Il Wall Street Journal, in un
articolo del 16 settembre, ha definito la decisione del governo italiano di estendere l’obbligo del certificato verde covid a tutti i lavoratori come una delle più dure misure di incentivazione alla vaccinazione adottate nei paesi occidentali.
E Federico Punzi,
su Atlantico, rivista di analisi politica, economia e geopolitica, parla di «uso estensivo, distorto e spericolato del
Green Pass, travolgendo ogni altro diritto riconosciuto dalla Costituzione», «trascurando questioni cruciali e altre politiche praticabili».
Punzi focalizza l’attenzione su alcuni punti importanti.
«Un primo problema è che, com’è noto, requisiti fondamentali di un decreto legge sono “necessità e urgenza”. Ebbene, questi requisiti sono evidentemente assenti per definizione, visto che il decreto sarà efficace a partire dal 15 ottobre, cioè tra un mese. Non c’è urgenza. Per di più, il ministro Brunetta in conferenza stampa ha pateticamente giustificato l’incongruenza con la necessità di sfruttare “l’effetto annuncio”» scrive Punzi.
«Non c’è nemmeno necessità. Non c’è emergenza, ad oggi, nei numeri dei contagiati, degli ospedalizzati e dei decessi, essendo numeri non solo gestibili dal sistema sanitario, ma anche inferiori a molte delle patologie a tutt’oggi tra le principali cause di morte e, queste sì, emergenze sanitarie ormai passate in secondo piano».
«E tutto questo senza che sia mai stata divulgata dal governo un’analisi tecnica, che supporti con studi e dati la necessità di estendere a quasi tutto e quasi tutti l’obbligo di Green Pass (originariamente concepito, ricordiamolo, per viaggi all’estero e grandi eventi). Non ci è dato sapere nemmeno un obiettivo raggiunto il quale, una condizione soddisfatta la quale, l’obbligo possa venire rimosso» si legge ancora nell’articolo. «Il che va contro il principio di ragionevolezza e proporzionalità delle norme, in particolare quelle che incidono sui diritti e le libertà fondamentali».
«Lo squilibrio che si sta introducendo nelle tutele di diritti e libertà tutti di rilievo costituzionale è clamoroso, innegabile» scrive Punzi, sottolineando «la natura ricattatoria dell’obbligo di Green Pass, un obbligo vaccinale surrettizio».
In un altro passaggio dell’analisi di Punzi si legge: «La necessità dell’obbligo di Green Pass si regge quindi su una prima colossale menzogna: che i non vaccinati siano un pericolo per i vaccinati e, per riflesso, che i possessori di un Green Pass non siano un pericolo per se stessi né per gli altri. Una bufala propagata dallo stesso presidente del Consiglio, quando in conferenza stampa lo scorso agosto ha spiegato che “il Green Pass dà la garanzia di trovarsi tra persone non contagiose”. Falso. I non vaccinati non sono un pericolo di per sé, a rappresentare un pericolo sono i positivi – vaccinati e non».
Punzi richiama poi la sentenza 5/2018 della Corte Costituzionale che «oltre a richiamare il “corretto bilanciamento tra la tutela della salute del singolo e la concorrente tutela della salute collettiva, entrambe costituzionalmente garantite”, i giudici hanno anche affermato che l’obbligo vaccinale non è incompatibile con l’articolo 32 se: a) “il trattamento sia diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri, giacché è proprio tale ulteriore scopo, attinente alla salute come interesse della collettività, a giustificare la compressione di quella autodeterminazione dell’uomo che inerisce al diritto di ciascuno alla salute in quanto diritto fondamentale”; b) se vi sia “la previsione che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che vi è assoggettato, salvo che per quelle sole conseguenze, che, per la loro temporaneità e scarsa entità, appaiano normali di ogni intervento sanitario e, pertanto, tollerabili”; c) “nell’ipotesi di danno ulteriore alla salute del soggetto sottoposto al trattamento obbligatorio – ivi compresa la malattia contratta per contagio causato da vaccinazione profilattica – sia prevista comunque la corresponsione di una ‘equa indennità’ in favore del danneggiato (…). E ciò a prescindere dalla parallela tutela risarcitoria (…)”».
«Quanto alla prima condizione, non solo non abbiamo certezza di non trasmissibilità del virus da parte delle persone vaccinate, abbiamo la certezza del contrario, cioè che possono infettarsi e contagiare. Quanto alla seconda, per una ampia fetta di popolazione abbiamo evidenze di effetti avversi duraturi e non trascurabili, ben oltre la febbre del giorno dopo. Quanto alla terza, assistiamo ad un totale scarico di responsabilità da parte del governo e delle autorità sanitarie» scrive ancora Punzi.
«Eppure, siamo tra i Paesi europei, anzi nel mondo, con le più alte percentuali di vaccinati. Superiori al Regno Unito e paragonabili alla Danimarca, Paesi che hanno completamente riaperto e in cui sono state ritirate anche le previsioni più light di pass sanitario – si legge ancora nell’articolo – Ma qui ci viene ripetuto fino alla nausea – seconda colossale menzogna – che il Green Pass è uno “strumento di libertà”, perché l’unica alternativa ad esso sarebbero le chiusure e la ricaduta dell’economia. Ma Paesi con le stesse nostre percentuali di vaccinati hanno riaperto tutto anche senza pass. (…) Ciò che stupisce nel nostro Paese non è soltanto la facilità con cui la normativa anti-Covid ha travolto, fin dall’inizio della pandemia, diritti e libertà costituzionali, non trovando alcun argine negli organi costituzionali – né Parlamento né Consulta – ma anche il clima di consenso, o silenzio/assenso che accompagna misure sempre più repressive. Come ha osservato Enzo Reale, non si intravede limite a questa deriva, nessuno esige di sapere se, quando e come avrà fine. Cercavamo l’immunità di gregge, mentre del gregge abbiamo trovato il conformismo. Di più, si è aperta la caccia al dissidente, la segnalazione, la character assassination. Chiunque osi dubitare e porre domande viene additato come un pericoloso no-vax. Un pericolo strumentalmente enfatizzato».
Punzi richiama anche le dichiarazioni di Luca Ricolfi, secondo cui la vaccinazione «è diventata “una sorta di dovere patriottico, e squalifica qualsiasi obiezione o dubbio come una sorta di diserzione. Un clima così non si è mai avuto in Italia, dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale”».
Anche il filosofo
Giorgio Agamben è intervenuto dopo la conferma del decreto legge che estende il green pass a tutti i lavoratori e ha parlato di un’Italia «come laboratorio politico dell’Occidente, in cui si elaborano in anticipo nella loro forma estrema le strategie dei poteri dominanti», «oggi un paese umanamente e politicamente in sfacelo, in cui una tirannide senza scrupoli e decisa a tutto si è alleata con una massa in preda a un terrore pseudoreligioso, pronta a sacrificare non soltanto quelle che si chiamavano un tempo libertà costituzionali, ma persino ogni calore nelle relazioni umane. Credere infatti che il
greenpass significhi il ritorno alla normalità è davvero ingenuo. Così come si impone già un terzo vaccino, se ne imporranno dei nuovi e si dichiareranno nuove situazioni di emergenza e nuove zone rosse finché il governo e i poteri che esso esprime lo giudicherà utile. E a farne le spese saranno
in primis proprio coloro che hanno incautamente obbedito».
Agamben prosegue affermando: «In queste condizioni, senza deporre ogni possibile strumento di resistenza immediata, occorre che i dissidenti pensino a creare qualcosa come una società nella società, una comunità degli amici e dei vicini dentro la società dell’inimicizia e della distanza. Le forme di questa nuova clandestinità, che dovrà rendersi il più possibile autonoma dalle istituzioni, andranno di volta in volta meditate e sperimentate, ma solo esse potranno garantire l’umana sopravvivenza in un mondo che si è votato a una più o meno consapevole autodistruzione».