Nonostante la pandemia e i suoi effetti sulle nostre vite, lo spirito del camminare non potrà mai venire intaccato. In questo lungo periodo di pausa, per le vacanze organizzate, gli operatori del settore cercano di reinventarsi. Ne abbiamo parlato con Maurizio Baldini, attivo nel settore da più di quarant’anni.
Prima di tornare a viaggiare in libertà dovremo forse aspettare. La pandemia sembra avere un decorso ancora lungo, come pensi che si possa fronteggiare questa crisi del settore?
Siamo abituati ad avere tutto e subito. Questo virus ci ha insegnato ad attendere. Si può attendere con ansia e con rabbia, pensando a quello che non possiamo fare, oppure con piacere, scoprendo che ci sono un sacco di cose che è possibile fare. Si può leggere un libro che ci aspettava da tempo, si può mettere ordine in casa, imbiancare una stanza, progettare quello che faremo alla riapertura. Noi abbiamo pubblicato e spedito ai nostri 3 mila soci il nuovo programma Walk: 102 viaggi e una festa per 29 guide con una storia da raccontare. Abbiamo ripreso in mano il progetto della Festa del Camminare, arricchendola di quelle che abbiamo chiamato «altre pratiche sublimi», ovvero la cucina e le relazioni, completando quelle tre parole che sintetizzano oltre quarant’anni di attività: camminare, cucinare, avere buone relazioni.
Entriamo nel merito del camminare. Qual è il suo significato oggi? Credi che ci sia differenza rispetto al passato?
Oggi come ieri, camminare è meditare. È prendersi del tempo per sé e non per un’auto da pagare, curare, «nutrire», parcheggiare. Camminare è essere liberi, accorgersi che l’essenziale per vivere bene sta in uno zaino da 9 kg sulle spalle, il peso di una confezione da 6 di acqua minerale. I nostri amici, Riccardo Carnovalini ed Anna Rastello, hanno vissuto un anno intero attraversando a piedi mezza Europa. E vengono alla Festa del Camminare per raccontare la loro esperienza. Comunque, la novità è che oggi si cammina di più anche in Italia. Ricordo la prima camminata «tra la terra ed il cielo» dove, letteralmente, si dormiva sotto le stelle, nel 1979. Metà dei partecipanti proveniva da Francia, Svizzera, Belgio. Oggi è diverso.
Più in generale com’è cambiato il modo di fare vacanza da quando ha avuto inizio l’esperienza di Tra Terra e Cielo? È ancora attuale questo modello?
Il successo del modello è segnato dal mercato che è nato sulla nostra scia. Sono nate associazioni, cooperative, Srl che propongono vacanze e viaggi a piedi ispirati al nostro stile. Questa è una grande sfida per noi, perché alla crescita del mercato corrisponde una varietà della domanda che richiede camera singola, trasporto bagaglio e altri servizi ben lontani dallo stile di quel lontano viaggio «con la ciotola e il sacco a pelo» del 1979. D’altra parte occorre anche segnalare che sempre più persone, giovani in particolare, sono attratte da una vita avventurosa e spartana in stile Walden, vita nei boschi. Quest’anno, tra le attività proposte per le vacanze mare, oltre ai classici yoga, tai chi, pilates, walk, abbiamo anche il bushcraft: l’arte di sopravvivere nei boschi con risorse limitate.
Le vacanze nella natura richiedono una buona capacità di adattamento. Come riportare un po’ di questa resilienza nella vita reale?
Il Covid, in questo senso, ci aiuta. Eravamo abituati a non avere limiti, e poi è arrivata la pandemia a imporceli. Non possiamo muoverci di notte, non possiamo cambiare regione, se rossi o arancioni non possiamo cambiare comune. Abbiamo così scoperto angoli inesplorati del nostro territorio, scoperto i parchi e i boschi dietro casa. Riscoperto il piacere e il gusto della cucina di casa. Mentre sto scrivendo, una pentola a pressione cuoce riso integrale con castagne secche, mentre sono già pronti cardi con porri e ceci. Dopo pranzo devo potare la siepe in giardino e tagliare la legna per il caminetto. Legna raccolta nella pineta che attraverso durante le mie passeggiate fino al mare.
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