A breve, la Camera dei deputati potrebbe iniziare la discussione sul disegno di legge che definisce le norme in materia di agricoltura contadina. L’approfondimento di Alberto Bencistà.
Nelle prossime settimane, , una proposta che, nata nel 2009, ha incontrato molti ostacoli nel suo accidentato percorso.
Prima di entrare nel merito cerchiamo di definire il concetto di «agricoltura contadina» che nel dibattito italiano ha assunto una forte valenza culturale e politica e suscitato, dunque, anche delle divisioni pregiudiziali, nonostante la legittimazione venuta prima dalla Fao, che nel 2014 ha proclamato l’anno internazionale dell’agricoltura familiare e contadina, e poi dall’Onu, nel 2018, con la «Dichiarazione per i diritti dei contadini e delle altre persone che lavorano in ambito rurale».
Quest’ultima riconosce sei diritti fondamentali:
1. livello di vita adeguato, in opposizione alla povertà estrema dominante;
2. sovranità alimentare, con sostegno alla conservazione della biodiversità e alla lotta contro il cambiamento climatico;
3. protezione contro l’accaparramento delle terre (land grabbing), con l’adozione di riforme agrarie strutturali;
4. impiego dei propri semi, che contadini e lavoratori devono poter conservare, utilizzare, scambiare e vendere;
5. pagamento adeguato di derrate agricole e lavoratori:
6. giustizia sociale (e sindacale), a cui ciascuno deve poter contribuire per superare ogni tipo di discriminazione.
In Italia, poi, esiste un numero imprecisato di persone che praticano un’agricoltura di piccola scala, dimensionata sul lavoro contadino e sull’economia familiare, orientata all’autoconsumo e alla vendita diretta. Un’agricoltura di basso o nessun impatto ambientale, fondata su una scelta di vita legata a valori di benessere, ecologia, giustizia e solidarietà, più che a fini di arricchimento e profitto.
Un’agricoltura quasi invisibile per i grandi numeri dell’economia, ma irrinunciabile per
mantenere fertile e curata la terra, soprattutto in collina, montagna e nelle zone marginali. Un’agricoltura che «conserva la molteplice diversità di paesaggi, piante e animali; che mantiene vivi i saperi, le tecniche, i prodotti locali e popolate le campagne e la montagna», come si legge su
www.agricolturacontadina.org.
Dalla nuova legge ci aspettiamo un riconoscimento pieno, giuridico, politico, istituzionale, culturale ed economico dell’agricoltura contadina, del suo insostituibile ruolo ambientale e sociale. La Camera dei deputati ha dunque il compito di approvare, presto e bene, la legge quadro sull’agricoltura contadina, come le Regioni dovranno a loro volta legiferare per tutelare e valorizzare le varietà territoriali.
Ad ogni modo è necessario continuare a mantenere alta l’attenzione e la pressione, perché le vicende recenti della Pac dimostrano quanto sia ancora potente la lobby dell’agroindustria. Come ha scritto Giuseppe Orefice di Slow Food: «Nel giugno 1974 Pier Paolo Pasolini lanciò questo monito: “L’Italia senza contadini e artigiani non ha più storia”. Per troppo tempo abbiamo provato a distruggere ed umiliare, prima culturalmente e poi anche dal punto di vista normativo, la piccola agricoltura familiare e di prossimità».
È ora di voltare pagina!
Alberto Bencistà è presidente di Toscana Bio e rappresentante della Toscana di Federbio.
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Articolo tratto dalla rubrica Spunti di vista
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