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Cannabis terapeutica: l’Onu spinge. E noi?

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La vicenda di Walter De Benedetto testimonia tragicamente il contesto frammentario, confuso e contraddittorio in cui si trova la normazione della cannabis terapeutica in Italia. La riflessione di Alberto Bencistà.
Cannabis terapeutica: l’Onu spinge. E noi?
Sulla questione droghe in generale e su quella della cannabis in particolare i «benpensanti» hanno sostenuto da oltre mezzo secolo una legislazione proibizionista, incoraggiati da un largo schieramento di partiti di destra, di centro e di sinistra. Ha iniziato l’Onu con la Convenzione Unica Stupefacenti del 1961, tuttora in vigore, e a seguire l’Italia con le leggi Jervolino-Vassalli del 1990 (governo Craxi), modificata dopo il referendum del 1993, la Fini-Giovanardi del 2006 (governo Berlusconi), bocciata dalla Corte Costituzionale nel 2014, con il ritorno alla Jervolino-Vassalli modificata: un caos molto italiano.
La situazione nel nostro paese è ben documentata dall’XI Libro bianco sulle droghe, un rapporto indipendente sui danni collaterali del Testo Unico promosso da La Società della ragione insieme a Forum droghe e a molte altre associazioni, fra le quali Cgil, Arci, Legacoopsociali, Comunità di San Benedetto al Porto e Gruppo Abele (lo potete leggere sul sito di Forum droghe). Il rapporto è stato così sintetizzato da Denise Amerini della Cgil: «La pandemia ha reso ancora più evidente la necessità di proseguire con estrema determinazione ad affrontare il tema delle sostanze in termini di depenalizzazione del consumo, legalizzazione della cannabis e politiche di riduzione del danno. Per quanto riguarda le droghe e i servizi per le dipendenze, vogliamo che la “ripartenza” segni una forte discontinuità con il passato. E che non si ripetano gli errori già fatti, che hanno fatto sì che la “guerra alla droga” sia stata fallimentare e si sia, di fatto, ridotta alla guerra alle persone che fanno uso di sostanze».
I numeri, a questo proposito, non hanno bisogno di ulteriori commenti: il 34,80% dei detenuti è in carcere per la legge sulla droghe, degli oltre 200.000 fascicoli nei tribunali, uno su due porta ad una condanna e le persone coinvolte (art. 73 e 74) sono 217.855. Dal 1990 le segnalazioni al Prefetto sono state 1.312.180, di cui il 73,28% per cannabis, che risulta essere al centro dell’attività di repressione delle forze dell’ordine. A tragica conferma di queste analisi è deflagrata la drammatica vicenda di Walter De Benedetto che, sofferente da oltre trent’anni di artrite reumatoide e costretto sulla sedia a rotelle, è stato incriminato per coltivazione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente, per aver coltivato delle piante di cannabis utili a sopperire alla carenza della stessa sul mercato. De Benedetto la utilizza con regolare ricetta, essendo la cannabis terapeutica legale in Italia dal 2007, ma in un contesto normativo ed organizzativo frammentario, confuso e contraddittorio.
In effetti, la produzione nazionale di cannabis terapeutica è iniziata nel 2016 da parte dello Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze, il quale però non riesce a garantire la quantità autorizzata dal Ministero della salute: per il 2019 erano previsti 350 kg a fronte dei 150 che risultano dai dati ufficiali. Per il 2020 l’organo preposto dell’Onu ha stimato il fabbisogno italiano di cannabis in circa 2 tonnellate, ma il Ministero ne ha autorizzato la produzione fino a 500 kg, e tuttavia si stima che ne arriveranno solo 150 kg, cioè neanche un terzo.
Nasce in questo contesto l’appello al Presidente Mattarella di Walter De Benedetto che ha già raggiunto migliaia di firme e che vi invito a sostenere a questo link: www.associazionelucacoscioni.it.
Chiudo con una nota di ottimismo: la commissione droghe dell’Onu, nella seduta del 2 dicembre, ha riconosciuto il valore terapeutico della cannabis, una decisione definita storica e che obbliga ora l’Italia a fare la sua parte.
  
Alberto Bencistà è presidente dell’Associazione Firenze Bio e rappresentante della Toscana di Federbio.
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Articolo tratto dalla rubrica Spunti di vista

Leggi la rubrica sul mensile Terra Nuova Gennaio 2021
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