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Lettera aperta al Commercio Equo Solidale: «Ci vuole proposta politica e sociale di rottura con il capitalismo»

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L’associazione Acquadolce, che fa parte della rete del Commercio Equo Solidale e che da 16 anni gestisce una bottega di prodotti a Nettuno, in provincia di Roma, ha scritto una lettera aperta a EquoGarantito avanzando un’analisi critica della situazione creatasi con le scelte di questo ultimo anno e mezzo e chiedendo alla Rete stessa di prendere posizione.
Lettera aperta al Commercio Equo Solidale: «Ci vuole proposta politica e sociale di rottura con il capitalismo»
«Siamo rimasti perplessi su alcune prese di posizione del Commercio Equo Solidale, sia per quanto riguarda l’informazione sulla pandemia Covid che sulla propensione ad adottare un indirizzo di politica economica che a noi sembra un passo indietro rispetto alle prospettive attese» scrive l’associazione Acquadolce.
«Si è dato per scontato che la narrazione, l’informazione ufficiale, fosse tutta protesa alla ricerca della verità – scrivono nella lettera – senza però tener conto dei fatti e dei dati stessi forniti dalla informazione ufficiale e senza tener conto di un’informazione altra che avrebbe dovuto avere pari dignità e pari diritto di cronaca».
«Partendo dal presupposto oggettivo e asettico che “la realtà è nemica della verità”, non avremmo dovuto tener conto di tutti i dati reali a disposizione ma, soprattutto, avere un approccio più scientifico nell’analisi delle conseguenze economico-sociali delle scelte politiche fatte in nome della difesa dalla pandemia? Soprattutto dal momento che ci interessano e ci investono direttamente nella nostra attività, ma investono ancor più direttamente quelle comunità che il ComES in qualche modo intende salvaguardare ed emancipare. A dire il vero, a noi è sembrato elusivo e superficiale non approfondire proprio l’aspetto dell’informazione e dell’analisi critica su quanto ci è stato fino a oggi raccontato».
Si legge ancora nella lettera: «Estrapolando le percentuali per l’Italia, abbiamo che il tasso di letalità è pari al 2,99% e quello di la mortalità è del 0,2%. L’Italia ha applicato le misure più restrittive ma ha avuto il maggior numero di morti nei paesi dell’UE. Ebbene in base a questi dati è giustificata la messa in ginocchio dell’intera economia nazionale? E’ giustificata la soppressione dei diritti fondamentali della persona? E’ giustificata l’imposizione della terapia vaccinale sperimentale, senza peraltro verificarne l’effettiva efficacia, come appare da un recente studio dell’università di Oxford, senza sapere le conseguenze nel medio-lungo termine? Cosa ne pensa di tutto questo il Commercio Equo e Solidale?»
Il documento prosegue poi riproponendo e analizzando i dati forniti dalle autorità sanitarie italiane anche sulle fasce di età più colpite, la diffusione per aree geografiche e molto altro ancora.
E aggiunge: «L’OMS ha dichiarato più volte che la chiusura di tutte le attività (lockdown) non era una soluzione al problema della pandemia e oltre 16 mila medici e scienziati hanno firmato un appello per mettere fine ai lockdown (…). L’OMS ha anche richiamato a una corretta analisi dei tamponi PCR che venivano processati oltre i 25-30 cicli di amplificazione proprio per evitare l’insorgenza di casi falsi positivi al COVID 19. Tutto questo avrebbe dovuto indurre la politica a decidere secondo equilibrio e ragionevolezza creando le condizioni economiche e sociali per curare la malattia senza dover mettere in ginocchio l’economia dell’intera nazione».
L’associazione analizza poi la crisi ecologica e climatica in corso con le sue ripercussioni.
Tra le altre cose, scrive: «Il Governo Italiano ha diligentemente redatto il suo Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) stabilendo le linee guida del nuovo approccio ai problemi ambientali. La declinazione finale del governo Draghi di questi principi europei nella “proposta di Recovery plan o PNRR italiano” risulta invece orientata di fatto a sostenere filiere, progetti e tecnologie già obsolete e spesso del tutto antagoniste rispetto agli obiettivi di abbattimento delle emissioni in atmosfera e quindi al contrasto ai cambiamenti climatici. Di fatto l’obiettivo perseguito è l’espropriazione delle infrastrutture strategiche nazionali, tramite il perverso impianto di “riforme strutturali” che obbligano al ricorso al “libero mercato”, dal favorire i grandi operatori multiutility ai nuovi gestori di reti informatiche, dal favorire i monopoli privati nelle reti impiantistiche idriche e dei rifiuti urbani al prevedere nuove concessioni a privati della rete di mobilità autostradale e di alta velocità. le misure previste dal PNRR hanno una chiara impostazione industriale anche in campo agricolo: logistica, commercio e internazionalizzazione, aspetti da valutare ma sicuramente meno importanti del mantenimento della fertilità del suolo, della difesa della biodiversità e la manutenzione dell’assetto idrogeologico».
E ancora: «Si parla molto genericamente di un’agricoltura più sostenibile, ma senza rispondere alle vere emergenze ambientali. Anziché puntare sull’agricoltura biologica, che rispetta le indicazioni dell’agroecologia, si parla di agricoltura di precisione, cioè una gestione aziendale finalizzata all’aumento dell’efficienza produttiva ed economica, che raramente è accompagnata da benefici ambientali con un’apparente riduzione delle sostanze chimiche impiegate; mentre rischia di mettere ancora più in difficoltà le picco-le e le micro aziende».
L’associazione si interroga poi sulla dicotomia tra economia di mercato ed economia civile.
E in un altro passaggio della lettera scrive: «In definitiva il Commercio Equo non può limitarsi ad inserirsi esclusivamente nel dibattito tra “capitalismo buono” e “capitalismo cattivo”, propendendo per il primo, cancellando secoli di storia in cui la lotta dei poveri contro i ricchi ha fatto raggiungere posizioni di accettabilità, vivibilità, nella difesa di diritti civili . (…) Non si può tentare di risolvere il problema della povertà pensando che i ricchi si ricredano e tornino sui loro passi autodecidendo di guadagnare meno, di sfruttare meno e di investire di più per l’ambiente e la natura. La contrapposizione esiste, la lotta di classe esiste, e non possiamo cancellarla con un colpo di spugna di bontà e di pace. Non c’è pace senza giustizia e la giustizia sociale è ancora di là da venire e non sarà certo per iniziativa unilaterale di una sola parte, ma sarà l’altra parte a doversela guadagnare. Insomma, alla domanda: «Riforma o rivoluzione?», ritornando a Gramsci, il concetto di “egemonia” permette di rispondere: riforma come avanzamento sulla strada della rivoluzione, elaborazione di un programma di transi-zione in grado di legare le rivendicazioni parziali dei settori più coscienti dei movimenti sociali e avanzare una proposta politica e sociale di rottura con il capitalismo».

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