La foresta del bacino del Congo è la foresta pluviale tropicale più estesa del mondo dopo l’Amazzonia. Dal 2002 è in vigore una moratoria che avrebbe dovuto proteggere la foresta impedendo l’assegnazione di nuove concessioni per il taglio di legname. Ma la moratoria è stata violata poco dopo la sua entrata in vigore. L’appello di Greenpeace.
La foresta del bacino del Congo è la foresta pluviale tropicale più estesa del mondo dopo l’Amazzonia. Rappresenta circa un quarto delle foreste tropicali del mondo e si estende per 170 milioni di ettari (cioè circa sei volte e mezzo la superficie del nostro Paese), coprendo ben sei paesi: Camerun, Repubblica Centrafricana, Repubblica del Congo, Gabon, Guinea equatoriale e Repubblica Democratica del Congo, dove si trova il 60 per cento della sua superficie.
Nella provincia del Nord-Kivu c’è il Parco dei Virunga, patrimonio mondiale dell’Unesco. Nel corso degli anni, questo parco di fama mondiale, rifugio degli ultimi gorilla di montagna e di altre specie uniche come l’Okapi, è diventato terreno di scontro fra gruppi armati che si fronteggiano per il controllo delle risorse naturali. Secondo le autorità del parco, negli ultimi 25 anni sono stati almeno 200 i ranger uccisi.La foresta
„Nella
Repubblica Democratica del Congo, che ospita la maggior parte della foresta del bacino del Congo, dal 2002 è in vigore una moratoria che avrebbe dovuto proteggere la foresta impedendo l’assegnazione di nuove concessioni per il taglio di legname. Ma la moratoria è stata violata poco dopo la sua entrata in vigore – spiega Martina Borghi di Greenpeace – Negli anni, le nuove concessioni sono state numerose e persino Claude Nyamugabo, Ministro dell’Ambiente e dello sviluppo sostenibile della RDC, ha violato la moratoria
decine di volte. Come se non bastasse, il governo della RDC ha recentemente aperto il 40% del parco nazionale di Salonga, situato nel bacino del Congo, all’esplorazione petrolifera».
«Sebbene la responsabilità di alcuni politici locali sia chiara e innegabile, è altrettanto evidente come, dopo decenni di colonialismo, l’Africa Centrale abbia costruito la sua indipendenza su basi politiche fragili, che insieme alla presenza di risorse naturali di grande valore (diamanti, oro, legname, coltan, cobalto, petrolio…) hanno determinato una situazione molto delicata e complessa – prosegue Boghi – È quindi fondamentale che la responsabilità della deforestazione sia data anche ad aziende e multinazionali estere che agiscono illegalmente arrivando anche ad alimentare la corruzione in nome del profitto. Anche perché l’estrazione di risorse naturali non contribuisce realmente alla riduzione della povertà né allo sviluppo reale e sostenibile dei Paesi che interessa. Anzi, sfrutta la debolezza di istituzioni già fragili, spesso aggravando la situazione sia dal punto di vista sociale che ambientale».
«Nonostante il valore inestimabile, la foresta del bacino del Congo è in grave pericolo. Secondo la FAO, infatti,
tra il 2010-2020 l’Africa ha registrato il più alto tasso di deforestazione più elevato, perdendo 3,9 milioni di ettari di foreste all’anno. Un dato in costante aumento, sia rispetto al decennio 1990-2000, in cui il tasso di deforestazione era di 3,3 milioni di ettari, sia rispetto al decennio successivo (200-2010) che vendeva un tasso di deforestazione di 3,4 milioni di ettari all’anno – spiega Greenpeace – Con la foresta che scompare sono a rischio migliaia di specie animali e vegetali, tra cui il 50 per cento degli elefanti africani e l’80 per cento dei primati africani. Ma non è tutto.
Nel 2017, un team di scienziati congolesi e britannici ha confermato che questa foresta ospita anche
una delle torbiere più grandi del mondo,
la cui mappa è stata pubblicata per la prima volta nel gennaio 2017 sulla rivista scientifica Nature . Le torbiere sono ambienti ricchissimi di biodiversità e capaci di immagazzinare grandi quantità di carbonio: quelle nella foresta del bacino del Congo contengono oltre
30 miliardi di tonnellate di carbonio (equivalenti a quanto potrebbero emettere gli Stati Uniti in vent’anni) e coprono un’area di 14 milioni di ettari (sono cioè più estese dell’Inghilterra)».