, ma preferiscono non essere lì mentre succede. In entrambi i casi, non fa bene né al corridore né alla corsa. […] Se vediamo la corsa solo come un esercizio e ci concentriamo sulle calorie perse, sui chili persi e sui chilometri percorsi, perdiamo di vista le ramificazioni più profonde di quest’arte. La corsa, come qualsiasi altra disciplina, è un’attività che ognuno di noi deve scegliere di continuare nel tempo. Ogni giorno, bisogna scegliere di correre con la consapevolezza che, come pratica, la corsa deve cambiare come cambiamo anche noi. […]
Ci vuole chiarezza e umiltà per continuare a correre, decennio dopo decennio, mentre il tuo corpo cambia e rallenta. In realtà, ci vuole umiltà per fare qualsiasi cosa per un lungo periodo di tempo e non lasciarsi scoraggiare dai corsi e ricorsi delle proprie capacità e del proprio livello di interesse. Ecco perché stabilire qual è la tua intenzione nella corsa è così importante. Così come avere un impegno chiaro e una disciplina costante. Questi tre elementi, insieme alla concentrazione e alla consapevolezza, sono gli ingredienti necessari per qualsiasi pratica a lungo termine. […]
Senza intenzione, vai senza meta, scegliendo prima una strada e poi un’altra. Dubiti che la strada che hai scelto sia quella giusta. Cambi corsia. Acceleri e poi rallenti. Senza impegno, a lungo andare finisci per annoiarti o stancarti del viaggio, e ti chiedi quando arriverai a destinazione. Ti chiedi perfino se vuoi davvero arrivarci. Senza disciplina, finisci il carburante prima di arrivare a destinazione, e ti sentirai in colpa o scoraggiato quando ti vedrai superare da un’auto dopo l’altra. Ma se sono presenti tutti e tre gli elementi, ti rimane solo la pratica della guida. Andrai avanti momento dopo momento, sapendo che il viaggio richiede tempo e perseveranza.
Una mente stabile e concentrata è la chiave di qualsiasi pratica meditativa. Per poter vedere, bisogna innanzitutto essere in grado di trovare la concentrazione.
Soma Thera, monaco buddhista cingalese e studioso, parlava della concentrazione in questi termini: «Bisogna piantare la coscienza in profondità in un oggetto come un palo saldamente conficcato nel terreno, resistere al tempestoso clamore degli elementi estranei con una sublime ignoranza del non-essenziale».
Per raggiungere l’intuizione profonda, bisogna resistere all’assalto di una serie di immagini, suoni e pensieri che ostacolano la concentrazione. Ma questo «ignorare il nonessenziale» è anche sublime, perché è funzionale alla chiarezza.

Allo stesso modo, quando ci dedichiamo con costanza alla pratica dello zazen o della corsa, ignoriamo il non-essenziale per poterci concentrare sull’indispensabile. Ci atteniamo a un numero circoscritto di cose semplici, almeno nel lasso di tempo in cui cerchiamo di portare a termine una qualche azione.
La ballerina e coreografa Twyla Tharp dice che, quando lavora a un progetto, taglia fuori tutte le distrazioni. Non guarda niente che porti dei numeri (orologi, banconote o bilance), non guarda film, non ascolta musica che non abbia a che fare con il suo lavoro e non fa nessun tipo di multitasking. Questo tipo di concentrazione disciplinata è una forma di rinuncia temporanea alle cose non essenziali che permette a Tharp di liberare tempo e spazio mentale per l’impegnativo compito della creazione.

Ampliare i confini del sapere

Chiunque abbia mai tentato di padroneggiare una forma d’arte sa che l’impegno e la disciplina sono indispensabili. Non so se questa è una storia vera, ma una volta ho letto che lo scrittore Don DeLillo aveva l’abitudine di legarsi alla sedia della sua scrivania con la cintura dell’accappatoio per impedirsi di interrompere una sessione di scrittura.
Nello zazen, facciamo qualcosa di simile evitando di muoverci. Anche se ci sentiamo stanchi, distratti o irrequieti, ci impegniamo a rimanere immobili fino alla fine della sessione, resistendo all’impulso di allontanarci dal nostro disagio. Perché quando ci muoviamo di scatto per evitare il nostro disagio, perdiamo l’opportunità di scoprire che, appena oltre il confine di ciò che possiamo vedere, oltre il bordo di ciò che conosciamo, si trova un mondo di possibilità.
C’è un aneddoto su una bambina di quattro anni impegnata in un progetto artistico a scuola. Passa un’ora, poi due e la bambina non si muove dal suo posto sotto gli occhi della maestra, che la osserva con interesse. Alla fine l’insegnante si avvicina alla bambina e le dice: «Lily, vedo che sei molto occupata a disegnare. Puoi dirmi cos’è?». «Sto disegnando Dio», dice Lily, senza alzare lo sguardo dal suo lavoro. «Ma nessuno ha mai visto Dio», dice l’insegnante, divertita. Lily alza lo sguardo e incrocia quello della maestra. «Lo vedranno tra un minuto».
La concentrazione e la coerenza ci permettono di ampliare i confini di ciò che pensiamo di sapere. Ci permettono di prendere i rischi necessari per realizzare il desiderio che abbiamo espresso con il nostro impegno e scoprire ciò che non è ancora stato rivelato. Ma impegno e certezza non sono la stessa cosa. Il rischio che stiamo correndo non sarebbe un rischio se potessimo conoscere in anticipo il risultato. Quindi l’impegno richiede una profonda fiducia nella nostra intenzione, anche se non sappiamo se alla fine riusciremo a realizzarla oppure no. A DeLillo sarebbe potuto mancare il talento per la scrittura, a Tharp per la danza. Eppure mi sembra di poter dire che in tutti questi casi, anche nei momenti in cui la fiducia in se stessi ha vacillato, il coraggio ha avuto la meglio sull’esitazione.

La concentrazione mentre si corre

Una mente distratta e indisciplinata è una mente priva di chiarezza, che perde energia. È come un secchio bucato o, per usare una similitudine buddhista, un elefante imbizzarrito. Una mente concentrata, invece, è stabile e chiara. Dopo aver cominciato a sviluppare la concentrazione nello zazen da seduti, porteremo ora questa disciplina nella corsa.
Prima di iniziare, trova un percorso breve, un sentiero o una pista. Scegli un territorio familiare, così non dovrai spendere energie per capire dove stai andando.

Un esercizio focalizzato sul respiro

Corri per dieci o quindici minuti a un ritmo facile per riscaldarti. Poi imposta un timer per dieci minuti, pensando a questo tempo come a una sessione di zazen in movimento. Come nello zazen da seduti, il punto di riferimento per la tua meditazione in movimento sarà il respiro. Mentre corri, presta attenzione alla sensazione del respiro che entra ed esce. Ascoltane attentamente il suono, regolando l’andatura sull’inspirazione e sull’espirazione. Lascia che tutta la tua consapevolezza sia pervasa dal respiro.
Continua a correre finché non noti un pensiero che ti distrae dal respiro. A quel punto segui le istruzioni per lo zazen: osserva il pensiero, lascialo andare e, in questo caso, smetti di correre. Non sto parlando di rallentare, ma di fermarti del tutto. Recupera con calma, poi ricomincia a correre, riportando tutta la tua attenzione sul respiro.
Se sei onesto con te stesso, molto probabilmente dovrai smettere di correre ripetutamente dopo pochi passi, almeno all’inizio. Mi rendo conto che può essere fastidioso. Ma è per questo che questa pratica funziona. Se vuoi continuare a correre, devi concentrarti davvero. Quindi ricorda a te stesso che non stai cercando di arrivare da qualche parte.
Lo scopo di questa pratica è allenare la tua mente a concentrarsi. Continua a correre con l’attenzione sul respiro. Vedi un pensiero. Lascialo andare. Fermati. Riprendi a correre.
Ripeti l’esercizio più e più volte fino alla fine dei dieci minuti, poi lascia andare il respiro e continua a correre a un ritmo facile. Permetti alla tua consapevolezza di essere aperta, stabile, chiara e rilassata. Se vuoi ripetere la pratica, alterna dieci minuti di corsa start-e-stop a dieci minuti di movimento più libero e rilassato. Concludi con una corsa di scioglimento. In seguito, annota le tue osservazioni nel tuo diario.
La corsa start-e-stop è il primo passo per sviluppare la concentrazione nella corsa. Torna spesso a questa pratica, perché uno degli aspetti centrali dell’apprendimento e della disciplina è la ripetizione.
Imparerai a usare il respiro per ancorare la tua attenzione mentre corri. A farne il punto fermo che ti tiene ancorato al tuo essere.
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Articolo tratto dal mensile Terra Nuova Dicembre 2021

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IL LIBRO

La corsa è più di un semplice esercizio fisico. Correre è una pratica, una meditazione in movimento che trasferisce il potere dell’immobilità a tutte le attività della nostra vita quotidiana.

Vanessa Zuisei Goddard parte dall’esperienza maturata durante due decenni di pratica buddhista, durante i quali ha condotto innumerevoli ritiri dedicati alla corsa, e offre un libro ricco di intuizioni, umorismo e visualizzazioni pratiche per fondare la nostra corsa, o qualsiasi pratica fisica, nella meditazione.
Quando vediamo la corsa solo come un esercizio e ci concentriamo sul miglioramento dei nostri tempi o sul perdere peso, perdiamo le implicazioni più profonde di quest’arte. Perdiamo l’opportunità di intraprendere la corsa come una pratica che colma l’apparente divario tra quiete e movimento, meditazione e attività. Mindful running riguarda la libertà, la semplicità e la gioia del movimento; riguarda il potere dell’immobilità e l’imparare a usare questo potere per vivere con tutto il cuore.
 

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Quando una situazione ci preoccupa, una persona ci irrita o un dolore fisico ci angoscia, in genere, siamo portati a intervenire sulle cause esterne, dimenticando che spesso la prima ragione di quel malessere è dentro di noi. La meditazione ci invita a “fare amicizia” con la nostra mente, a fare pace con noi stessi per riconoscere le vere cause delle nostre sofferenze e, allo stesso tempo, a individuare quello che davvero ci fa star bene. Per meditare, spiega l’autrice, non serve praticare strani rituali, non è neanche necessario ritirarsi sull’Himalaya o diventare monaci buddhisti, si tratta semplicemente di prendere del tempo per stare con noi stessi e questo si può fare ovunque e in qualunque momento.

Con un linguaggio di facile comprensione, non privo di autoironia, l’autrice conduce per mano il lettore alla scoperta della meditazione, una pratica millenaria i cui molteplici benefici sono oggi riconosciuti anche dalle neuroscienze.
Gli oltre quarant’anni di esperienza dell’autrice come insegnante di meditazione fanno di queste pagine una guida preziosa alla meditazione, un valido aiuto per chi vuole iniziare a sperimentarne i benefici, ma anche una lettura di grande stimolo e ispirazione per chi medita da lungo tempo.

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