Vai al contenuto della pagina

Un mulino di comunità per l’ambiente e l’inclusione sociale

homepage h2

Il mulino è un progetto attorno al quale è possibile costruire nuove comunità, realtà che risorgono anche in Italia, a cominciare dall’estremo lembo a sud della Penisola.
Un mulino di comunità per l’ambiente e l’inclusione sociale
Uno degli esempi più rappresentativi della nuova avanguardia rurale descritta nel libro Il cibo ribelle (Terra Nuova Edizioni) è la Casa delle Agriculture Tullia e Gino, di Castiglione d’Otranto (Le), che da circa otto anni si occupa di riconversione in agricoltura naturale di terreni abbandonati, ceduti in comodato d’uso gratuito.
Qualche anno fa fummo invitati a dialogare attorno alla costruzione di un mulino di comunità. Allora si trattava di un’utopia. Ma, dopo appena due anni, quel sogno si è fatto realtà. Il mulino è diventato il centro nevralgico della produzione locale, gestito con la massima trasparenza, per dare libertà di accesso a tutti i piccoli agricoltori. Non solo un centro di lavoro e produzione, ma anche il luogo in cui la comunità si riunisce e individua strategie condivise, come la creazione di una rete di imprese, il progetto dell’agriludoteca, il supporto all’inclusione e alle famiglie più bisognose, la creazione di un centro culturale dove si fanno laboratori.

Il mulino a pietra

Il mulino di comunità è un’infrastruttura al servizio del Salento, nata con lo sforzo corale di tantissimi cittadini volontari, con il supporto di una cospicua rete di donatori privati (per un totale di 37 mila euro), grazie al crowdfunding e grazie al sostegno della Regione Puglia (50 mila euro), e portata avanti con dedizione massima e sforzi economici non indifferenti dalla cooperativa che la gestisce. Dopo un solo anno dall’inaugurazione del mulino a pietra i risultati sono stati molto incoraggianti: attorno al mulino è nata una rete di circa trecento piccoli contadini supportati nelle fasi di reperimento delle sementi biologiche e in quelle di pulitura e molitura di cereali e legumi, per un totale di 35 tonnellate di frumento trasformate in farina. Si tratta perlopiù di giovani che si sono avvicinati alla terra negli ultimi anni, con un’ampia presenza di ventenni e trentenni, e uno zoccolo duro di settantenni che continua ad autoprodurre il proprio cibo.
Sono contadini, professionisti o per passione, che arrivano da tutta la provincia di Lecce, da Porto Cesareo a Gagliano del Capo, con alcuni provenienti anche dal brindisino. La possibilità di decorticare il farro, con l’unica decorticatrice di qualità presente in quel bacino, ha portato a galla produzioni di nicchia di farro monococco e dicocco per circa 50 ettari. I costi del servizio di molitura si mantengono accessibili e parificati alla media dei mulini industriali a fronte, però, di una lavorazione di altissima qualità effettuata con un mulino a pietra di fabbricazione austriaca. Per i produttori della rete Salento km 0 è previsto un ulteriore sconto del 5%. Una scelta politica chiara, per rendere conveniente il ritorno alle autoproduzioni e dunque anche alla coltivazione dei campi incolti.
Lo scorso 22 luglio, il giorno della Fiera di Santa Maria Maddalena, in cui anticamente si stipulava il prezzo del grano per l’intero circondario, è stato firmato il primo patto di filiera locale per i cereali antichi che prevede il conferimento dei cereali al mulino di comunità a fronte dell’impegno di coltivare rispettando un protocollo di regole ben precise relative al reperimento di sementi biologiche, alla rotazione delle colture per assicurare la fertilità dei terreni, all’introduzione di piante mellifere per aiutare le api a sopravvivere, e altre indicazioni. In cambio, Casa delle Agriculture garantisce l’acquisto del prodotto a un prezzo raddoppiato rispetto a quello della «borsa merci», che svaluta il lavoro dei contadini e il loro ruolo di presidio del territorio.

Solidarietà locale

Il mulino di comunità è un luogo di produzione, ma anche di nuova cultura del cibo e della spesa: aperto con il proprio spaccio ogni giorno, una volta a settimana organizza anche il «gruppo di acquisto popolare anticrisi». Sono circa 280 le persone che, da Lecce a Santa Maria di Leuca, abitualmente scelgono di fare la spesa in questa maniera alternativa, prenotando settimanalmente farine, salsa, verdure biologiche, prodotti da forno e altri alimenti e ritirando le proprie cassette.
Nel pieno dell’emergenza sanitaria e, di conseguenza, anche economica scatenata dall’epidemia da Coronavirus, anche il mulino di comunità ha deciso di mettere a disposizione dei cittadini più bisognosi lo strumento della «spesa solidale», per esempio con l’adozione dei buoni spesa, un’iniziativa congiunta con Comune di Andrano (Le), Gus-Gruppo Umana Solidarietà e altre realtà comunali. Oltre a questo servizio, durante il periodo delle restrizioni imposte per la lotta alla diffusione del Covid-19, è stata avviata, senza costi aggiuntivi, anche la consegna a domicilio della spesa nel circondario di Andrano e Tricase, nel magliese e a Lecce e dintorni.
Interamente accessibile ai portatori di altre abilità, il mulino di comunità è inoltre fucina di cultura, inclusione e dialogo: sono trenta le scolaresche che hanno visitato questa realtà innovativa, alcune provenienti anche dal Nord Italia e dal Nord Europa.

Reagire al disseccamento degli ulivi

Il Vivaio dell’inclusione è uno degli ultimi progetti elaborati dall’associazione Casa delle Agriculture. Dedicato al compianto sociologo, giornalista e attivista Luigi Russo, il vivaio vuole porsi come punto nodale nel territorio per le pratiche di ricerca, promozione e diffusione della biodiversità, con particolare attenzione alla riproduzione di piante e alberi, per contribuire al contenimento della crisi paesaggistica, economica ed ambientale conseguente al disseccamento degli ulivi.
Allo stesso tempo, e in continuità con le pratiche di inclusione socioeconomiche avviate in modo organico dall’associazione Casa delle Agriculture, si svolge l’attività di natura sociale e territoriale, con la quale si vuole stimolare l’avvicinamento alla terra di target sociali ritenuti svantaggiati (come migranti e persone con disabilità), grazie anche al supporto della comunità di anziani locali.
Sono stati ristrutturati il piccolo caseggiato rurale e gli spazi delle infrastrutture fisse adibite all’accoglienza e a spazio laboratoriale, inclusa la biblioteca dei semi e i servizi igienici. È già stata acquistata una serra di circa 30 m² per la riproduzione vegetale. La prima parte dei lavori è stata possibile grazie alla partecipazione al bando Puglia Capitale Sociale 2.0 della Regione Puglia e alle risorse proprie dell’associazione.
I prossimi passi vanno verso la riqualificazione del sistema acquifero: l’approvvigionamento e la distribuzione dell’acqua sono gli elementi centrali nella sfida di sostenibilità. L’idea è di recuperare l’antica cisterna, il «pilune» (pozzetto di accumulo), e gli abbeveratoi per gli animali, mentre per la distribuzione c’è il progetto di installare un sistema efficiente che risponda al meglio alle necessità idriche della serra e delle aree di riproduzione. Il costo stimato per completare questa tranche di lavori è di 7 mila euro. Altro tassello importante a livello infrastrutturale sarà la realizzazione della biblioteca dei semi, cuore pulsante del vivaio, attorno a cui ruoteranno le attività pedagogiche e di inclusione sociale.
Mentre la ruota del mulino continua a girare, i volontari di Casa delle Agriculture non restano a guardare. La produzione di «cibo ribelle» porta con sé tante altre azioni capaci di rigenerare un’intera comunità.
________________________________________________________________________________________________________________________

Articolo tratto dalla rubrica #Cibo Ribelle: i protagonisti

Leggi la rubrica sul mensile Terra Nuova Febbraio 2021
Visita www.terranuovalibri.it lo shop online di Terra Nuova
 

POTREBBE INTERESSARTI

I tempi della pandemia impongono un cambio di rotta: è giunta l’ora di dire basta alle menzogne diffuse dall’industria alimentare e riappropriarci del nostro diritto alla salute e alle produzioni locali. Nei paesi ricchi possiamo decidere cosa mangiare almeno tre volte al giorno: c’è forse una scelta più importante che possiamo fare per noi stessi e per il Pianeta? L’abbondanza di cibo sugli scaffali non è solo una gigantesca illusione?

Le nostre diete sono sempre più povere, esauriscono le risorse e uccidono il significato profondo del cibo, ridotto a carburante o a esibizione nei cooking show. Serve uno scatto di consapevolezza.
Ecco che insieme a grandi esperti come il dottor Franco Berrino e la scienziata indiana Vandana Shiva, andiamo a smascherare gli inganni del marketing, per dire addio alle monocolture e riscoprire il cibo vero.
Un viaggio di andata e ritorno dal campo alla tavola, dentro i territori, tra cereali, legumi, frutti autoctoni, e le trasformazioni artigianali che valorizzano le qualità degli alimenti. Un salto nel mondo del gusto e della biodiversità, per una nuova alleanza tra buongustai, ricercatori, mugnai, cuochi, cittadini comuni e nuove avanguardie rurali.

Leggi anche

Per eseguire una ricerca inserire almeno 3 caratteri

Il tuo account

Se sei abbonato/a alla rivista Terra Nuova, effettua il log-in con le credenziali del tuo account su www.terranuovalibri.it per accedere ai tuoi contenuti riservati.

Se vuoi creare un account gratuito o sottoscrivere un abbonamento, vai su www.terranuovalibri.it.
Subito per te offerte e vantaggi esclusivi per il tuo sostegno all'informazione indipendente!