Sperare non basta, ma se si accompagna l’azione positiva, concreta e coraggiosa, allora si può pensare di cambiare veramente le cose. E oggi ne abbiamo assoluto bisogno, per noi stessi e per il Pianeta.
Ambiente, clima, salute, relazioni sociali, diritti: ci sentiamo oggi circondati da pressanti minacce, ci vediamo accerchiati, spesso impotenti, spaventati, immersi in un continuo allarme. E in effetti «ci sono ottimi motivi per preoccuparsi», come spiegano Joanna Macy e Chris Johnstone, che però rilanciano anche un concetto che potrebbe risultare uno strumento formidabile per affrontare il momento contingente: la speranza attiva.
Per capire di cosa si tratta, prestiamo prima un attimo di attenzione a chi sono Joanna e Chris, da anni impegnati proprio su questi temi e per la loro diffusione. Joanna viene da studi sulla teoria generale dei sistemi, l’ecologia profonda e il buddhismo; ha insegnato in diverse università americane, ha viaggiato il mondo come formatrice negli ambiti della pace, della giustizia e dell’ecologia. Chris è un medico inglese specializzato nella psicologia del cambiamento comportamentale, della resilienza e delle dipendenze, insegna e fa ricerca sulla psicologia della sostenibilità da più di vent’anni.
«Non possiamo più dare per scontato che le cose da cui dipendiamo, come il cibo, il combustibile e l’acqua potabile, saranno disponibili per le prossime generazioni. Non possiamo nemmeno avere la certezza che la nostra civiltà sopravviva, né che le condizioni sul Pianeta rimangano ospitali per forme complesse di vita. Dunque, l’incertezza è una realtà psicologica fondamentale in questa nostra epoca. Ma si tende a pensare che sia meglio non parlarne, magari perché troppo deprimente, e spesso questa incertezza resta lì, come una presenza innominabile, sullo sfondo dei nostri pensieri. Questo blocco nella comunicazione crea un rischio davvero grande, perché la cosa più pericolosa che possiamo fare oggigiorno è restare indifferenti. Come possiamo cominciare a risolvere il grande guaio in cui siamo, se non ci vogliamo nemmeno pensare? E come possiamo evitare di restare sopraffatti se ci pensiamo?».
Trovare la forza nella difficoltà
Chris e Joanna partono dal riconoscere che l’epoca presente ci porta ad affrontare realtà dolorose, difficili, confuse. «Il nostro approccio consiste nel rileggerle come il punto di partenza per un viaggio che ci rafforza e ci rivitalizza» dicono. «Lo scopo è trovare, offrire e ricevere il dono della speranza attiva, che significa che in qualunque situazione possiamo scegliere come rispondere. Davanti a sfide più grandi di noi, l’importanza che diamo alle nostre azioni e il tipo di azioni che intraprendiamo dipendono dal modo in cui interpretiamo la speranza. Uno dei significati che possiamo darle è quello affine all’ottimismo: ci sembra possibile che possa accadere ciò che più ci piacerebbe. Se abbiamo bisogno di questo tipo di speranza per metterci all’opera, ci blocchiamo quando ai nostri occhi le possibilità non sono poi tanto alte. Il secondo significato è più affine al desiderio: sapere cosa desideriamo, cosa vorremmo che succedesse. Ed è questo ciò su cui noi puntiamo».
Partecipare a ciò che vogliamo realizzare
«Coltivare la speranza attiva significa diventare partecipi nel realizzare ciò che più vogliamo» proseguono. «È una pratica, un processo, che possiamo applicare a ogni situazione, in tre passaggi principali. Anzitutto, avere chiara la realtà. In secondo luogo, stabilire cosa desideriamo, in che direzione ci vogliamo spostare e quali valori vorremmo vedere espressi. Terzo, agire, fare qualcosa per spostarci in quella direzione. La speranza attiva non richiede il nostro ottimismo: la possiamo praticare anche quando ci sentiamo disperati. La spinta che ci guida è l’intenzione. Scegliamo cosa vogliamo realizzare, per cosa vogliamo agire, cosa vogliamo esprimere. Senza fermarci a valutare le probabilità di successo per poi procedere solo se il successo ci sembra probabile, mettiamo a fuoco la nostra intenzione, e da lei ci lasciamo guidare. Il dono è dato e ricevuto».
E ancora: «Quando ci accorgiamo di un’emergenza e ci prepariamo ad affrontarla, si attiva in noi qualcosa di molto potente. Ritroviamo il senso della vita, scopriamo di avere riserve di forza inaudite. L’approccio che sosteniamo non è una questione di dovere o sacrificio, ma permette di entrare in uno stato di vitalità e partecipazione. Incontreremo ostacoli, ma come guida utilizziamo un processo di empowerment con cui lavoriamo, attraverso laboratori esperienziali, da decenni e che chiamiamo “lavoro che riconnette”. Ci aiuta a sviluppare risorse interiori e a riattivare la comunità; rinforza la nostra capacità di gestire e integrare le informazioni difficili e a rispondere con resilienza. Gli strumenti sono utili se li mettiamo alla prova. Quindi, l’invito è ad agire, tenendo presente che è assai utile afferrare una visione che ci ispira; osare e credere che sia possibile; coltivare il sostegno di cui abbiamo bisogno; mantenere energia ed entusiasmo; e ricordare che anche l’incertezza può essere una forza».
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IL LIBRO
Il
cambiamento climatico, l’
esaurimento del petrolio, lo sconvolgimento economico e l’
estinzione di massa rappresentano oramai
un’emergenza planetaria di proporzioni schiaccianti.
Speranza attiva ci mostra
come affrontare la crisi ambientale, economica, ma anche esistenziale che stiamo vivendo in questi giorni e allo stesso come tempo riscoprire nel nostro profondo una
resilienza inaspettata e un potere creativo.
Attingendo alla loro lunga esperienza di attivisti e alle loro conoscenze scientifiche, gli autori ci guidano attraverso un processo di consapevolezza e trasformazione personale in grado di fornirci gli strumenti per affrontare il disordine in cui ci troviamo e svolgere il nostro ruolo nella transizione collettiva, verso una società finalmente in grado di sostenere la vita.