Ebbene sì, diciamolo. Nonostante le profonde trasformazioni degli ultimi cinquant’anni, l’Italia rimane un paese in cui è ancora difficile parlare di sessualità e di educazione all’affettività. O meglio, se ne parla male. Bambini che sembrano adolescenti precoci campeggiano sui cartelloni pubblicitari, un’automobile nuova non può essere lanciata sul mercato senza gli ammiccamenti di qualche giovane bellezza, sui social viene fatto circolare qualsiasi tipo di contenuto, anche intimo, senza rispetto per la privacy e la sensibilità altrui.
Alcune ricerche accademiche e numerosi articoli sui quotidiani ci hanno inoltre raccontato che youporn e altri siti pornografici sono diventati i primi luoghi a cui si rivolgono gli adolescenti europei e nord americani quando iniziano a esplorare la sessualità.
Questo significa che la scuola e le famiglie, le prime cruciali agenzie educative, ancora faticano ad affrontare con competenza i temi legati al sesso e all’affettività. Nelle scuole pubbliche queste tematiche sono delegate alla buona volontà dei singoli docenti, nelle famiglie troppo spesso prevale il senso di vergogna e i tabù che ci sono stati tramandati. Ovviamente esistono lodevoli eccezioni e le trasformazioni sociali degli ultimi decenni, ad esempio l’imporsi nella sfera pubblica delle voci di donne e uomini omosessuali o transessuali e la sempre maggiore presenza di famiglie omogenitoriali, ha avuto tra le proprie ricadute positive la possibilità di organizzare, anche nelle scuole, incontri sulla libertà di amare e provare desiderio per persone del proprio stesso sesso, oppure sulla possibilità di non identificarsi con il sesso con cui si è nati.
I nostri bambini e ragazzi, poi, incontrano sui banchi di scuola compagni che vivono e trasmettono molteplici differenze, che possono riguardare la provenienza della famiglia così come la sua composizione, con un numero crescente di nuclei familiari con due mamme, due papà o genitori single. Ma cosa hanno a che vedere questi discorsi con la sessualità?
Molto, proviamo a scoprirlo insieme.
Da dove partire
Educare all’affettività significa formare gli individui nella loro interezza, sia dal punto di vista cognitivo che dal punto di vista affettivo. Significa crescere cittadini che non hanno timore delle loro emozioni, anche quando sono dolorose o fanno paura. Significa crescere cittadini che sono in grado di accettare i propri desideri e quelli altrui, anche quando non corrispondono a quelli della maggioranza. Solo conoscendoci a tutto tondo, in tutte le nostre sfumature, possiamo imparare ad accettarci e a relazionarci con l’altro/l’altra, accogliendone gli aspetti «belli» e quelli «brutti».
Si tratta di un
progetto educativo ambizioso e nello stesso tempo cruciale, che dovrebbe appartenere, in prima istanza, alla scuola pubblica, che ha a disposizione gli strumenti e i libri per ogni età e grado.
I materiali non mancano e neppure le persone competenti. Ad esempio sono una risorsa i libri della casa editrice Lo Stampatello, di cui citiamo solo i classici
Piccolo uovo e
Piccolo uovo maschio e femmina, illustrati da Altan per i bambini più piccolini, in cui si raccontano i diversi tipi di famiglie e le molteplici possibilità che
vanno oltre gli stereotipi di genere che ancora sopravvivono.
Altro materiale qualificato è presente nelle collane di Settenove Edizioni, che spaziano dalla fiction per i ragazzi delle scuole medie alla manualistica. Anche in questo caso, tra i molti titoli citiamo solo il volume scritto a più mani
Scosse in classe, in cui sono raccolti dei percorsi da svolgere in classe, dal nido alla scuola secondaria di primo grado, il cui scopo è contribuire alla ripresa della socialità, delle relazioni, e alla rinascita della libertà nella scuola del «distanziamento sanitario». E, per concludere, il bellissimo libro a fumetti
Sesso è una parola buffa (Terra Nuova Edizioni), rivolto ai bambini delle elementari in cui, con molta sapienza, si affrontano i temi del corpo, dei
bambini diversamente abili e della
costruzione delle identità di genere.
Il ruolo chiave dei genitori
Veniamo a noi, caro lettore, cara lettrice, e al ruolo centrale che dobbiamo assumere. Abbiamo un doppio compito: da un lato pretendere che la scuola svolga un programma di educazione alla sessualità e alle emozioni, dall’altro affrontare con i nostri figli questi temi, senza vergogna.
Si tratta di una doppia mobilitazione di cruciale importanza, proprio per non lasciare i ragazzi nelle mani dei contenuti, spesso violenti o incompleti, che trovano con facilità online. Come genitori non dovremmo avere timore di condividere alcune delle nostre esperienze e, nello stesso tempo, dovremmo provare a documentarci e aggiornarci, rivolgendoci a professionisti esperti, se la situazione lo richiede. I nostri ragazzi hanno bisogno di adulti di cui fidarsi, e possono farlo se ci relazioniamo con loro con sincerità, senza giudicarli e senza nascondere eventuali incertezze.
Sesso e sessualità sono temi per cui non è sufficiente un’unica chiacchierata, verranno affrontati a più riprese poiché coinvolgono così tanti aspetti diversi che nessuno è in grado di esaurirli in una sola conversazione. Ad esempio, mentre guardi un film in famiglia potrebbe esserci una scena di sesso. Invece di far finta di nulla, parlane. Domanda a tuo figlio o figlia se ha visto la coppia scambiarsi il consenso oppure se chi ha fatto sesso ha utilizzato una qualche forma di protezione contro le malattie sessualmente trasmesse e la gravidanza (se si tratta di sesso eterosessuale).
Se non si tratta di un rapporto eterosessuale saranno altri i temi da discutere.
Lo scopo di questi «momenti educativi» è soprattutto quello di aprire il dialogo. Invece di criticare la coppia sullo schermo perché non sta usando il preservativo, puoi dire: «Mi chiedo se stanno usando una protezione. Tu che ne pensi?». Grazie a questa domanda, puoi capire quante e quali siano le conoscenze di tuo figlio/figlia in materia di prevenzione e protezione, le sue idee sul sesso e sulle infezioni sessualmente trasmesse.
Magari ti risponde: «Non usano un preservativo perché non serve a nulla». A questo punto hai scoperto una cosa importante e puoi prepararti per una bella conversazione sull’importanza dei profilattici, il loro ruolo e il loro impiego.
Alison Macklin, nel suo libro
Fai sesso? (Terra Nuova Edizioni) fornisce alcuni consigli molto utili ai genitori, per prepararsi al dialogo con i propri ragazzi. Vediamo un esempio.
Cose da ricordare quando parli di sesso
• Ricorda l’ironia e le battute non sono sempre utili quando stai affrontando argomenti seri. Potrebbero far sentire tuo figlio e tua figlia incompresi o criticati.
• Cerca di rispondere in modo semplice e conciso. Evita i comizi, quando continui a parlare e parlare, più parli, più le cose diventano confuse.
• Cerca sempre di rispondere. Anche se la domanda viene posta nel momento sbagliato, oppure non hai un parere da esprimere, dimostra apprezzamento per quello che ti viene chiesto e prometti di ritornarci sopra. In questo modo non dai l’impressione di voler sfuggire alla conversazione e puoi riprendere il dialogo nel prossimo futuro. Ricordati però di riprenderlo questo dialogo, se no tutti i tuoi sforzi andranno in fumo.
• Rassicura e non cercare di sfuggire alle risposte. Come ho già sottolineato, semplici frasi come «grazie per volerne parlare con me» tranquillizzano tuo figlio e tua figlia rispetto al fatto di essersi aperti ed esposti al giudizio.
• Rispondi con empatia. Non è semplice parlare di sesso e sessualità in famiglia, riconosci che queste conversazioni non sono semplici e cerca di comprendere il punto di vista del tuo interlocutore.
• Non aver paura di non avere risposte. Va bene dire «non lo so», e anche prendersi del tempo per pensarci su. Impegnati però affinché le tue fonti di informazione siano serie, le migliori a tua disposizione.
Insomma, le risorse non mancano, volumi ed esperti sono a disposizione, sta a ciascuno di noi diventare protagonisti affinché ragazzi e ragazze abbiano il diritto di crescere sereni anche per quanto riguarda la vita sessuale e affettiva.
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