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La dimensione dell’essere gruppo, ovvero co-schooling

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La scuola parentale sollecita un processo partecipato su idee, pensieri e azioni educative. In questo senso si può parlare di co-schooling, cioè una forma educativa che valorizza la condivisione come strumento per superare le difficoltà di relazione, la competizione oggi imperante e il desiderio di possesso individuale.
La dimensione dell’essere gruppo, ovvero co-schooling
I progetti di educazione parentale sono luoghi dove vivere la dimensione comunitaria richiamando tutti alla necessità di saper ascoltare, saper scambiare, saper pensare, in una visione dove abitare l’Io e il Tu. La comunità ha ormai assunto una forma nostalgica, il luogo dove un tempo ci si aiutava, dove c’erano scambi nella reciprocità. In effetti, la comunità sembra in contraddizione con il presente, che è caratterizzato da atteggiamenti utilitaristici, dall’individualismo e dove tutto avviene con estrema rapidità, con la conseguenza di spersonalizzare i rapporti e gli accadimenti. La comunità è il luogo dove si apprende a essere sociali, dove si fa esercizio di come convivere con gli altri.
Un tempo erano più marcati i riti di passaggio che segnavano lo stare in comunità, ma oggi la sempre maggiore precarietà dei rapporti incrina le relazioni. La mancanza di tempo per narrare di sé all’altro, elemento su cui si fonda l’amicizia, ha la forma del desiderio inespresso. La comunità si basa sulla similitudine e la differenza, ma quando il senso di appartenenza si indebolisce si fa appello all’identità che rincorre il concetto di identico, che in natura non esiste; tutt’al più possiamo essere simili, nelle idee, nel carattere, nei desideri. Stare in comunità, appartenere alla comunità nasce da interessi comuni che possono rendere, poi, le relazioni più profonde.
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Da ricordare: il 20 e 27 marzo si terrà il workshop “La scuola parentale e l’educazione diffusa. Per costruire una nuova dimensione dell’insegnare e dell’apprendere”, tenuto da Paolo Mottana e Cecilia Fazioli. QUI LE INFORMAZIONI PER PARTECIPARE
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Sollecitati da questa immagine, si potrebbe parlare delle scuole parentali rinominandole co-schooling; il prefisso “co” sollecita a valorizzare la condivisione come strumento per superare le difficoltà di relazione, la competizione oggi imperante e il desiderio di possesso individuale. Un processo partecipato su idee, pensieri e azioni educative. La comunità invece produce beni relazionali1, come afferma l’antropologo Marco Aime, e oggi esistono molte forme comunitarie per lenire la fatica di un tempo sociale disgregato. Il cerchio è la forma che meglio rappresenta la vita del gruppo. Problematizzare diviene necessario affinché il gruppo apprenda a convivere, per crescere solido. Problematizzare in modo autentico, che significa sollevare domande a cui non sempre seguono delle risposte, permette di non fissarsi su idee, pensieri, verità che, se rese rigide, ostacolano la diffusione di ulteriori pensieri, ma essere comunità di discorso, come scrive Luigina Mortari2.
Occorre dunque tenere un pensiero aperto che apre al possibile, nell’ottica di accogliere la voce e il pensiero di ciascuno; disseminare pensieri, perché siano da stimolo a farne emergere altri; generare pensieri, non arrivare a tutti i costi a risposte e soluzioni. Questo ruolo può essere quello del facilitatore del pensiero, che non possiede già risposte ma aiuta il gruppo a farle emergere perché chiamato a un’azione di significato. Il facilitatore vuole dare anima al gruppo, attraverso la delicatezza e la fiducia. La fiducia come occasione di riconoscere il valore dell’espressione dell’Altro, in modo che quest’ultimo possa accrescere la propria condizione di stima, necessaria per aprirsi o rimanere aperti con il cuore e con la mente e problematizzare i propri pensieri; «il dare fiducia si esprime nella capacità di ascoltare, perché solo quando si è ascoltati si percepisce di essere accettati e il sapersi tali è condizione essenziale per arrischiare il libero movimento del pensiero3». Il rispetto nella dimensione del dialogo diviene una delle azioni che possono determinare lo stato di salute del progetto, per riuscire a cooperare, passaggio fondamentale per fare nascere e continuare a crescere un sistema vitale, quale è un progetto di educazione parentale. I pensieri che prendono forma dentro al gruppo vanno ascoltati e il facilitatore ha il compito di interventi delicati e rispettosi di quanto da ciascuno espresso, ma sapendo anche scremare rispetto a idee non consistenti. Quindi il facilitatore deve avere competenze tecniche perché è a lui che in quel momento è affidata la cura del gruppo, sapendo che «attenzione per l’altro e umiltà sono due posture etiche fondamentali per esercitare l’arte dialogica», sostiene Mortari4.

Tutti possiamo essere un po’ facilitatori contribuendo così a generare dialoghi sani e nutrienti. Possiamo imparare a tenere sempre connessi i pensieri con la realtà, a partire dalla vita quotidiana, perché non solo i bambini apprendono attraverso esperienze vitali, ma anche gli adulti, soprattutto quando in gioco c’è l’apprendere a stare con gli altri, con i pensieri di tutti e di ciascuno. Occorre un tempo lento e quieto per far parlare i pensieri con l’esperienza, quindi sono momenti che vanno praticati fuori dall’ordinario frenetico. Attraverso l’esercizio del pensiero si trova il senso dell’agire; attorno a una scuola parentale ruota costantemente il bisogno di costruire azioni di senso. È un richiamo di tutti i giorni, che non può essere delegato; i genitori per la loro parte e gli educatori e le educatrice per sostenere attraverso l’atto educativo, oltre che l’esistere di ogni bambino e bambina. L’assunzione di responsabilità per esprimere il proprio giudizio richiede alla base un modo di pensare “largo”, un contesto dove sia possibile accogliere il punto di vista dell’altro, senza la pretesa di adottare una sola verità, ma registrando l’importanza di coltivare le differenze; e questo proprio perché siamo esseri in relazione che come singoli necessitiamo di stare con gli altri, altrimenti interrompiamo i flussi vitali che non nascono altro che nello scambio. Un gruppo di adulti che vive e sperimenta attorno all’educazione è esempio di impegno a pensare e ad agire con gli altri nel mondo.

Umiltà e rispetto sono legate assieme, non bisogna immaginare di persuadere l’interlocutore; chi persuade rende rigidi i propri discorsi, mentre chi è disponibile a tenere aperto il dialogo nutre i suoi dialoghi di trasparenza, anche a costo di mostrare le sue incertezze e fragilità, perché mosso dal desiderio di pensare insieme. La sensibilità comunitaria non si risolve nel semplice piacere di stare con gli altri, ma è mossa dal desiderio di fare bene, ossia di promuovere una buona qualità della vita.
Lo spazio collettivo nelle scuole parentali è quel luogo dove prendono forma i differenti desideri di cui abbiamo parlato nel paragrafo precedente. Desideri individuali che si incontrano e si intrecciano, per dare forma a una volontà di comunità fatta del contributo di tanti. Si promuove il dono che è alla base della vita comunitaria, attivatore di relazioni. Ecco come dovrebbe essere la vita interna del progetto, uscendo dalla logica proprietaria per mettere al centro la dimensione collettiva.
Se si apprende a rinunciare a un pezzettino della propria ambizione, ecco che la scuola parentale diviene luogo di democrazia, che fa spazio all’esercizio di cittadinanza.
Note:
1. Aime M. (2019), Comunità, Il Mulino, Bologna.
2. Mortari L. (2018), A scuola di libertà. Formazione e pensiero autonomo, Raffaello Cortina Editore, Milano.
3. Ibidem
4. Ibidem
Da ricordare: il 20 e 27 marzo si terrà il workshop “La scuola parentale e l’educazione diffusa. Per costruire una nuova dimensione dell’insegnare e dell’apprendere”, tenuto da Paolo Mottana e Cecilia Fazioli. QUI LE INFORMAZIONI PER PARTECIPARE
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Articolo tratto dal libro La scuola parentale

La scuola parentale è una scelta possibile sancita dalla Costituzione, anche se poche famiglie la conoscono. Il termine “parentale” indica proprio che si tratta di una forma di organizzazione e proposta educativa che parte dalla volontà e dalle riflessioni dei genitori; di quei genitori, soprattutto, che cercano una vera e propria alternativa alla scuola statale.

Questo libro offre la possibilità di conoscere che cosa sono le scuole parentali e quali sono i valori pedagogici fondanti. Il volume contiene anche indicazioni legali e amministrativo-burocratiche, per affrontare correttamente ogni passo nella costruzione e gestione di un progetto educativo. E propone un paradigma fondato sulla dimensione partecipata e partecipativa al progetto educativo, che si potrebbe riassumere nel termine co-schooling, sottintendendo l’educazione come bene comune.
È una guida utile a genitori, educatori e insegnanti che desiderano mettersi in gioco e pensare fuori dagli schemi.
 

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