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WWF: «Incendi in Australia, 49 specie hanno perso oltre l’80% del loro habitat»

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A circa un anno dalla stagione di incendi senza precedenti che da giugno 2019 a febbraio 2020 ha colpito l’Australia, il bilancio è drammatico. Più di 15.000 roghi hanno impattato un’area totale di almeno 19 milioni di ettari in diversi Stati e rilasciato in atmosfera 900 milioni di tonnellate di anidride carbonica. E 49 specie hanno perso più dell’80% del loro habitat.
WWF: «Incendi in Australia, 49 specie hanno perso oltre l’80% del loro habitat»
A circa un anno dalla stagione di incendi senza precedenti che da giugno 2019 a febbraio 2020 ha colpito l’Australia, il bilancio è drammatico. Più di 15.000 roghi – che hanno bruciato soprattutto foreste e boschi ma anche terreni adibiti a pascoli e praterie- hanno impattato un’area totale di almeno 19 milioni di ettari (Filkov et al. 2020) in diversi Stati e rilasciato in atmosfera 900 milioni di tonnellate di anidride carbonica.
Gli effetti più devastanti sulle vite umane e sulla biodiversità si sono registrati in Australia orientale, con circa 12,6 milioni di ettari di foresta bruciati, fra cui il 54% delle foreste pluviali del Gondwana australiano (Queensland e New South Wales), l’81% della Greater Blue Mountains Area (Nsw) e il 99% dell’Old Great North Road: tre siti Patrimonio Mondiale dell’Umanità che custodiscono habitat e animali unici al mondo. Secondo un primo studio del governo australiano, ben 191 specie minacciate hanno visto diminuire in maniera significativa il loro habitat. Tra queste, 49 ne hanno perso più dell’80%, 65 più del 50% e 77 oltre il 30%.
A gennaio 2020, il professor Chris Dickman stimava che più di 1 miliardo di vertebrati erano probabilmente morti a causa degli incendi, ma un recente report del WWF Australia ha aggiornato questa stima a circa 3 miliardi, considerando i dati più recenti sulle densità delle diverse popolazioni di mammiferi (143 milioni), rettili (2,46 miliardi), uccelli (181 milioni) e anfibi (51 milioni), e tenendo conto degli animali colpiti indirettamente dagli effetti secondari del fuoco.
Gli animali che sopravvivono all’azione del fumo e delle fiamme rischiano infatti di non sopravvivere a causa di una ridotta disponibilità di risorse alimentari e aree di rifugio, che si traducono in una maggiore competizione intra e inter-specifica e nell’aumento del rischio di predazione da parte di specie come i gatti domestici (Felis catus) e le volpi rosse (Vulpes vulpes), specie aliene introdotte dall’uomo. Si tratta di minacce a medio-lungo termine, che potrebbero aumentare il tasso di estinzione delle specie, già purtroppo alto, oltre a mettere a rischio ulteriori specie ed ecosistemi che prima non erano considerati minacciati.
Solo fra i mammiferi, si stima che nelle aree distrutte dagli incendi vivessero 40 milioni di opossum e petauri, più di 36 milioni di antechini, topi marsupiali e altri insettivori, 5,5 milioni di ratti canguro, bandicoot, quokka e potoroo, 5 milioni di canguri e wallabies, 1.1 milioni di vombati, 114mila echidna e circa 60mila koala. Il 2019 è stato l’anno più caldo e secco mai registrato in Australia e le previsioni sul cambiamento climatico in corso suggeriscono che gli incendi si intensificheranno e si espanderanno, mentre si estenderanno le stagioni di siccità.
Il governo ha deciso di impiegare 200 milioni di dollari per il recupero della fauna selvatica autoctona e degli habitat più duramente colpiti. Ma per quanto la cifra stanziata sia significativa, secondo il WWF non basta ad avviare concretamente il programma di prevenzione e recupero di cui ha bisogno l’Australia. Il WWF ha lanciato anche una propria iniziativa, “Regenerate Australia”, un programma quinquennale per supportare azioni di ripristino degli habitat, di recupero per la fauna selvatica, promuovere un’economia sostenibile basata sulle rinnovabili e non sul carbone.

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