Quella di Ciricea è una storia di vita comunitaria affinata dal tempo e dall’esperienza, eppure sempre nuova e in movimento.
Nata nell’estate del 2010, in una grande casa colonica sulle colline a nord della città di Pistoia, Ciricea prende il nome dall’omonimo fiume della valle, nome che mantiene anche quando, nel 2015, lascia la zona per trasferirsi in un vecchio albergo abbandonato a Villa di Piteccio.
Lo slancio e l’ispirazione iniziali sono dati dal contatto con l’esperienza di Damanhur e quella del Popolo degli Elfi, e i primi quattro membri fondatori, con l’ausilio del quattrodecalogo della scozzese comunità di Findhorn, si danno uno Statuto ed una Carta degli Intenti volti a dare forma ad un ecovillaggio improntato ad una filosofia Etico – Spirituale.
A partire da questi intenti, ben presto, si viene a formare un gruppo eterogeneo per età, nazionalità, aspirazioni ed ispirazioni e accomunato dalla volontà di sperimentare nuovi modi di vivere insieme e di stabilire un contatto profondo con la natura, che fra nuovi ingressi e partenze continua sempre a cambiare nel corso degli anni.
«Ciricea è un po’ un porto di umanità. Sono passate persone di ogni tipo, profondamente diverse per carattere, personalità, interessi. È questo che contraddistingue Ciricea – non ha una struttura dogmatica e dà valore alla diversità, comprendendola e accogliendola più che tollerandola», ha raccontato Francesco, che vive qui da tre anni.
Ad oggi, a Ciricea, fra membri storici e nuovi arrivati, vivono tredici persone. C’è chi insegna online – francese o matematica e scienze – e chi fa trattamenti. Alcuni sono in pensione, altri si dedicano all’agricoltura e qualcuno vende prodotti artigianali toscani.
Non manca poi una dimensione di lavoro comunitario. Se tipicamente l’attività di Ciricea è costituita dall’organizzazione e dall’accoglienza di eventi ed iniziative multiformi, talvolta più olistiche, talvolta più culturali, quest’ultimo anno all’insegna dei “lockdown” ha portato la comunità a dedicarsi di più ai lavori manuali.
«Abbiamo prodotto farina di castagne ed olio», hanno raccontato. «Quello che ci soddisfa è che per la prima volta questi prodotti sono frutto di un lavoro collettivo, a cui tutti hanno preso parte.»
Il gruppo, d’altronde, spinto dalle circostanze a concentrarsi al proprio interno, si è via via rafforzato.
«Qui respiriamo un po’ meno quell’inquinamento psicologico che trapela attraverso i media», hanno riportato. «Durante il lockdown ognuno di noi ha messo a disposizione degli altri i propri talenti, e ci siamo proposti a vicenda un sacco di attività – musica, danza, laboratori femminili, di espressione e una ragazza ci ha insegnato ad intrecciare cestini di vimini»
«Ciricea con tutti i suoi stimoli, la sua diversità e quel pizzico di anarchia nella gestione del quotidiano è un po’ una scuola di vita», ha riportato Elisa, che vive qui da marzo.
Guardando al futuro, gli abitanti di Ciricea pianificano da una parte di portare avanti le attività olistiche e culturali che hanno sempre caratterizzato il progetto e dall’altra di acquistare dei terreni ed una struttura per avviare una realtà dalla vocazione agricola.
«La necessità di un altro spazio, di un territorio, era già emersa dai membri precedenti di Ciricea. Quando poi il gruppo è cambiato, e si è presentata la possibilità effettiva di acquistare un terreno, è avvenuta una fusione fra gli intenti del passato e quelli nuovi, fra l’interesse agricolo e quello olistico e culturale. Aspetti che, alla fine, sono molto complementari», spiega Francesco.
«Parallelamente a Ciricea, che resterebbe attiva nell’organizzare ed accogliere eventi, stiamo cominciando a avviare un’altra realtà, agricola di partenza, che si pone come obiettivi primari l’autosufficienza alimentare rispetto a ciò che si riesce a produrre e la creazione di una rete di scambi per gli altri alimenti necessari.
Siamo consapevoli del fatto che un ecovillaggio, da solo, non può essere autosufficiente, ed è per questo che vogliamo dare vita ad una rete fra gli ecovillaggi, ad una Valle in Transizione», ha spiegato Claudio, che vive a Ciricea da settembre e si è avvicinato perché attratto da questo nuovo progetto.
Il primo passo da compiere sarà l’acquisto di alcuni terreni e di una struttura da 350 mq, tutta da restaurare.
«Appena sarà possibile organizzeremo una “chiamata alle armi” – dei campi di volontariato in cui lavorare insieme per questo nuovo obiettivo», ha spiegato Francesco.
«Ci siamo avventurati in quest’impresa anche perché tante persone, fra wwoofer, volontari e curiosi, ci scrivono, hanno voglia di muoversi e di dare una mano», ha aggiunto Claudio.
«La forza delle realtà come Ciricea è proprio questo poter contare sul supporto e sulla collaborazione, non solo degli interni al progetto, ma anche degli esterni. Si tratta di un aspetto vitale, non solo per quanto riguarda i momenti in cui il lavoro pratico si fa più intenso, ma anche nella quotidianità, per cambiare un po’ l’atmosfera, fornire nuovi stimoli.
Un gruppo chiuso in se stesso ristagna, lentamente muore. È un principio fisico basilare – l’entropia», ha raccontato Francesco. «Nella diversità, nel movimento, invece, troviamo un costante stimolo a crescere e un collante comune.»