«La nostra vita è letteralmente intrisa di economia. Lavoriamo. Acquistiamo prodotti. Prendiamo in prestito denaro o lo investiamo. Attraverso il nostro lavoro, i nostri consumi e il nostro modo di impiegare il denaro diamo forma e sostegno a ciò che chiamiamo economia. Questa economia siamo noi. Ma questa economia è al servizio dei nostri desideri più profondi? Il sistema economico attuale dà un contributo positivo alla nostra felicità? Come esseri umani cerchiamo comunità, amore, fiducia e comprensione. Il nostro lavoro, il nostro modo di consumare e i nostri soldi possono e dovrebbero essere uno strumento al nostro servizio a questo scopo. L’economia deve avere e creare senso. Questo dovrebbe essere il nostro obiettivo comune»: così esordisce Kai Romhardt nel suo libro
“L’economia siamo noi”.
E prosegue: «Invece, l’economia di oggi provoca delusione e rabbia in molti di noi. Le crisi economiche e finanziarie creano un’atmosfera di paura e insicurezza. In molte imprese aumentano lo stress, la pressione e la competizione tra i dipendenti. Il piacere e il senso del lavoro hanno sempre più spesso la peggio. L’avidità e la perdita del senso della misura scuotono le fondamenta della fiducia nelle élites dell’economia. Come si è potuti arrivare a questo? Cosa c’è che non funziona? Come abbiamo potuto creare un’economia che non soddisfa i nostri bisogni più profondi, che indebolisce le nostre comunità, rafforza le nostre paure e la nostra insoddisfazione, e indurisce i cuori?».
Romhardt prosegue nel suo libro: «In tempi di crisi ci sentiamo facilmente delle vittime. Vittime di banchieri avidi, di politici incompetenti, di spietate leggi di mercato o di manager cinici che cancellano o delocalizzano posti di lavoro. Sembriamo osservatori muti di un sistema potente, che ci tiene stretti e ci influenza attraverso prezzi, salari, debiti, posti di lavoro, e proprie logiche. Rassegnarci a rimanere osservatori è una prospettiva inappropriata e pericolosa. Anziché cercare i colpevoli e criticare le grandi strutture economiche, faremmo meglio a capire cosa noi possiamo fare per far sì che la nostra economia, nel piccolo, così come nel grande, cambi in meglio».
E ancora: «L’economia non “succede”! L’economia non è un sistema autarchico, che esiste al di fuori di noi stessi, e non è un evento di cui siamo spettatori impotenti. Siamo noi ogni giorno a comprare e vendere, risparmiare e fare debiti, lavorare o non lavorare. Siamo noi a sviluppare bisogni e a soddisfarli, a realizzare prodotti di valore o dannosi. Siamo noi ad attraversare la vita soddisfatti o insoddisfatti. Siamo noi a consumare con misura o smodatamente, ad acquistare merci in maniera cosciente o inconsapevole, a dare sostegno a ciò che ha senso o all’insensato. Noi scegliamo ogni giorno, anche se le attuali strutture economiche possiedono un grande potere. In molti ambiti siamo più liberi di quanto pensiamo – e questo è allo stesso tempo meraviglioso e difficile. L’economia non è una legge di natura incontrovertibile, ma piuttosto l’espressione del nostro spirito individuale e collettivo. Ogni giorno possiamo dare a questa economia una direzione più sensata. Acquistando e consumando con più consapevolezza, investendo e contraendo debiti con maggiore attenzione, lavorando con maggiore presenza mentale realizziamo in piccolo un’economia che si distingue in modo significativo dal sistema economico attuale. L’intreccio di milioni, miliardi di queste attività economiche piccole, medie e grandi forma, giorno dopo giorno, un’economia nuova, creando in questo modo il potenziale per realizzare cambiamenti positivi».
Per chi ha in sé i semi del cambiamento, per chi ha desiderio di agire per cambiare lo status quo, per chi vuole lasciarsi alle spalle le forme di schiavitù e dipendenza date dall’attuale sistema,
“L’economia siamo noi” È UNA LETTURA ALTAMENTE CONSIGLIATA!!