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Mappe antinquinamento: la tecnologia al servizio della società civile

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Le mappe georeferenziate sono un vero e proprio sistema antinquinamento a disposizione dei cittadini.
Mappe antinquinamento: la tecnologia al servizio della società civile
Siamo spesso critici verso la tecnologia, responsabile di grave inquinamento, non solo ambientale, ma anche mentale. In realtà, non è la tecnologia da sola a creare danni, ma il fatto che essa sia tenuta nelle mani di pochi, lasciando agli utenti un ruolo passivo. Quando invece la collettività si impadronisce di sofisticate tecnologie, spesso avviene il miracolo.
È il caso delle misurazioni georeferenziate, un potentissimo sistema antinquinamento che unisce uno strumento di misura a una mappa georeferenziata, consultabile via internet.

Come funziona?

Un gruppo di cittadini acquista di tasca propria uno o più strumenti di misurazione di un particolare tipo di inquinante. Potrebbe essere un misuratore di particolato atmosferico (inquinanti noti come PM10 o PM2,5), o di onde elettromagnetiche, oppure di un composto nelle acque di falda. Potrebbe essere uno strumento che dà una misurazione puntuale, relativa a un determinato momento, oppure una misurazione dinamica, che cattura la variazione dei valori nel tempo. Il motivo che scatena questa rilevazione è privato, ovvero la voglia di conoscere il livello di inquinamento dell’ambiente in cui si vive, della propria casa, del proprio lavoro o della scuola dei propri figli. Da qui alla creazione di una mappa che rileva la posizione di questi sensori, il passo è breve. Un rilevatore amatoriale dell’inquinamento atmosferico, elettromagnetico o idrico, è solo un rilevatore. Non è preciso, non è professionale, è facilmente sconfessabile o invalidabile. Ma una rete di rilevazioni organizzate in una mappa pubblica, gratuitamente consultabile, diventa uno straordinario strumento di monitoraggio del territorio, in mano alla comunità.
Basta che nel gruppo di cittadini ci sia un nerd, uno che abbia un po’ di pratica con gli strumenti di internet e la disponibilità di un server, et voilà: nasce una mappa interattiva, in cui gente non particolarmente esperta può inserire dati, importare interi fogli elettronici e mostrare al mondo l’inquinamento, o meno, di vaste aree geografiche.

Due esempi

Il gruppo Pfas.land ( www.pfas.land) ha messo a disposizione la propria mappa digitale sulla contaminazione da Pfas, in cui ogni cittadino può verificare quanto inquinati siano il pozzo, la risorgiva, il fiume, le acque in prossimità della propria casa, del proprio orto e così via.
Il collettivo Exit ( https://geonode.3x1t.org) ha creato Geonode Exit. Per il momento la mappa riguarda solo il Veneto e le onde elettromagnetiche, ma il gruppo mette a disposizione gratuitamente lo strumento ad altri territori, ad altri gruppi e ad altri inquinanti monitorabili.
Tutto è iniziato con l’acquisto condiviso di un rilevatore di onde elettromagnetiche, per il controllo delle nuove antenne 5G. Il passaggio alla mappa è stato naturale. «Abbiamo scelto Geonode» racconta Davide Marchi di Exit «perché è la piattaforma libera e open source di dati geospaziali e mappe. Non avrebbe senso, per i nostri scopi, usare strumenti proprietari come Google, in mano a potentati che potrebbero non avere a cuore le nostre battaglie ambientaliste».

Ognuno può fare la sua parte

Ma la rete è piena di storie di gruppi organizzati di nerd e ambientalisti. Tutti possono dare il proprio contributo, da quello più semplice, come acquistare in gruppo e usare i sensori, fino a costruire veri e propri sistemi di misurazione hacker, modificando circuiti stampati, riprogrammando dispositivi e connettendoli direttamente al server. C’è da fare per tutti.
 
Michele Bottari è esperto di tecnologia ed economia. Scrive su Terra Nuova e sui blog veramente.org e riusa.eu. È autore del libro Come sopravvivere all’era digitale (Terra Nuova Edizioni).
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Articolo tratto dalla rubrica #Ecologia informatica

Leggi la rubrica sul mensile Terra Nuova Gennaio 2021
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