«Dalle prove più dure possiamo uscire trasformati»: è questa la lezione più importante che, anche in questi tempi difficili, possiamo tenere a mente per ritrovare noi stessi e vivere secondo i valori dell’inclusione, della gentilezza e dell’empatia.
Daniel Lumera ancora una volta ci prende per mano e ci guida sul sentiero dell’evoluzione, della trasformazione positiva, per (ri)scoprire un «io» e un «noi» che forse c’è sempre stato, ma che è stato messo duramente alla prova da questo lungo periodo di negatività che ha lasciato e lascia cicatrici di cui occorre prendersi cura.
Con il suo nuovo libro, La lezione della farfalla, ci fornisce una sorta di bussola per riorientarci, per ritrovare il baricentro.
Daniel, il tuo nuovo libro arriva in un momento in cui non sono molti coloro che si «sentono» crisalidi. Il senso di oppressione, di paura e di incertezza che stiamo vivendo ha prostrato gran parte della popolazione, che fatica a recuperare una prospettiva, un orizzonte. Come valuti questa situazione?
Dal mio punto di vista questo tempo di grandi cambiamenti, che sta mettendo in discussione ogni cosa, rappresenta sia una malattia che una guarigione. Il maestro cinese Lao Tzu diceva: «Quella che il bruco chiama fine del mondo, il resto del mondo la chiama farfalla». La crisalide è la trasformazione più radicale, perché da insetto strisciante il bruco diviene una farfalla, manifestando la sua forma più evoluta. Questo ciclo esistenziale è un simbolo potente del principio di trasformazione e cambiamento presente in tutte le cose, e ciò di cui abbiamo bisogno è una metamorfosi che parta dall’interno per passare dallo stadio biologico e mentale dell’accumulo a quello del dono, dello scambio, del flusso. «Fare la muta», abbandonando la vecchia pelle per rinascere a nuova vita e saper volare, è un processo che spesso viene attivato da grandi cambiamenti, a volte dolorosi, quando non sono compresi attraverso una prospettiva consapevole.
Possiamo leggere l’attuale situazione come una grandissima prova che ci spinge a esprimere il meglio di noi e a manifestare valori inclusivi come la cooperazione, l’inclusione, la gentilezza, la responsabilità, l’empatia. È necessario imparare a fermarsi e, recuperando un ritmo più naturale, ascoltare e comprendere il «negativo» e i suoi doni, per affrontarlo in maniera diversa, trasformandolo in risorsa.
Con quale cambio di paradigma possiamo dunque «imparare» a sentirci in modo differente?
Il cambio di paradigma riguarda innanzitutto il passaggio dall’Io al Noi. Nel libro La lezione della farfalla, insieme a Immaculata De Vivo evidenziamo come la prospettiva antropocentrica basata sull’individualismo, la competizione e la performance non sia la strategia vincente per l’evoluzione e la salvaguardia della specie umana. È dimostrato come nel lungo periodo la selezione naturale favorisca gli individui che sviluppano valori inclusivi e che hanno un più alto livello di consapevolezza dell’interconnessione e dell’interdipendenza. Purtroppo, la maggior parte di noi e dei nostri leader ha lo stesso atteggiamento dei bruchi: stadi larvali che divorano incessantemente le risorse naturali, nutrendosi e accumulando tutto ciò che incontrano senza misura. L’agente inquinante più pericoloso e potente del Pianeta è proprio la mente umana, governata da pensieri egoistici, dominata dalla cupidigia e inconsapevole del delicato equilibrio naturale e dell’intima interconnessione e interdipendenza tra tutte le forme di vita e l’ambiente: il livello più importante di interrelazione che dobbiamo consapevolizzare è quello tra ambiente interiore e ambiente esterno. È quindi necessaria una mente ecologica che ci permetta di prenderci cura di entrambi gli ambienti in maniera armonica.
Quali strumenti possiamo acquisire (e come), quali conoscenze e consapevolezze per mantenerci saldi e muovere i passi verso un futuro non passivo, non oscuro, non appesantito da paura e rabbia?
Ci sono molti passi che possiamo fare, ma il primo parte dalla nostra mente che, se non educata correttamente, ha la tendenza all’estroversione e alla dispersione. Essa rivolge la propria attenzione a oggetti e situazioni esterne, e costantemente produce reazioni inconsapevoli a ferite emotive come il tradimento, l’ingiustizia o l’abbandono; è presa da proiezioni, paure e ansie relative al futuro o traumi del passato, da pensieri ossessivi e ricorrenti, da ruminazione senza fine. Se non educhiamo la nostra mente, essa ci renderà la vita impossibile, modificando anche il nostro stato di salute e la qualità della nostra vita personale, relazionale e lavorativa. Quando la mente, mediante lo stile di vita appropriato, la disciplina, i giusti nutrienti emotivi, mentali e la meditazione, diventa uno strumento educato e integro, allora è capace di concepire, creare e vedere bellezza e armonia ovunque. La mente perfetta è rivolta verso l’interno, è capace di analizzare con chiarezza i propri stati interiori e di riconoscerli, e ha la capacità di controllare, trasformare e creare il proprio ambiente interiore indipendentemente dall’ambiente esterno. Questo vuol dire che è il nostro stato interiore a incidere e influenzare profondamente l’ambiente esterno. Poi occorre rendersi conto che dal benessere e dalla salute degli altri dipendono la nostra salute e il nostro benessere: prenderci cura dell’altro corrisponde a prenderci cura di noi stessi.
In La lezione della farfalla, ad esempio, sono citati interessanti studi pubblicati a dicembre 2020 sullo Psychological Bulletin, con oltre 198.000 persone coinvolte, che dimostrano come svolgere attività di volontariato abbassi il rischio di mortalità fino al 60% e aumenti longevità e prospettiva di vita tra il 22% e il 44%, oltre ad una serie di altri benefici fondamentali per la salute fisica, emotiva, psicologica e sociale.
La terza consapevolezza riguarda, poi, come accennavo, la capacità di considerare il negativo in maniera diversa. Inoltre, la piena consapevolezza della morte ci porta ad apprezzare in maniera più intensa e profonda il dono della vita, ci dà il coraggio di esplorare noi stessi, porta chiarezza sui valori autentici, ci avvicina alla comprensione dello scopo della nostra esistenza, e ci spinge a compiere azioni elevate e significative.
Come riscoprire il coraggio di costruire relazioni empatiche abbandonando la diffidenza e l’ostilità verso l’altro, verso cui siamo stati guidati in questo ultimo anno?
Questo momento ci sta portando a comprendere che la felicità a cui siamo destinati non corrisponde a un modello standardizzato. Attraverso l’ascolto e il silenzio, se smetteremo di anestetizzarci con il vortice del fare e dell’avere compulsivi, prima o poi le necessità profonde si faranno sentire.
Nel nuovo paradigma del benessere è necessaria un’espansione di coscienza che rivoluzioni il nostro senso di identità alla radice, includendo in esso gli altri esseri, la natura e la vita. Da qui inizia un nuovo viaggio per un’esperienza autentica e allineata alla nostra vocazione e ai nostri talenti.
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Articolo tratto dal mensile Terra Nuova Luglio-Agosto 2021
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